Orfani di Gianfranco Fini?

Gianfranco Fini

E´ la questione che impensierisce noi finiani (e più in generale gli aennini): ma Fini, quale funzione avrà  in questa legislatura? E soprattutto: quale ruolo ricoprirà  all´interno del Popolo della Libertà ?° 

A queste domande, è difficile rispondere.

Il fatto che il leader di Alleanza Nazionale opti per la Presidenza della Camera, e cioè per un incarico istituzionale: non può che far immaginare un suo disimpegno.

Tanto dalla politica del prossimo governo Berlusconi; quanto dal processo di costruzione del Popolo della Libertà .

E la cosa preoccupa, e per diverse ragioni.

Innanzitutto: è Fini che si è “proposto” per la terza carico dello stato, o è Berlusconi ad aver immaginato per lui questo incarico, in modo da collocarlo – almeno per un po´ – ai margini del gioco politico?

Da quello che riferiscono i giornali, pare che il numero due del Pdl sia soddisfatto dell´ufficio che – da qui a poco – andrà  a ricoprire.

Certo, diventare la terza carica dello stato – come dire – fa curriculum. Senza dubbio.

Però inevitabilmente neutralizza – e per tutta la durata della legislatura – ogni velleità  politica.

Non solo.

In questi giorni si fa il nome di Renato Schifani, come possibile futuro Presidente del Senato (che è la seconda carica dello stato).

Lo dico pacatamente: ma è possibile che Fini – che è il leader del terzo partito italiano (in procinto di scioglimento), e di fatto il numero due del Pdl -, arrivi a ricoprire un incarico meno prestigioso di quello che verrà  affidato ad un modesto burocrate di partito, come Schifani?

Gianfranco Fini è meno importante di Renato Schifani?

Il leader di An – e deve sempre tenerlo presente – non rappresenta solo se stesso e il suo partito: rappresenta la destra italiana.

Una comunità  politica (ed umana) – ma anche culturale – che ha un peso profondo nella società  italiana. E richiede giusta rappresentanza.

Perché anche la “forma” ha rilievo.

E poiché ha rilievo, diventa difficile per quella comunità  politica digerire il fatto che il proprio “capo” venga relegato in un cantuccio.

Fini ha il dovere di parlare a questa comunità . E ha il dovere di precisare quale disegno egli abbia in mente.

Perché francamente, almeno al sottoscritto sfugge.

Qui si è convintamente bipartitisti.

E si crede talmente tanto al soggetto unitario di centrodestra, da aver dato vita ad un piccolo progetto per supportarlo.

Non senza subire oneri personali: per far sì che l´aggregatore vedesse la luce, infatti, il sottoscritto ha dovuto rinunciare – per quest´anno – ad andarsene a vivere da solo (per mancanza di tempo, non per questioni di natura economica).

Dunque figurarsi se non si sia contenti – si potrebbe anche dire: felici – per il fatto che da qui ad un anno, in Italia si avrà  un grande partito unitario di centrodestra.

Ma in questo partito, però, qui si vuole che Fini abbia un peso. Una rilevanza.

E lo si vuole, non solo per ragioni identitarie o per orgoglio di parte: ma perché si è convinti che Gianfranco Fini sia uno dei migliori leader politici italiani!

Utile al Paese, ancor prima che al centrodestra.

In questi 15 anni, la politica italiana è riuscita – sia pur in modo non sempre lineare – a fare un salto in avanti – verso quella che potremmo definire la “normalità  europea” -, anche perché a guidare la destra italiana è stato un uomo proiettato verso il futuro.

Un uomo che ha avuto il merito di sottrarre al “ghetto”, la più sgangherata combriccola politica della storia del ‘900: il Movimento Sociale Italiano.

Facile, secondo voi, trasformare un partito di “destra nei valori”, ma di “sinistra” per le politiche economiche che suggeriva, in un vero e proprio partito di destra liberal-conservatrice di stampo europeo?

Affatto!

Altrimenti non si spiegherebbero i tentativi maldestri – e fallimentari – di riportare in auge quelle ambiguità  politiche, cui abbiamo assistito in questa campagna elettorale!

Fini ha avuto il compito difficilissimo di “educare” un ambiente politico molto legato ad un certo tipo di sincretismo filosofico di stampo utopico – “né col marxismo, né col capitalismo” -, facendogli accettare la “realtà  effettuale”.

Ha dovuto – letteralmente – prendere a schiaffi un ragazzotto (che tanto giovane non era, visto che la sua genesi datava 1946), e ha dovuto rivolgergli alcune domande. Come avrebbe fatto un padre: “Cosa vuoi fare da grande? Che lavoro pensi di svolgere? Che futuro credi di avere? Mica puoi restare tutta la vita a trastullarti in una stanza, leggendo libri e masturbandoti! Devi affrontare la realtà ! Crescere. Toccare la vita. Vivere!”.

Non era una sfida facile. Ma Fini l´ha vinta.

Se questa Italia oggi ha un centrodestra rodato e affidabile: è indubitabilmente merito anche (o soprattutto) del leader di An.

Che – “politico di professione” – ha saputo, alla bisogna, stemperare le eccentricità  – non sempre commendevoli – degli altri leader del centrodestra.

L´”Italia di Fini” – quella che incarna, e a cui dà  voce – mai ha sfigurato.

L´eccesso di prudenza, di moderazione e l´attitudine ad indulgere a comportamenti “politicamente corretti” (come sostengono i suoi detrattori): non hanno intaccato – di una virgola – l´identità  di destra del partito che Fini guidava.

Anzi.

L´espunzione di ogni forma di radicalismo massimalista, ha semplicemente conferito ad An una fisionomia eguale a quella di ogni altra destra europea. Né più né meno.

Sono i suoi detrattori, semmai, che dovrebbero spiegare come mai sognino una destra che non ha eguali in Europa o nel mondo (salvo non si faccia riferimento alle destre fasciste!). Loro, devono delle spiegazioni. Non Fini.

Ed è per queste ragioni – e tante altre potrebbero essere elencate -, che desta timori (per altro già  espressi in altro contesto) l´ipotesi che il capo della destra italiana non abbia sufficiente potere e visibilità , in questa fase.

Timori che si fanno anche più consistenti, ove si considerino i tentativi – nemmeno tanto contenuti – di lanciare un´Opa alla premiership del centrodestra e alla leadership del Popolo della Libertà  (avendo come orizzonte, ovviamente, la fase post berlusconiana).

Mi riferisco a Giulio Tremonti e a Roberto Formigoni.

L´uno e l´altro accampano pretese. E hanno le carte in regola per farlo.

Gli assalti alla diligenza – che è prevedibile i due lancino, in questa legislatura -, saranno molti.

Fini, come intende giocarsi la partita con i due competitor di cui sopra; soprattutto tenendo conto del ruolo defilato – e necessariamente super partes – che la Presidenza della Camera gli imporrà ?

Questo è il mistero.

Leggi altre news su per il Popolo delle Libertà .

Alemanno Sindaco di Roma

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