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L´Occidente può arginare l´integralismo islamico esaltando il ruolo delle donne

Abbiamo letto un´analisi di Ralph Peter, autore di “New Glory, Expanding America´s Global Supremacy e collaboratore di Usa TODAY, e c´è piaciuta molto.
Ralph Peter afferma giustamente nel suo articolo, che la più grande forma di “protezione” che l´Occidente abbia a disposizione contro l´integralismo islamico, gli derivi dal ruolo delle donne, e dalla libertà  di cui esse godono nelle nostre società . L´analisi c´è piaciuta perché tocca anche questioni attuali nel nostro Paese, come ad esempio la discussione sulla Ru486, e poi perché ci pare in qualche modo collegata anche alla questione “quote rosa”.
L’originale, in lingua americana, lo trovate
qui

La più grande rivoluzione sociale nella storia è in atto intorno a noi: l’emancipazione delle donne. In stato avanzato nella nostra società , altrove la battaglia per i diritti delle donne è il cuore delle lotte colossali sul futuro delle grandi religioni e civiltà .
L’establishment di Washington naturalmente non sarà  d’accordo con una simile affermazione, ma la Guerra Globale al Terrorismo è una lotta che riguarda il ruolo sociale, economico e culturale delle donne. La questione centrale per i terroristi è l’interpretazione della volontà  di Dio e l’ininterrotta oppressione delle donne. Niente sfida l’estremismo islamico come la libertà  di cui le donne occidentali godono.
Soci alla pari
L’improvvisa transizione delle donne da proprietà  maschile a socio alla pari degli uomini nella nostra società , ha liberato sorprendenti energie creative. In un batter d’occhio, dal punto di vista storico, abbiamo raddoppiato il nostro capitale umano effettivo – e reso la nostra società  incommensurabilmente più umana. Il nostro mezzo secolo di sensazionale crescita economica ha molte radici, ma nessuna va così a fondo come l’allargamento delle opportunità  per le donne.
Ma una simile libertà  senza precedenti minaccia le società  tradizionali. Sistemi di comportamento che hanno prevalso per millenni vengono improvvisamente messi in dubbio. Relazioni che hanno garantito ai maschi il potere di vita e di morte sulle parenti femmine sono scomparse dalle culture di successo. Messe sulla difensiva, le culture fallimentari rimaste indietro, si aggrappano più saldamente che mai ai vecchi metodi in mezzo ai tumultuosi cambiamenti globali.
I veri simboli della Guerra al terrore sono il velo islamico e il tailleur.
L’equazione è semplice. Nessuna civiltà  che escluda metà  della sua popolazione dalla piena partecipazione nella società  e nell’economia può competere con gli Stati Uniti e i suoi alleati tradizionali. Ma ancora le società  del medio oriente hanno piantato i piedi pur di resistere al cambiamento. Alcuni paesi, come Turchia, Pakistan e Iran, si sono addirittura involuti.
I terroristi islamici hanno fondato l’ultimo, grande club “solo per maschietti”, i cui incontri si tengono in caverne dalle quali le femminucce sono avvertite di stare alla larga – oppure, nel caso del terrorista dell’11/9, Mohammed Atta si pretende che le donne vengano tenute lontane dalla loro tomba per evitare “contaminazioni”. La loro visione offre alle donne ancor meno diritti di quanti ne avessero le mogli del profeta Maometto. Sono dei sadici misogini per i quali la fede è solo una scusa. Le loro paure sono primitive.
La buona notizia è che le forze dell’oppressione possono fare un sacco di marachelle politiche, ma non possono ottenere un successo strategico. Nessuna società  nella quale le donne sono velate e segregate può ottenere la forza e il dinamismo di una in cui le donne sono senatori, giudici, amministratori delegati, medici e piloti militari. La libertà  vincerà , anche se non rapidamente.
La cattiva notizia è che questa è veramente una lotta globale che coinvolge non solo fanatici islamici terrorizzati dalla sessualità  femminile, ma anche forze reazionarie nella nostra stessa società . La Guerra Globale Contro le Donne è in atto anche nel fronte interno.
Senza dubitare della sincerità  di chi crede che la vita abbia inizio all’atto del concepimento, la lotta per capovolgere la sentenza Roe v. Wade (la sentenza della Corte Suprema che stabiliva che le leggi dei vari stati contro l’aborto violavano il diritto alla privacy, che rappresentò de facto la legalizzazione dell’aborto negli USA, ndG.) può anche essere vista come un tentativo di portare indietro l’orologio sulla libertà  delle donne. Opporsi ad un simile tentativo non è questione di ritenere l’aborto ammirevole, ma di accettare il magnifico rivoluzionario principio che nessun uomo ha il diritto di dire a qualsiasi donna cosa può o non può fare con il suo corpo.
Il tentativo di interferire con le libertà  di un altro cittadino è degno di Osama bin Laden, non degli americani.
Allo stesso modo, la riluttanza tutta ideologica della Food and Drug Administration di autorizzare la “pillola del giorno dopo” per uso generico è un residuato della tirannia patriarcale che farebbe tanto piacere ad Abu Musab al-Zarqawi, leader di al-Quaeda in Irak. Desiderando restaurare l’ideale tirannico che ha governato le relazioni sociali nel passato, i nostri estremisti chiedono che le scelte per le donne vengano ridotte, che i loro corpi siano trattati come beni immobili dello stato.

L’improvvisa transizione delle donne da proprietà  maschile a socio alla pari degli uomini nella nostra società , ha liberato sorprendenti energie creative. In un batter d’occhio, dal punto di vista storico, abbiamo raddoppiato il nostro capitale umano effettivo – e reso la nostra società  incommensurabilmente più umana. Il nostro mezzo secolo di sensazionale crescita economica ha molte radici, ma nessuna va così a fondo come l’allargamento delle opportunità  per le donne.Ma una simile libertà  senza precedenti minaccia le società  tradizionali. Sistemi di comportamento che hanno prevalso per millenni vengono improvvisamente messi in dubbio. Relazioni che hanno garantito ai maschi il potere di vita e di morte sulle parenti femmine sono scomparse dalle culture di successo. Messe sulla difensiva, le culture fallimentari rimaste indietro, si aggrappano più saldamente che mai ai vecchi metodi in mezzo ai tumultuosi cambiamenti globali.I veri simboli della Guerra al terrore sono il velo islamico e il tailleur.L’equazione è semplice. Nessuna civiltà  che escluda metà  della sua popolazione dalla piena partecipazione nella società  e nell’economia può competere con gli Stati Uniti e i suoi alleati tradizionali. Ma ancora le società  del medio oriente hanno piantato i piedi pur di resistere al cambiamento. Alcuni paesi, come Turchia, Pakistan e Iran, si sono addirittura involuti.I terroristi islamici hanno fondato l’ultimo, grande club “solo per maschietti”, i cui incontri si tengono in caverne dalle quali le femminucce sono avvertite di stare alla larga – oppure, nel caso del terrorista dell’11/9, Mohammed Atta si pretende che le donne vengano tenute lontane dalla loro tomba per evitare “contaminazioni”. La loro visione offre alle donne ancor meno diritti di quanti ne avessero le mogli del profeta Maometto. Sono dei sadici misogini per i quali la fede è solo una scusa. Le loro paure sono primitive.La buona notizia è che le forze dell’oppressione possono fare un sacco di marachelle politiche, ma non possono ottenere un successo strategico. Nessuna società  nella quale le donne sono velate e segregate può ottenere la forza e il dinamismo di una in cui le donne sono senatori, giudici, amministratori delegati, medici e piloti militari. La libertà  vincerà , anche se non rapidamente.La cattiva notizia è che questa è veramente una lotta globale che coinvolge non solo fanatici islamici terrorizzati dalla sessualità  femminile, ma anche forze reazionarie nella nostra stessa società . La Guerra Globale Contro le Donne è in atto anche nel fronte interno.Senza dubitare della sincerità  di chi crede che la vita abbia inizio all’atto del concepimento, la lotta per capovolgere la sentenza Roe v. Wade (la sentenza della Corte Suprema che stabiliva che le leggi dei vari stati contro l’aborto violavano il diritto alla privacy, che rappresentò de facto la legalizzazione dell’aborto negli USA, ndG.) può anche essere vista come un tentativo di portare indietro l’orologio sulla libertà  delle donne. Opporsi ad un simile tentativo non è questione di ritenere l’aborto ammirevole, ma di accettare il magnifico rivoluzionario principio che nessun uomo ha il diritto di dire a qualsiasi donna cosa può o non può fare con il suo corpo.Il tentativo di interferire con le libertà  di un altro cittadino è degno di Osama bin Laden, non degli americani.Allo stesso modo, la riluttanza tutta ideologica della Food and Drug Administration di autorizzare la “pillola del giorno dopo” per uso generico è un residuato della tirannia patriarcale che farebbe tanto piacere ad Abu Musab al-Zarqawi, leader di al-Quaeda in Irak. Desiderando restaurare l’ideale tirannico che ha governato le relazioni sociali nel passato, i nostri estremisti chiedono che le scelte per le donne vengano ridotte, che i loro corpi siano trattati come beni immobili dello stato.Donne che negano i diritti
Nemmeno dovremmo stupirci che delle donne stiano tra quelli che vorrebbero negare i diritti ad altre donne. Le loro corrispondenti sono quelle megere africane che pretendono che le ragazzine vengano sottoposte alle mutilazioni genitali delle quali loro stesse sono state vittime, o le donne del mediooriente che insistono sul fatto che indossare uno chador le proteggerebbe. Queste sono le campionesse della moralità  minima delle regole contro la più grande moralità  della libertà .
Il più grande vantaggio morale è stato il raggiungimento dei diritti umani fondamentali da parte delle donne. E’ anche la più grande minaccioso sviluppo per chi, spaventato dai cambiamenti, si aggrappa ad un passato miticizzato e ha paura del futuro – sia che si trovi dentro ad una madrassa finanziata dai sauditi, o a protestare fuori da una clinica per la pianificazione familiare negli USA. In tutto il mondo anime disturbate continuano a insistere che le donne sono la fonte del peccato e devono essere messe in riga per il loro stesso bene. Questa è la ricetta per la sofferenza, la desolazione e la stagnazione.
Viaggiando per il mondo, sono stato testimone di più atti di maltrattamento verso le donne di quanto vorrei ricordare, ma uno che continua a ritornarmi in mente l’ho visto qui ed è all’apparenza benigno: nella calura estiva di Washington, è comune vedere un turista mediorientale vestito comodamente in polo e calzoncini corti seguito da una barcollante donna avvolta dalla testa ai piedi in una svolazzante veste nera, gli occhi sbirciavano attraverso una maschera. Mi indigna vedere certe cose nel mio paese – o in qualsiasi posto.
Noi non pensiamo che le nostre truppe all’estero stiano combattendo per i diritti delle donne. Ma lo stanno facendo. Questa è la lotta titanica dei nostri tempi, la liberazione di un’intera metà  del genere umano. Il terrorismo islamico è solo un aspetto di questa lotta. Ma possiamo essere certi di due cose: alla fine sarà  la libertà  a vincere. E nessuna società  che tormenti le donne avrà  successo nel XXI secolo.
Ralph Peters

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