Dic 05
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C´era preso un colpo: avevamo pensato, dopo aver letto che Prodi diceva sì ai cinque punti di riforma indicati da Giavazzi, sul Corriere della Sera, che fosse possibile nell´Unione un´opzione liberista.
Tra noi, c´eravamo detti: vuoi vedere che ciò che non è riuscito all´Amore Nostro (il Berlusca, s´intende), possa riuscire a Prodi. Vuoi vedere che il Mortadella, prende e rigira il Paese come un pedalino: liberalizza seriamente il mercato del lavoro (anche più di quanto abbia fatto il Cavaliere) e quello delle libere professioni?
Invece no, l´opzione Giavazzi è già stata accantonata, come potete appurare voi stessi a margine di questo post, leggendo l´articolo che è apparso sul Foglio del 2 dicembre.
Ci pare, a conclusione, che il Professore la stia tirando un po´ troppo lunga con questi tira e molla: oggi dice una cosa, e domani l´esatto contrario.
L´ha fatto con i Pacs, ricordate?
L´ha fatto con il Concordato. L´ha fatto per il ritiro del nostro contingente dall´Iraq. L´ha fatto con le politiche di liberalizzazione del mercato del lavoro e delle professioni.
Ora, noi ve lo diciamo a bassa voce: ma siete sicuri che votare centrosinistra possa servire a voi e al Paese?
Per ora leggetevi l´articolo apparso sul Foglio del 2 dicembre e che riportiamo integralmente.°
“I cinque sì di Romano Prodi alle domande di Francesco Giavazzi rappresentano un fatto politico di enorme importanza”. Così Daniele Capezzone, segretario dei Radicali italiani che hanno dato vita con lo Sdi alla Rosa nel pugno, commentava all´inizio della settimana le parole del candidato premier dell´Unione al Big Talk milanese della Margherita. “Prodi ha aderito allo spirito invocato dall´economista Giavazzi”, avevano sottolineato ambienti vicini al Professore bolognese sintetizzando l´intervento di Prodi alla manifestazione rutelliana. Ma nel documento finale, che il Foglio è in grado di rilevare, elaborato dal principale tavolo economico dell´Unione, non c´è traccia delle proposte giavazziane che il prossimo governo dovrebbe approvare nella prima riunione del Consiglio dei ministri.
Non c´è, ad esempio, alcun riferimento al modello danese (più possibilità di licenziamenti e maggiori indennità di disoccupazione). Si parla della Svezia,e non della Danimarca, ma a proposito delle politiche commerciali: “Si può pensare a norme pro-competizione come quelle adottate in Svezia” che impongono “ai centri commerciali realizzati su aree pubbliche l´esercizio all´interno di ciascuno di essi di due supermercati in diretta concorrenza tra loro”. Sul lavoro, non ci sono indicazioni di maggiore flessibilità in uscita, come in Danimarca. Si evidenzia solo che, “pur essendo il livello di salario unitario italiano più basso di quello di altri paesi economicamente avanzati, la dinamica del costo del lavoro per unità di prodotto dell´industria manifatturiera italiana è cresciuta negli ultimi anni molto di più di quella francese e tedesca”.
L´editorialista del Corriere della Sera, inoltre, aveva auspicato per accelerare le privatizzazioni lo scioglimento della Cassa depositi e prestiti (Cdp) e la vendita in Borsa delle sue partecipazioni in Eni, Enel e Poste. Nelle 43 pagine della relazione frutto del tavolo dell´Unione sullo Sviluppo economico, la Cassa depositi e prestiti non è mai menzionata, e nessuna delle 19 schede per “la ripresa economica e sociale del Paese” è dedicata alle privatizzazioni. Così come un´altra delle richieste di Giavazzi, l´abolizione del valore legale dei titoli di studio, non fa capolino nei programmi del centrosinistra. Idem per il “licenziamento per decreto” del governatore di Bankitalia, Antonio Fazio, invocato dall´economista della Bocconi.
Il documento dell´Unione prevede un´ampia riforma dell´istituto di via Nazionale articolato in cinque punti, tra cui il mandato a termine per il governatore e “il trasferimento delle azioni possedute dalla banche in una fondazione pubblica ad un prezzo dato dal valore attuale del flusso scontato dei dividendi futuri”.
Non è presente neppure l´abolizione degli albi professionali. Ci sono però cinque misure per una “liberalizzazione dei servizi professionali”. Si va dal “consentire che le attività meno complesse siano svolte liberamente anche da non iscritti”, “all´abolizione delle tariffe minime e del divieto di pubblicità “, fino al “consentire la fornitura di servizi multidisciplinari e interprofessionali da parte di professionisti associati o di società di professionisti”. Niente abolizione, dunque, il testo prevede piuttosto di “affidare agli ordini professionali le funzioni di formazione dei loro associati e la fissazione di standard di qualità dei servizi“.
Questo articolo appena propostovi in grassetto, è stato integralmente preso dal Foglio del 2 dicembre.
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on Dicembre 4, 2005 at 5:30 pm. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.
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Posted in Economia Politica by camelot