Nov 08
19
La Repubblica dei sadomasochisti
Da uomo qualunque, da pirlacchione qual sono; da pulce, microbo, da granello di sabbia; da cittadino qualsiasi, contribuente, da fanciullo con 35 primavere sul groppone; da italiano (suo malgrado, italiano): mi sarei alquanto rotto gli zebedei.
Non ne posso più.
Non ne posso più di un ceto politico sempre più autoreferenziale, che non perde occasione per dare di sé un´immagine deprimente: i pizzini che rivelano strani accordi “sotterranei”, tra avversari politici; le vicende di cui non frega una ceppa ad alcuno, e che invece tengono banco per settimane, solo perché Lorsignori non riescono a mettersi d´accordo per spartirsi torta, cadreghe e potere.
Il Paese affonda, l´economia arranca, le famiglie faticano ad arrivare a fine mese, e Lorsignori che fanno? Si preoccupano di chi debba poggiare le sue fetide natiche, sulla poltrona di Presidente di una commissione di vigilanza.
Per carità , capiamoci: la colpa non è degli uni anziché degli altri. E´ di tutti, ahimè. E´ del ceto politico nella sua interezza. Ed è di tutti noi, infine. Nessuno escluso.
Guardiamo all´America, in questi giorni.
Mai possibile che nessuno dei nostri politicanti riesca a fare ciò che colà avviene, ad urne chiuse, quando le elezioni sono terminate?
Mai possibile che nessuno, nemmeno per errore, riesca a preoccuparsi di quella cosa che, tanto poco valore ha da noi, che il solo evocarla, il solo pronunciarne il nome, il solo chiedere venga in rilievo, prima di tutto, e prima degli interessi dei politici, porta ad essere accusati di demagogia e vuota retorica?
Possibile che nessuno abbia a cuore la Patria, e le sue sorti? Mai possibile che nessuno la ami? Mai possibile che nessuno ami l´unità che supera divisioni e lacerazioni; l´unità che ci fa eguali, dinanzi ad una comune sorte; l´unità che travalica censo, età e costumi; l´unità che ci fa cittadini, tutti, senza distinzione – politico-moralistica – alcuna?
Il futuro non c´appartiene, lo abbiamo completamente rimosso.
Non costruiamo. Se è possibile, anzi: distruggiamo.
Siamo bravissimi, a farlo. Di più: nessuno al mondo, con le debite eccezioni, è più bravo di noi.
Siamo a tal punto bravi a distruggere il sentiero che percorriamo, che quando uno dei nostri trova il modo per devastarlo ancor di più, lo applaudiamo, finanche: se serve, beninteso, per attaccare l´”altro”, l´avversario politico.
E il giorno dopo?
E il giorno dopo, la buca che abbiamo creato, quella che ci rallenta il passo, quella che ci ostacola il cammino, non la consideriamo una iattura. Anzi: per noi è una manna dal cielo.
Vuoi mettere quale vantaggio presenti, quella buca? Puoi usarla per far sprofondare il tuo avversario; se qualcuno dei tuoi se ne lamenta, poi, puoi dirgli che la colpa – la responsabilità di averla creata – è dell´”altro”; e se quel qualcuno ti fa notare che l´hai creata tu, puoi sempre giustificarti sostenendo che l´hai fatto per un interesse superiore, perché la lotta all´”altro” è più importante di una buca, per quanto profonda e insidiosa, essa sia; e per quanto complichi l´esistenza tua e di tante altre persone.
E il giorno dopo ancora, sei lì. Certo, hai ottenuto ciò che desideravi: l´”altro” è stato disarcionato. Ora ci sei tu al comando.
E che fai?
Cerchi di ricoprire la buca, che ieri l´altro hai creato, per far sprofondare l´”altro”.
Se volete, votate Ok.
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