Mag 06
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Dunque, come tutti sappiamo Amnesty International è un´organizzazione che “lotta” nel mondo per il riconoscimento dei diritti umani. Conduce da decenni “battaglie” a favore della tutela delle libertà individuali. Contro arbitri e tirannie di ogni sorta: contro la pena di morte, contro limitazioni alla libertà di parola, di espressione e di stampa. Contro la persecuzione a danno di confessioni religiose.Tutte “battaglie” nobilissime.
Ciò fa di Amnesty International un´organizzazione capace di raccogliere consensi e adesioni trasversali.
Non è un´organizzazione riconducibile alla sinistra, alla destra o al centro politico/partitico.
E´ un´organizzazione cui può aderire, economicamente e non solo, chiunque abbia a cuore il rispetto dei diritti umani.
Certo a volte si osserva una certa faziosità . Le battaglie contro la pena capitale a volte sono state condotte soprattutto verso gli Stati Uniti d´America. Dimenticando la Cina o Cuba, realtà chi sa perché “tutelate”.
Tuttavia la “buona fede” dell´organizzazione è fuori discussione.
Anche se l´ultima “battaglia” che la sezione inglese di Amnesty International ha deciso di lanciare, lascia perplessi.
Questa l´intenzione:
“La piena realizzazione dei diritti umani dovrebbe implicare che il diritto della donna all´integrità fisica e mentale includa l´interruzione della gravidanza..perciò l´aborto dovrebbe essere un´opzione legale, sicura e accessibile per tutte“.
E´ anche vero però, che Riccardo Noury, capo della sezione italiana dell´organizzazione ha tenuto a precisare che:
“Fastidioso che singole sezioni rendano pubblica la loro scelta. Non è una questione sulla quale ci si può contare con il pallottoliere: è scorretto perché la consultazione è in corso e non ci sarà alcuna posizione di Amnesty fino a quando non sarà definita dall´International Council. Mentre annunciare l´esito del voto di questa o quella sezione ci espone a polemiche assolutamente fuori luogo. Quella in corso è una consultazione sul diritto della donna ad avere o no libertà di scelta sull´interruzione della gravidanza. In più, la domanda non è solo “sì o no”, ma prevede anche opzioni come il sì all´interruzione di gravidanza in caso di violenza sessuale, incesto, rischio per la salute della donna. E fino a quando il nostro International Council non si sarà espresso non ci sarà in materia alcuna Mission né Policy“.
Ben più ragionevole e accettabile la posizione di Noury. E ben più convincenti le sue precisazioni, e le delimitazioni che ha posto ad un eventuale riconoscimento del diritto in questione.
Ma che il riconoscimento di un eventuale diritto all´aborto sia una cosa fuori dal mondo, lo si capisce dalle parole di Daniele Capezzone. Segretario di quel partito, i Radicali, che per l´appunto della “legalizzazione” della interruzione volontaria delle gravidanze, ha fatto un “cavallo di battaglia” negli anni ‘70:
“Il problema non è definire l´interruzione di gravidanza un diritto universale. Ciò rischia di scatenare una nuova battaglia ideologica e di distogliere l´attenzione dall´obiettivo principale, vale a dire il raggiungimento di risultati concreti: che le donne non siano perseguite penalmente e criminalizzate quando devono affrontare questo dramma“.
Parole di buonsenso, anche perché l´interruzione della gravidanza è un dramma autentico. E´ una situazione “limite”, che legale deve rimanere. Ma con l´auspicio che si faccia ricorso ad essa il meno possibile!
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