Feb 09
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Quando Massimo D´Alema, con un golpe di Palazzo riuscì a divenire Presidente del Consiglio, al suo fianco, in qualità di collaboratore, volle Claudio Velardi.° °
Più precisamente, lo volle a capo dello staff che aveva il compito di coadiuvarlo. Staff che qualcuno ebbe a definire: “L’unica merchant bank in cui non si parla l’inglese“.
Dopo questa esperienza, e abbandonata la politica, Velardi intraprese molteplici attività imprenditoriali: editore de Il Riformista, ad esempio, e lobbysta.
Oggi, per mera fatalità , il Nostro si trova a ricoprire l´ufficio di assessore campano al Turismo. Un incarico di cui farebbe volentieri a meno: è troppo oneroso. E per sua stessa ammissione, egli non ama lavorare troppo.
Ad ogni modo, l’ex Lothar dalemiano è sempre stato un uomo di sinistra: comunista prima, pidiessino e diessino poi.
E delle ragioni profonde che lo hanno avvicinato al comunismo, ha parlato, di recente, in un’intervista a Barbara Romano (pubblicata su Libero):
“Lei come nasce politicamente?” (chiede la giornalista).
“Fascista. In contrapposizione a mio padre, che era un comunista, ma molto all’acqua di rose“.
“E quando venne fuori la sua anima leninista?“.
“Nel 1968, al Genovesi, il liceo classico di Napoli. Arrivai come un coglione, a 14 anni. Brufoloso e pure fascista. Con le ragazze era devastante. Mi diedi malato per una settimana. Tornai convertito al comunismo“.
“Cambiò anche look?“.
“Progressivamente mi feci crescere i capelli e acchiappai pure qualche guagliona“.
“Si rimorchiava di più da comunisti?“.
“Si rimorchiava solo se eri comunista“.
Il ’68 raccontato a quelli che non l’hanno vissuto.
Se volete, votate Ok.
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