Apr 09
20
Dunque, è alquanto stucchevole la polemicuzza che i vertici del Pd, a corto d’argomenti, anche quest’anno hanno sollevato nei confronti del Presidente del Consiglio: “Berlusconi non partecipa mai alle celebrazioni della Liberazione. Quest’anno lo faccia”.
Berlusconi, come noto a tutti, non partecipa a quella cerimonia perché, visto che la sinistra nostrana da 15 anni a questa parte lo rappresenta come un Dittatore, se scendesse in piazza – o partecipasse ad una qualunque delle manifestazioni di commemorazione della resistenza – verrebbe contestato, vilipeso, spernacchiato e oltraggiato. Precisamente ciò che è avvenuto tre anni fa ai danni di Letizia Moratti, scesa in piazza – a Milano – con il padre partigiano, a rendere omaggio a chi morì per liberare l’Italia dall’occupazione nazifascista.
Fu contestata solo perché esponente del centrodestra. A voi pare possibile, una cosa del genere?
In un paese “normale”, fatti come questo, non avverrebbero. In Italia, tuttavia, sono “normali” e finanche scontati.
Perché?
Perché la resistenza italiana è stata “lottizzata” dal Partito comunista. E’ stata rappresentata come il massimo contributo dato dai vessilliferi della falce e martello, alla nostra patria. E, soprattutto, perché lorsignori del Pci – con la colpevole complicità di democristiani, socialisti, repubblicani e liberali – se ne sono “appropriati”, neanche fossero gli unici ad aver partecipato ad essa.
Insomma: la resistenza è roba dei “kompagni”, e chi è ostile ai “kompagni” non può scendere in piazza a rendere omaggio ad essa.
Pronunciate queste ovvietà, la questione potrebbe finire qui, e a questo post si potrebbe tranquillamente mettere la parola “fine”.
Se non fosse, però, che qualche altra parolina in proposito è giusto venga spesa.
Innanzitutto.
Come di recente – e saggiamente – ha detto anche Piero Ostellino, in Italia non c’è stata la Resistenza unitaria. In Italia abbiamo avuto due Resistenze: quella democratica, fatta da socialisti, liberali, cattolici, repubblicani, destri-antifascisti e monarchici; e quella totalitaria, cioè quella antidemocratica, fatta dai comunisti.
La differenza tra la prima e la seconda, è solo una: i resistenti democratici volevano ridare all’Italia la democrazia; i resistenti comunisti – totalitari e antidemocratici – volevano sostituire la dittatura fascista con la dittatura comunista.
C’è anche qualcos’altro, in verità.
I resistenti antidemocratici, quelli comunisti, durante e dopo la guerra sterminarono – tra i tanti – anche migliaia di “partigiani democratici”, in ispecie cattolici.
Pier Paolo Pasolini e Francesco de Gregori, ad esempio, hanno ciascuno avuto uno zio “partigiano bianco” trucidato da resistenti antidemocratici e comunisti.
Ancora.
La guerra – soprattutto quella civile – comporta atti efferati, non v’è dubbio. Alcuni di questi, però, essendo stati compiuti dai “repubblichini”, sono noti all’Universo intero. Viceversa, alcuni crimini compiuti dai resistenti antidemocratici, ancor oggi stentano a trovare pagine di libri che ad essi diano spazio e notorietà.
Ancora oggi c’è chi non conosce le Foibe; e, ciò che è peggio, non risulta che alcun comunista – o post comunista – abbia ancora chiesto scusa per questo crimine (cui il Pci di Togliatti, diede il proprio avallo). Nelle Foibe sono morti italiani, a migliaia; italiani che non volevano diventare sudditi o schiavi del comunista Tito. Sono persone come voi e me. Cui nessuno, tra gli ex comunisti, rende omaggio (in pubblico o in privato).
Ancora.
I resistenti antidemocratici e comunisti hanno stuprato donne “repubblichine”, hanno profanato le loro vagine, hanno umiliato la loro dignità di essere umani. Le hanno trattate come i nazisti hanno trattato gli ebrei.
Non risulta che tra le fila degli ex o post comunisti – o di quanti ancor oggi siano turiferari della dottrina marxiana – qualcuno abbia sentito il bisogno di prendere le distanze da quegli stupri. Forse le vagine delle “repubblichine” potevano essere profanate, erano vagine di esseri umani di serie B?
Ecco, la questione della Liberazione – del 25 aprile – in ultima istanza è una sola: chi scende in piazza, quale resistenza “festeggia”? Quella democratica? O quella totalitaria e antidemocratica, che voleva sostituire il fascismo con una dittatura comunista (e cui, non a caso, si ispiravano – e forse ancor oggi si ispirano – le Brigate Rosse)?
Attendiamo una risposta.
Per intanto – e portandoci avanti con il “lavoro“ – diciamo: viva il 25 aprile e la resistenza democratica!
L’unica cui si debba rendere omaggio.
Punto.
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