Federalismo fiscale, due scenari: risparmi per 36 miliardi o più oneri per 40 miliardi

Allora, qualche giorno fa il Senato ha approvato in via definitiva la legge sul Federalismo fiscale. Si tratta di una riforma importante, una riforma di sistema. Una riforma, però, che presenta luci ed ombre. E lascia spazio a più di un dubbio.

Non è chiaro, ad esempio, se con la norma in oggetto la pressione fiscale nel nostro paese sia destinata a diminuire. O se, invece, possa addirittura aumentare.

Se ci limitassimo ad analizzare quanto previsto dalla legge – al Capitolo IX, articolo 27, comma 7, lettera b – dovremmo desumere che la stessa sgombri il campo da ogni sospetto. In quanto prescrive:

Sia garantita la determinazione periodica del limite massimo della pressione fiscale nonché del suo riparto tra i diversi livelli di governo e sia salvaguardato l’obiettivo di non produrre aumenti della pressione fiscale complessiva anche nel corso della fase transitoria“.

La questione, però, è che tale previsione normativa può restare lettera morta, e limitarsi ad essere un mero auspicio. Anche perché, il passaggio dalla spesa storica al costo standard – che significa che ogni servizio erogato da un ente locale dovrà costare la stessa somma in tutta Italia, e che lo stato centrale lo finanzierà solo entro il limite di detto costo – potrebbe portare le amministrazioni locali più inefficienti – quelle che non riescono a tagliare la spesa pubblica improduttiva – a dover finanziare una parte dei servizi attraverso l’innalzamento dei tributi locali.

Ecco perché, dal Federalismo fiscale – che sarà a pieno regime a partire dal 2013 -, non è certo derivino vantaggi ai contribuenti. Tutto dipenderà dal comportamento degli amministratori locali; da come quest’ultimi riusciranno a razionalizzare la spesa, e a realizzare risparmi. Ove fallissero, sarebbero i cittadini a farne le spese e a pagare più tasse.

Per questo motivo, sono ipotizzabili due scenari diametralmente opposti. Che emergono da un’analisi elaborata – per conto di Italia Oggi – dal centro studi Faber Sviluppo. Ecco una tabella riepilogativa dello studio:

Come si può notare, nella prima ipotesi – quella dello scenario virtuoso – è ipotizzabile, addirittura, che grazie al Federalismo fiscale il contribuente risparmi – in cinque anni – circa 36 miliardi di euro. Sempreché, ovviamente, gli enti locali riescano a risparmiare, a tagliare spesa pubblica e a ridurre inefficienze.

Ove questo non si verificasse – ed è ciò che viene preso in considerazione sotto la voce: scenario negativo – il contribuente italico potrebbe trovarsi nella condizione di versare 40 miliardi di euro in più (in cinque anni).

Insomma: il Federalismo fiscale può essere una manna dal cielo, o una sòla pazzesca (la cui entrata in vigore, per di più, dovrebbe richiedere un esborso di 100 miliardi di euro, e potrebbe far lievitare il costo delle Province di altri 10 miliardi. Non a caso ai veneti, il testo licenziato dal Parlamento non piace affatto).

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16 Responses to "Federalismo fiscale, due scenari: risparmi per 36 miliardi o più oneri per 40 miliardi"

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