Mag 07
30
Le elezioni amministrative non sono state una spallata per Prodi, come avrebbe voluto il centrodestra. Assolutamente no.°
Sono state peggio: uno tsunami che non ha risparmiato alcun partito della coalizione di centrosinistra (o quasi)!
I Ds e la Margherita (soci fondatori del Pd), ad esempio, registrano una flessione nei consensi. Ovunque drammatica.
Un rapido riepilogo di quanto avvenuto nei Comuni e nelle Province, può aiutare a comprendere.
Rispetto alle politiche del 2006:
Ad Asti il Pd (Ds più Margherita) registra un meno 8,4% nei consensi.
A Belluno la percentuale arriva a meno 15,6%.
A Como è meno 9,3%. A Cuneo è meno 14,6%. A Frosinone è meno 7,4%.
A Genova è meno 6,2%. A Gorizia è meno 13,2%. A Isernia è meno 14,3%. A La Spezia è meno 5,1%.
A Lecce è meno 13,7%. A Lucca è meno 6,1%. A Matera è meno 6,7%. A Monza è meno 8,7%.
A Parma è meno 16,3%. A Piacenza è meno 4,8%. A Pistoia è meno 10,9%. A Rieti è meno 11,4%. A Taranto è meno 20,6%. A Verona è meno 10,3%.
Alle Provinciali – e sempre rispetto alle politiche del 2006 – i Ds e la Margherita (sommati) registrano analogo andamento:
Ad Ancona è meno 12,5%. A Como è meno 8,4%. A Genova è meno 7%.
A La Spezia è meno 5,1%. A Varese è meno 6,3%. A Vercelli è meno 11,3%. A Vicenza è meno 9,4%.
Il risultato – com´è facile comprendere – è ovunque negativo.
E i leader dei due partiti in questione, sono seriamente intenzionati a voltar pagina.
Innanzitutto va affacciandosi l‘ipotesi, che al massimo entro l‘estate si debba scegliere il “capo” del Partito democratico.
Chiaro segnale rivolto a Prodi: “Da te prendiamo le distanze. Con te perdiamo”.
Questa scelta appoggiata – tra i tanti – da Dario Franceschini e Nicola Latorre, rappresenta la prima mina collocata sotto la poltrona di Prodi.
Ancora.
L´azione di governo – registratasi in questo primo anno – ha impedito che emergesse, evidentemente, un profilo riformista.
Contribuendo a dare dei Ds e della Margherita – e quindi del Pd – un´immagine appannata: a che servono? Qual è la loro la differenza rispetto alla sinistra radicale? Come si relazionano rispetto al mondo delle imprese, nei confronti del mercato e della modernizzazione del Paese?
Interrogativi legittimi – tutti – e che finora non hanno trovato risposta, nella pratica di governo.
Talchè “l´operazione Pd” è apparsa “fusione a freddo”.
Grande alchimia delle nomenclature di partito.
Ma niente che suggerisse all´elettore, l´idea che a sinistra il riformismo non sia morto.
Dai Ds e dalla Margherita, quindi, dopo queste elezioni non può che arrivare un preavviso di sfratto a Prodi.
Ma non basta.
Sbaglierebbe, infatti, chiunque pensasse che queste elezioni amministrative, abbiano penalizzato solo l´area moderata della coalizione al governo.
Falso!
Rifondazione comunista perde consensi: ovunque.
In alcune realtà in modo consistente, in altre in modo più contenuto.
Chiaro segnale del fatto che la politica del governo Prodi abbia scontentato tutti.
Franco Giordano è perentorio nell‘analizzare il voto. Definito come:
“Una campana che rischia di suonare a morte“.
Ed anche come un “terremoto“, il cui epicentro è:
“Il Lombardo-Veneto. Ma le onde del sisma si sono propagate in tutto il Paese“.
E ancora:
“Io non voglio usare toni minacciosi, ma è chiaro che, a questo punto, dobbiamo cominciare a far valere gli effettivi rapporti di forza che ci sono in Parlamento“.
E minaccioso aggiunge:
“Io dico che se noi non siamo buoni per decidere, forse potremmo non essere buoni per votare“.
“Non è questione di essere critici. Ma realisti. Perché il governo o non decide, o decide in luoghi troppo frequentati da rappresentanti del Pd, oppure, più semplicemente, sbaglia i tempi“.
“I rischi, il governo, li corre se non si sbriga a mantenere le promesse fatte agli elettori“.
Il problema è che per gli azionisti del Partito democratico, il programma di governo è pattume!
Inutile – quando non dannoso – al Paese.
E controproducente per chi – come loro – voglia assumere connotati riformisti e non conservatori.
Ma Rifondazione – così come tutta la sinistra estrema – del conservatorismo sociale fa una bandiera politica.
Dunque lo scontro – tra le due fazioni – nei prossimi mesi andrà accentuandosi.
Fino a decretare la morte – per suicidio – del governo Prodi.
Che – mai come ora – è politicamente parlando uno zombie.
Tra poco più di un mese dovrà essere approntato il Dpef: e le due anime della coalizione – quella radicale e quella riformista – arriveranno al redde rationem.
In ballo c´è la decisione sullo “Scalone Maroni”.
I conservatori di Rifondazione comunista vogliono che sia abolito, i riformisti del Pd che rimanga in vigore.
Fino a due mesi fa – quando il termine ultimativo per decidere era lontano – potevano cincischiare. Cazzeggiare. Fare melina.
Ora devono decidere.
E qualunque decisione venga presa, una delle due fazioni perderà . Con danno d´immagine consistente. E irrimediabile.
C´è poi la Tav.
Tra l´estate e i primi di settembre – anche in questo caso – andrà presa una decisione chiara: il rischio è che si perdano i soldi messi a disposizione dalla Unione europea.
La sinistra massimalista vuole la Tav?
No.
La sinistra riformista?
Sì.
Anche qui, chiunque vinca lo farà con grave danno per la controparte.
E´ ipotizzabile che questi minuetti possano durare ancora a lungo, visto che queste elezioni amministrative hanno dimostrato come a perderci sia tutto il centrosinistra?
Evidentemente no.
Allora che accadrà ?
Di sicuro non si andrà ad elezioni, almeno a breve. E per diverse ragioni.
Ds e Margherita non sono pronti. Fino a che il Partito democratico non sia messo su una giusta carreggiata, non è ipotizzabile affronti il voto politico.
In autunno, poi e come sempre, c´è da approntare la Legge Finanziaria.
Mai il Capo dello Stato potrebbe sciogliere le Camere, e indire nuove elezioni, prima che la più importante delle leggi venga varata.
Infine c´è la non trascurabile questione della legge elettorale: quella attuale non è soddisfacente. Se non la si cambia, difficilmente si andrà al voto anticipato.
Cosa accadrà ?
Difficile a dirsi.
Prodi, però, di sicuro è morto, politicamente parlando.
Il suo esecutivo difficilmente supererà l´estate.
Marini e Dini, intanto, scaldano i muscoli. Uno dei due – a breve – potrebbe essere chiamato a guidare un nuovo esecutivo.
Un governo tecnico – in carica per qualche mese – consentirebbe, infatti, almeno il varo di una nuova legge elettorale.
Senza la quale – è meglio essere chiari – mai si ritornerà al voto.
°