Cosa si cela dietro le presunte liberalizzazioni delle professioni targate Unione

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Uno dei banchi di prova della cosiddetta “fase 2” del governo Prodi – quella per intenderci che dovrà  affrontare il nodo liberalizzazioni e riforme strutturali – riguarda la liberalizzazione delle professioni.° 

O meglio: la presunta liberalizzazione delle stesse.

Come evidenzia un eccellente articolo di Gennaro Sangiuliano (ex direttore del Roma), apparso oggi su Libero, ci sono molti punti oscuri nel progetto che è stato varato venerdì scorso dal Consiglio dei Ministri.

Procediamo per gradi, analizzando il testo del progetto.

Innanzitutto, alla lettera “a” dello stesso, si afferma che occorra:

“Prevedere che le professioni regolamentate nel sistema ordinistico possano essere esercitate in forma societaria o cooperativa avente a oggetto esclusivo esercizio in comune (…)”.

Fin qui, niente di particolarmente sconvolgente.

Si rimuove l´ostacolo previsto nella legislazione, che faceva divieto ai professionisti di costituirsi in forme societarie.

Anche se a nessuno può sfuggire il fatto, che si affermi questa possibilità  anche per il tramite di società  cooperative, che presentano per i soci, indubbi vantaggi fiscali (spesse volte si costituiscono società  cooperative, che sono tali solo sulla carta. Ché in realtà  si comportano in tutto e per tutto come normalissime società  di capitali, ricevendo però rispetto a quest´ultime, ingenti vantaggi fiscali).

La parte rilevante del progetto è un´altra: che presenta una rivoluzione copernicana. Che però probabilmente andrà  a tutto svantaggio dei professionisti. In particolar modo a svantaggio dei praticanti, di chi fa tirocinio per l´esercizio di una professione.

In sostanza, alle società  di professionisti (incluse le cooperative) “costituite da almeno quattro anni e su tutto il territorio nazionale” si attribuisce il potere di “concedere” l´abilitazione all´esercizio della professione.

Ciò che è sempre avvenuto, almeno in parte, sotto l´egida degli Ordini professionali e dello stato.

Il punto “e” del progetto recita:

“Prevedere che soltanto le associazioni registrate possano rilasciare attestati di competenza riguardanti la qualificazione professionale”.

Cosa avverrà  in pratica?

In pratica queste associazioni e società  cooperative, avranno potere di vita o di morte sui professionisti.

Ad esse saranno demandati poteri disciplinari (sulle questioni deontologiche), che oggi sono competenza degli Ordini professionali.

Ad esse sarà  attribuito il potere di “concedere” l´abilitazione all´esercizio di ogni professione.

Ciò che quindi, oggi, è competenza di Ordini professionali, trasparenti e soggetti a regole precise, domani sarà  competenza di società  di professionisti.

Che potranno decidere della vita e delle morte dei propri aderenti.

Ma non solo.

Il fatto che non esista un unico Ordine, per ciascuna professione, ma diverse società  cooperative o associazioni dotate di poteri ordinistici, creerà  – con ogni probabilità  – un moltiplicarsi insensato di “criteri di valutazione”.

Tra questi – e nessuno può dubitarne – subentreranno anche “criteri politici o di simpatia politica”.

Una sorta di caporalato, dunque.

Può ritenersi tutto ciò vantaggioso per i professionisti, in primis, e poi per i cittadini?

Non saprei.

A prima vista, tuttavia, i meccanismi mi sembrano farraginosi.

E mi sembra s´introducano criteri troppo discrezionali e arbitrari, per l´attribuzione dell‘abilitazione all‘esercizio delle professioni.

Staremo a vedere.

° 

12 Responses to "Cosa si cela dietro le presunte liberalizzazioni delle professioni targate Unione"

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  • etienne64 says:
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