Gen 06
27
La Sinistra conferma la “nostra” rimonta e ha paura
Riportiamo integralmente un articolo apparso sull´Espresso a firma Claudio Rinaldi:
Deve proprio essere un duello in diretta tv, come si pretende, a stabilire chi fra Silvio Berlusconi e Romano Prodi guiderà il futuro governo? Davvero la sorte di un paese di 58 milioni di abitanti va rimessa alle battute di due anziani candidati, azzardate durante un’ora o due di chiacchiere in prima serata?
Nell’Italietta dei teleguardoni, sempre all’erta, ferve l’attesa del Grande Match. C’è un demi-monde che non aspetta altro: pregusta la diligenza sudaticcia dei brunivespa, i sussurri dei paolibonaiuti; e pensa a un lavorio di truccatrici dietro le quinte, a sguaiate claques che bivaccano in studio. Intorno ai duellanti si affaccendano guru caserecci e sedicenti curatori dell’immagine, mentre i parlamentari della vigilanza sulla Rai elaborano pedanti codici di comportamento. Il tutto in provvidenziale sintonia con il topos calcistico dell’uno contro uno; e per la gioia di cronisti accidiosi che nella “superstizione mediatica”, come la chiama il sociologo Ilvo Diamanti, sguazzano felici.
I superstiziosi considerano il confronto in tv alla stregua di un dovere sacro, accusando di viltà chiunque esiti a sottoporvisi. Così si diffonde una psicosi collettiva dell’ora X, e ogni altro momento della campagna elettorale si svuota di significato. Ma è lecito, per una volta, ribellarsi al conformismo duellista? Si può raccomandare a Prodi, per esempio, di non prestarsi come un automa a una messinscena che promette soltanto di danneggiarlo? Ci sono dei punti fermi che non vanno dimenticati; soprattutto dopo che il 20 gennaio Francesco Rutelli ha incrociato i ferri con il premier, sul berlusconiano Canale 5, in un clima tanto dolciastro da non permettergli di vibrare colpi risolutivi.
1. In Europa, il duello in tv fra i capi delle coalizioni che si fronteggiano non è affatto un obbligo: né giuridico né politico né morale. Germania e Francia in alcuni casi vi hanno fatto ricorso, in altri no. Nel Regno Unito i faccia a faccia sono pressoché sconosciuti, fin da quando, nel 1979, Margaret Thatcher non volle incontrare il laburista James Callaghan. La consuetudine comune a tutto il continente è che ciascuno decide sulla sola base di ciò che gli conviene o non gli conviene fare.
2. L’estate scorsa Otto Lambsdorff, un vecchio e rispettato liberale tedesco, consigliò ad Angela Merkel di non accettare duelli in tv con il più abile Gerhard Schrà¶der; ma finì che di telesfide se ne ebbero addirittura due, con il risultato che la Cdu-Csu della futura cancelliera dilapidò quasi tutto il vantaggio accreditatole dai sondaggi. Nel 2001 Berlusconi, più astuto, evitò di misurarsi con un Rutelli ormai destinato alla sconfitta. E il suo no fu apprezzato dagli elettori, che vi scorsero un segno di forza. Le insistenze dell’avversario snobbato, all’opposto, parvero una lagna.
3. Finché le previsioni indicano in lui il vincitore del 9 aprile, dunque, Prodi non ha alcun interesse a un dibattito in tv con Berlusconi; sarebbe uno scriteriato, anzi, se fornisse all’altro l’occasione di un possibile coup de théà¢tre. Nei confronti in tv, oltretutto, il professore bolognese rischia di sfigurare a prescindere da quanto dice, giacché si esprime con voce non limpida e troppo lentamente. E spesso incappa in fastidiose gaffes, tipo quella sul suo rifiuto di abitare a Roma. Da buon maratoneta, non è nello sprint che eccelle.
4. Quali che siano i difetti del Prodi comunicatore, va ricordato che giocare in tv non significa giocare in campo neutro. La tv di oggi è Berlusconi; è congeniale all’uomo che l’ha creata e ne conosce il linguaggio come nessuno, potendo altresì contare sulla complicità occulta o palese dei conduttori. Il premier possiede tutte le qualità che si richiedono a chi voglia bucare il video, rapidità e chiarezza assoluta, allegria e perentorietà . E smascherare in diretta le sue bugie è impossibile: sono bugie snocciolate con una faccia tosta senza eguali, e con il supporto di mille cifre o false o manipolate. Soltanto Berlusconi sa contraddirsi senza il minimo pudore, una volta proclamando che “il sistema delle coop rosse non può più essere tollerato” (21 gennaio) e un’altra che “le coop sono un fenomeno molto importante” (10 settembre, già esploso il caso Unipol-Bnl). Sui big dell’Unione pesa invece un grave handicap, la serietà .
Ecco perché il duellismo può rivelarsi la malattia mortale dell’ulivismo. Né è questione di introdurre regole più o meno severe: per arginare la logorrea di Berlusconi si dovrebbe imporre a ogni intervento un limite di tempo preciso, come i due minuti degli scontri Bush-Kerry nel 2004; ma anche così Prodi, che non ha il dono della sintesi, sarebbe fregato. No, conclude Diamanti su ‘la Repubblica’, nessun duello. Il premier “è meglio lasciarlo da solo”. Con buona pace, insiste, di quei leader del centro-sinistra che “per narcisismo, o per assuefazione al berlusconismo, si tuffano beati” in un mondo mediatico che non controllano.
Nota a Margine:
Cinque anni fa ci avete torturato con la storia della scorrettezza di Berlusconi, che per voi “doveva” confrontarsi in video con il capo dell´Ulivo, e oggi dite che Prodi finchè Silvio è in vantaggio non deve accettare il confronto?
Complimenti per la coerenza!
Paura??? 🙂
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