Partito democratico: scenari e prospettive. Intervista a Roberto Giachetti

Roberto Giachetti foto

Roberto Giachetti è un Deputato della Margherita, e un convinto sostenitore del Partito democratico. Di recente ha lanciato un’interessante iniziativa: “Salite a bordo verso il Partito democratico“. 

Onorevole Giachetti, a che punto è il processo che porterà  alla Costituente del Partito democratico? E´ vero – come scrive il Corriere della Sera – che siete intenzionati ad elevare il numero dei componenti il Comitato da 45 a 100?

Francamente mi auguro che questo non avvenga. Per due motivi: il primo è che già  di partenza un comitato a 45 mi sembra fin troppo ampio, e rappresenta a mio avviso la negazione degli obiettivi da porsi quando si ragiona di regole e metodologie, oltre che di contenuti, in prospettiva dell’assemblea costituente che darà  vita al Partito democratico. In altre parole sono convinto che, proprio a partire dal comitato promotore, c’era l’occasione per dare un segnale di semplificazione ai meccanismi della politica, ed un comitato di 20 persone composto non sulla base degli organigrammi vigenti ma nel rispetto dello spirito° di quello che tutti vorremmo fosse il Pd (lontano dalle vecchie logiche di spartizione ed espressione di scelte operate in base al merito e alle competenze) avrebbe garantito una salutare snellezza oltre che una maggiore capacità  decisionale. In secondo luogo, se davvero si allargasse a 100 il numero dei componenti, credo si manifesterebbe in modo palese la volontà  di rimediare ad un errore, evidente un pò a tutti, curando il male con un palliativo che rischia di essere ancora più dannoso, perchè di fronte ad una cifra simile, anziché andare verso° una sostanziale semplificazione, questo comitato sarebbe più accostabile ad° una Babele o ad un’assemblea congressuale piuttosto che ad un gruppo selezionato di saggi“.

Pina Picierno, la responsabile nazionale dei giovani della Margherita, lamenta il fatto che nel Comitato dei 45 siano del tutto assenti i giovani. Condivide il suo rilievo?

Certamente. Lo condivido talmente che sul mio blog (http://www.robertogiachetti.com/) ho lanciato una proposta “alternativa” e complementare al comitato nazionale, rispetto al quale non  si pone in antitesi o in funzione di contrasto, ma mira unicamente a segnalare una reale esigenza di cui non si è tenuto conto nella composizione del pensatoio, ovvero la necessità  che il Pd promuova e sostenga un necessario ricambio generazionale, indispensabile non solo in politica ma anche in tutti gli altri settori della società  italiana. Ecco perchè ho lanciato l’idea del “Comitato Ombra” del Pd, aperto a tutti gli under 40 interessati a candidarsi on line, con una foto e un breve curriculum, per°  eleggere, tramite email o sms, un comitato parallelo che stili una serie di regole ed elabori proposte da portare poi all’attenzione del comitato dei 45“.

Lei ha lanciato una iniziativa per il Partito democratico. Può dirci in cosa consiste.

Per riassumerla in una frase potrei dire che consiste nel riportare la politica tra le persone, in una fase in cui il distacco e la disillusione regnano sovrani, in un momento in cui non solo sembra esserci una volontaria incapacità  delle classi dirigenti a comunicare con i cittadini ma, peggio, c´è da parte di questi ultimi una generalizzata sfiducia verso quello che la politica ha finito per rappresentare: un mondo a sé, un’oasi chiusa e autoreferenziale, tutto il contrario di ciò che invece la sua missione dovrebbe imporle. Ho pensato quindi di inventarmi, insieme a un gruppo di giovani, un viaggio in Italia, nelle province, nei piccoli centri, ipotizzando incontri con le persone, entrando nella loro vita quotidiana, nelle piazze, nei mercati, per le strade, sulle spiagge, per ascoltarne le preoccupazioni e° le esigenze, le loro idee e proposte, il malessere che vivono e manifestano nei confronti di un modo di fare politica che avvertono evidentemente lontano ed estraneo ai propri bisogni. Gireremo per spiegare che cos’è il Partito democratico e° perchè è importante che nasca una nuova forza di centrosinistra davvero riformista nel panorama politico attuale. Andremo tra la gente a confrontarci, a raccontare come noi vorremmo fosse questa nuova realtà che guarda al° futuro, e a recepire istanze e suggerimenti da parte di chiunque vorrà  dare un contributo. Anche questo per noi è decisivo: la vera benzina del pulmino su cui viaggiamo è la passione di un piccolo gruppo di giovani che credono in questo progetto, ma ogni tratto di strada in più che percorreremo sarà  anche il frutto delle tante, piccole, grandi ed autonome richieste di informazioni ed offerte di collaborazione che in questi giorni stiamo ricevendo dalla Sardegna al Friuli, a riprova, a mio avviso, che i grandi processi hanno bisogno di venire veicolati, spiegati, assorbiti, e° che un’iniziativa di questo tipo trasmette alle persone un messaggio semplice ma efficace: il Partito democratico è aperto, ed ha senso solo se viene largamente condiviso e se consente agli elettori, ai simpatizzanti, ai militanti disillusi di° esserci davvero, di partecipare, entrare° e sentirsi artefici del cambiamento“.

Antonio Polito è convinto che si debba andare oltre il socialismo, e sostiene che il Partito democratico – in qualche modo – debba essere la sinistra del centro. Condivide la sua analisi?

Antonio Polito è un esperto in materia, oltre che uno studioso attento del blairismo da cui, evidentemente, ha° tratto molti spunti per questa sua analisi. Non c’è dubbio, è stato detto più volte, che il Partito democratico debba essere un soggetto nuovo, non solo nei metodi e nei contenuti ma nell’idea stessa di non configurarsi come la definizione di una sintesi tra vecchie ideologie, nella fattispecie la socialdemocrazia, il liberalismo in senso lato e l’esperienza democratico cristiana. Senza voler entrare qui in diatribe storiche o politologiche, dico solo che a me basterebbe che il Partito Democratico andasse oltre. Oltre tutte le provenienze politiche tradizionali, tenendo conto che chi oggi ha meno di 40 anni non può considerarsi “ex” rispetto ad alcun retaggio del passato, ma deve potersi riconoscere in un partito che riesce ad affrontare i grandi temi della globalizzazione, che punti a conciliare libertà  e competitività  con un sistema di welfare solidale e libero dal corporativismo, che valorizzi il merito, sostenga i giovani e le famiglie, affronti quelle riforme strutturali indispensabili alla crescita del paese. Come si vede a me, più che dare un’etichetta al partito, piacerebbe che ci si concentrasse sui contenuti. E poi,° in fin dei conti,° io credo che l’aggettivo democratico° sia la migliore definizione possibile, perchè la parola è antica ma il significato è straordinariamente moderno“.

Il Partito democratico, a suo avviso, riuscirà  ad essere una forza liberale e liberista, sia pur di centrosinistra?

Per questa domanda direi che vale la risposta precedente“.

Lei – Onorevole Giachetti – è un ex Radicale. Da Left Libertarian – quale immagino lei sia – come vive la convivenza, all´interno della Margherita, con la componente Teodem?

Come si vive un confronto con chi ha idee diverse dalla mie su alcuni temi, piccoli o grandi che siano, ma nel massimo rispetto delle posizioni e delle singole opinioni. D’altra parte mi è capitato più volte di sostenere che la Margherita, nel processo che ci porta al Partito democratico, gode sulla carta di un grande vantaggio: noi abbiamo già  affrontato la sfida di una forza politica capace di produrre una sintesi tra petali diversi. Non sempre ci siamo riusciti, ma sappiamo che la pluralità  delle esperienze, le diverse formazioni, lungi dal costituire un problema o un ostacolo sono state in questi anni la linfa per un confronto di idee che spesso ha arricchito non poco il dibattito al nostro interno. Tutto sta a non porsi mai come alfieri di verità  assolute da imporre forzosamente agli altri, ma essere disponibili, appunto, a fronteggiarsi con passione – ci mancherebbe! – e riuscire a trovare un giusto equilibrio tra le parti“.

Molti elettori della Margherita e dei Ds si pongono – in relazione al Partito democratico – diversi interrogativi. Riuscirà  il nuovo soggetto politico a garantire una pacifica convivenza tra laici e cattolici? Sulle questioni “eticamente sensibili”, quale anima prevarrà ? Si riuscirà  a trovare una sintesi che possa essere accettata tanto dai laici quanto dai cattolici?

Anche qui, in parte ho già  risposto. Ma aggiungo che la ricerca della sintesi è doverosa, ed è esattamente la vera sfida che ci si pone nel futuro soggetto politico. E’ anche vero che c’è, forse più che in altri momenti storici, l’esigenza di ribadire con decisione il fondamento laico del nostro stato repubblicano e tradurlo, per alcuni aspetti, in atti politici che tengano conto dei cambiamenti sociali in corso, senza alcun condizionamento di tipo religioso. Allo stesso modo però non bisogna cadere nell’errore opposto: pensare che vi sia un’ondata di clericalismo in atto pilotata dalla Chiesa cattolica e strumentalizzata da alcune forze politiche oltre ad essere una banalizzazione è anche, a mio avviso, una valutazione errata. Sono convinto che° le derive laicistiche e le radicalizzazioni° confessionali a cui abbiamo assistito negli ultimi tempi non siano affatto lo specchio di un paese come l’Italia, in cui spesso la maggioranza si esprime con una ragionevolezza che non è riconducibile a principi o verità  assolute ma al contrario deriva dalla conoscenza e dalla familiarità  con problemi, talvolta drammi reali, attinenti alla vita quotidiana di ciascuno. La politica, anziché dividersi° sulla opportunità o meno di intervenire nelle grandi questioni eticamente sensibili, ha a mio avviso la responsabilità  di non lasciare i cittadini da soli ad affrontare questi piccoli o grandi problemi. E dunque in qualche modo ha il dovere di indicare una strada improntata a concedere la libertà  di scelta su tali problematiche, o comunque a fornire una regolamentazione, anche minima, su tali questioni“.

Crede che il futuro del Paese sia nel bipartitismo? Auspica che anche nel centrodestra si dia vita ad un soggetto unitario, al Partito delle Libertà ?

Assolutamente si. Non solo i politologi o gli esperti ma gli stessi leader del centrodestra riconoscono perfettamente che la nascita di un grande partito di centrosinistra che si candidi a diventare maggioritario nel paese, nel momento in cui interviene a ridisegnare gli assetti del panorama politico e parlamentare, intanto costituisce un imput non trascurabile perchè legato agli elementi di novità che propone. E poi, in secondo luogo, costringe gli altri, gli avversari politici, a riorganizzarsi a loro volta. Credo che nel centrosinistra chiunque comprenda la necessità  di dare vita ad un grande soggetto politico che assuma in sé il ruolo cruciale di baricentro della coalizione non può che guardare con favore all’ipotesi che anche il centrodestra faccia altrettanto. Il beneficio che ne deriverebbe è evidente: una maggiore stabilità  per il paese, la possibilità  di confrontarsi sui grandi temi senza la possibilità  di condizionamenti, spesso abusati o strumentali, da parte delle componenti più estreme delle coalizioni, una convergenza indispensabile anche nella prospettiva di una semplificazione utile sia nei metodi° dell’esercizio politico oltre che nella gestione dell’espressione del voto da parte degli elettori. Naturalmente è chiaro che, se si vuole camminare in questa direzione, non è più rimandabile una riforma della legge elettorale che costituisca il presupposto, la precondizione perchè questo scenario possa realmente concretizzarsi“.

Pro choice o pro life?

Assolutamente pro choice. Ci sono voluti decenni di battaglie° per consentire alle donne di scegliere e divenire padrone del proprio corpo;° grazie al° referendum del 1978 oggi abbiamo una legge che garantisce alle donne il diritto ad una “procreazione cosciente e responsabile” . Evidentemente anche la maggioranza degli italiani condivideva l’esigenza di tutelare le donne di fronte a decisioni in ogni caso profondamente drammatiche. Tutti i tentativi di rimettere in discussione una legge che io considero come un baluardo della libertà  personale mi paiono un inutile oltre che pericoloso tentativo di compiere giganteschi passi indietro. Ed è singolare perchè di passi in avanti da compiere, invece, ne avremmo moltissimi ma spesso preferiamo monopolizzare l’attenzione del dibattito pubblico su dati acquisiti da ridiscutere o, come in questo caso, su vere e proprie conquiste civili che sarebbe meglio assimilare come tali senza° brandirle ad uso ed abuso – passatemi il termine – di tesi altamente anacronistiche“.

Spinello libero o i Nas nelle scuole?

Provo a interpretare la domanda sulla base della mia sensibilità . La contrapposizione è netta, ma esiste una via di mezzo, che faccio mia. Credo che la domanda non nasca da una paventata liberalizzazione delle droghe leggere, ma piuttosto da un clima di caccia alle streghe che da un po´ di tempo a questa parte sta animando il dibattito pubblico, tralasciando spesso e volentieri i risultati della ricerca scientifica in materia. Il punto vero non è mandare i Nas nelle scuole, né consentire che i giovani si massacrino di spinelli a proprio piacimento, ma essere in grado di intervenire con fermezza distinguendo tra consumo e spaccio senza criminalizzare chi fa uso di hashish e marijuana, arrivando persino a prevedere misure detentive ad hoc come disposto dalla ben nota legge “Fini Giovanardi”. Queste forme di proibizionismo, lungi dall´essere efficaci e dal combattere il problema, producono esclusivamente misure punitive che tralasciano del tutto l’aspetto del recupero, e men che meno operano una distinzione netta e chiara con droghe pesanti come eroina e cocaina, i cui effetti sono notevolmente più dannosi della cannabis ( mi sembra difficile poter dimostrare il contrario). Infine una postilla: non mi pare che sul consumo di droghe pesanti vi sia la stessa indignazione e la stessa pervicacia nelle battaglie politiche sui giornali e nelle aule parlamentari da parte dei paladini della tolleranza zero con lo spinello. Sono temi su cui, onestamente, una contrapposizione come quella della domanda rischia di deviare dal nocciolo della questione, che non credo sia traducibile né soprattutto risolvibile con gli agenti in aula o con il carcere per chi, liberamente, fuma “troppo” hashish“.

Chi è più potente oggi in Italia: il Vaticano, le banche o il Corriere della Sera?

Le banche. Credo che negli ultimi anni la crescita esponenziale degli istituti di credito giustifichi la rilevanza delle funzioni che ormai rivestono nel sistema economico e finanziario del paese, tanto che, quando si parla di poteri forti, non c´è dubbio che alcuni banchieri italiani possano rientrare a pieno titolo in questa categoria. Il ruolo delle banche, profondamente mutato negli anni attraverso privatizzazioni e concentrazioni, è andato trasformandosi acquisendo poteri cruciali anche in virtù dell´indebolimento della politica. Al punto tale che quest´ultima ha spesso fatto da sponda e supporto a manovre strategiche e operazioni talvolta poco trasparenti da parte degli istituti i quali, a loro volta, hanno ricompensato i partiti con lauti compensi. Sono convinto che si tratti di un gioco perverso, che sancendo di fatto una commistione tra interessi che, di per sé, andrebbero tenuti nettamente separati, allontana il nostro sistema finanziario da quelli delle democrazie moderne“.

Se potesse scegliere, cosa preferirebbe: il governo Prodi in carica fino al 2011, o il Partito democratico al 40%?

Rispondo con estrema sincerità : se mi puntaste una pistola alla tempia direi il Partito democratico al 40%“.

Ritiene sia necessario separare le sorti del Partito democratico da quelle di Romano Prodi?

Credo sarebbe assolutamente ingiusto oltre che ingiustificato. E´ come se tagliassimo le radici ad una pianta e ci aspettassimo che i frutti crescano comunque. Una pianta ha bisogno di tutto: di radici, di qualcuno che se ne prenda cura e poi vada a raccoglierne i frutti. Romano Prodi è stato il primo a credere nel progetto del Partito Democratico, ne ha posto appunto le radici. D´altra parte l´esperienza dell´Ulivo, le liste unitarie di Ds e Margherita, sono stati esperimenti funzionali al completamento di un processo che vede proprio nel Pd il suo naturale punto di approdo. Quindi Romano Prodi è a tutti gli effetti un patrimonio per il partito che verrà , ci mancherebbe. Altra questione se parliamo di ruoli, di leadership, di colui che meglio e più di tutti dovrà  essere interprete e guida di un partito del tutto nuovo, in cui dovranno necessariamente trovare spazio volti e contenuti, se non nuovi, per lo meno rinnovati nella forma e nella capacità  di gestione politica. In altre parole credo che le sorti del Pd e quelle di Prodi non si separeranno, ma sono altrettanto convinto che dopo dieci anni di sfide incrociate tra gli stessi candidati leaders, la necessità  di un cambiamento sostanziale passi anche dalla scelta di nuovi rappresentanti delle due parti“.

Nel suo partito – la Margherita – ci sono Paola Binetti e Ciriaco De Mita. Quale delle due presenze la imbarazza di più?

Nessuno dei due mi imbarazza, anche perché non ve ne sono i presupposti. Ma preferisco De Mita, una delle personalità  più intelligenti e stimolanti che ci siano nel mio partito; nelle varie occasioni in cui ho avuto la possibilità  di confrontarmi con lui e di scambiare qualche impressione, mi hanno sempre colpito la sua grandissima lucidità  nell´analisi politica oltre, naturalmente, alla sua straordinaria cultura. De Mita senza dubbio“.

Promessi Sposi o i Malavoglia?

Promessi Sposi, perché in Manzoni, a mio avviso, c´è una maggiore attenzione nel costruire e riempire di sfumature psicologiche i caratteri dei personaggi del suo romanzo“.

Pink Floyd o Dire Straits?

Pink Floyd. Se pensi che nell´88 sono stato a vederli al castello di Versailles con una gamba ingessata! (mi ricordo bene la sofferenza quando mi alzavo e mi risedevo..)“.

Si trova catapultato su un´isola deserta, probabilmente fino alla fine dei suoi giorni. Chi vuole con sé: Giovanna Melandri, Anna Finocchiaro, Rosy Bindi o Paola Binetti? E perché?

Piuttosto mi do in pasto ai pescecani!“.

A suo avviso di quali riforme ha assoluto bisogno il Paese?

Sarò telegrafico: prima di tutto una riforma della legge elettorale (doppio turno di collegio alla francese) poi una riforma del sistema scolastico ed universitario che riequilibri la logica distorta che fa si che l´istruzione primaria amplifichi le differenze sociali anziché livellarle, mentre quella universitaria specialistica è figlia di un appiattimento al ribasso, che esalta la mediocrità  e la “fedeltà ” al barone invece del merito e del talento in senso competitivo. Un immediato salto di qualità  nelle politiche per la sicurezza che non possono più limitarsi ad evocare genericamente il tema della integrazione, formulando proposte concrete e antidemagogiche che, pur rifiutando una logica giustizialista troppo spesso evocata dalla destra " in particolare dalla Lega, siano davvero in grado di tutelare il cittadino. Un nuovo piano infrastrutturale che adegui il nostro sistema di trasporti agli standard europei, e poi una vera grande riforma del welfare che assicuri migliori servizi alle famiglie e sostegno reale ai giovani, tramite una griglia di ammortizzatori sociali che consenta di far fronte alla precarietà  del lavoro e dunque, per estensione, alla precarietà  della vita di migliaia di cittadini italiani (anche i giovani lo sono)“.

Tav o no Tav?

Bè la risposta l´ho anticipata prima. Sì alla Tav per i motivi già  esposti, ma allo stesso tempo occorre intervenire anche laddove i cantieri sono aperti da decenni, e parallelamente è necessario creare un sistema di trasporto su ferro in quelle regioni che, ad oggi, ne risultano del tutto prive o dove la carenza del servizio è un fatto incontrovertibile. Un atavico lassismo mostrato dalla politica nell´affrontare problemi cronici di vitale importanza per la vita quotidiana dei cittadini rappresenta, a mio avviso, un modus operandi indegno di un paese civile“.

Keynes o Milton Friedman?

Preferisco Friedman, per le mie convinzioni liberali e liberiste, anche se un po´ più “temperate”“.

Il governo Prodi arriverà  a Ferragosto? O sarà  sostituito a breve da un esecutivo tecnico?

Mi auguro che duri fino alla fine della legislatura ma al contempo credo che se non assisteremo ad un netto cambio di passo sia nelle scelte che nella comunicazione chiara ed univoca delle stesse, il percorso potrebbe trovare molti ostacoli e complicazioni“.

Se si arrivasse a celebrare il Referendum promosso da Guzzetta, lei come voterebbe? E soprattutto: preferirebbe che fosse il Parlamento ad approntare una nuova legge elettorale?

Voterei si, ma mi auguro che, per lo meno in tema di riforma elettorale, vista anche la possibile convergenza tra le forze politiche alla luce dello sfaldamento e della ingovernabilità  a cui la attuale legge costringe il governo di turno, possa emergere un sistema elettorale migliore, più funzionale alla stabilità  del paese, frutto di un confronto condiviso che coinvolga nel più ampio consenso le forze politiche in parlamento“.


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