Sacconi si taccia: nessuna legge sul fine vita va approvata ora. L’unica priorità è l’economia (la crescita)

Avrei voluto discutere d’altro, ancora dell’evasore fiscale Ezio Mauro, ma l’intervista rilasciata dal socialista di Dio, il tradizionalista-cattolicista-lefebvriano Maurizio Sacconi, mi ha provocato più di un conato di vomito (anche perché è la seconda che concede, in meno di un mese, in cui fa affermazioni oscene e ridicole); e quindi ho pensato fosse necessario parlare di quelle che, a mio modesto parere, non possono che essere le uniche priorità dell’esecutivo in carica; e di quelle che, sempre ad avviso del sottoscritto, non possono che essere questioni da rinviarsi a data futura.

Prima di proseguire, però, devo fare una premessa ad uso di quanti non leggessero abitualmente questo blog, e quindi fossero all’oscuro di quanto qui si scrive da quando ha preso avvio l’attuale legislatura: qui, per quel poco che vale (nulla, per l‘esattezza), si è sempre sottolineato l‘esigenza, causa crisi economica internazionale, di non avere altra priorità se non quella di rimettere in moto l’economia; di sostenere – in modo “mercatista” – la crescita (affinché essa torni a farsi sostenuta); e di creare le condizioni – stabili, strutturali – affinché il nostro Pil torni a veleggiare (almeno) attorno a quota 2-2,5% su base annua. Lo si è detto, ad esempio, in questo post (Economia, economia ed economia), e in molti altri ancora. Ciò premesso, arriviamo al dunque.

Il Ministro Sacconi – che secondo chi vi scrive dovrebbe togliersi dalle palle ed andare, magari assieme a Tremonti, a far politica a sinistra: visto che è un socialista, continua a dirsi socialista e di sinistra, e le persone di sinistra, da che mondo è mondo, non militano in partiti di centrodestra (porca puttana di una Eva, un minimo di coerenza, cazzo!) -, nell’intervista summenzionata, tra le tante cose più che discutibili, ne ha pronunciate un paio, in particolare, che mi hanno irritato oltremodo (una, soprattutto):

Ho detto (nella precedente intervista di un mese fa, nota di camelot) che se si fosse manifestata in Parlamento la difficoltà a un ampio consenso sulla legge che regola il fine di vita si potrebbe estrapolare dal testo del Senato per l’immediata approvazione quella parte — approvata all’unanimità dal Consiglio dei ministri — che colma il vuoto normativo creatosi a seguito del provvedimento creativo della magistratura sul caso Englaro, che ha introdotto per la prima volta un percorso eutanasico nel nostro Paese (….). La stessa possibilità di costruire uno sviluppo sostenibile dopo la crisi non può prescindere dal riconoscimento del valore della vita. Non ci può essere vitalismo economico e sociale in una società scettica. Questo ci porta nella prossima agenda di governo a ritenere necessario difendere una regolazione della creazione della vita che rigetti ogni manipolazione genetica”.

Ecco, con queste – e molte altre – dichiarazioni in cui la logica – propriamente detta – appare del tutto latitante, il caro socialista di Dio – par di capire allievo di Stalin, ovvero di Mussolini -, ha stabilito un nesso “ottocentesco” (o se preferite: novecentesco) tra crescita economica e “culle piene”, che fa tanto “Italia fascista e proletaria”, che fa tanto “Mulino Bianco”, ma anche “Heidi, Heidi, le caprette ti fanno: ciao”; dimostrando, tra l’altro, di essere a digiuno di teoria economia e di qualunque scienza sociale. Se potessimo, gli consiglieremmo – per meglio comprendere le dinamiche interne alle società industrializzate (e post-industrializzate), e per capire il nesso tra tassi di natalità e crescita economica -, di studiare qualche manuale universitario di Economia dello Sviluppo (o dei Paesi in via di Sviluppo), e qualche trattatello di Demografia. Se seguisse il nostro consiglio, eviterebbe di continuare ad apparire – come dire – “superstizioso”, e “poco informato dei fatti” (per usare un eufemismo). Anche perché, e lo sanno finanche i sassi, il nesso funzionale tra crescita economica e tassi di fertilità femminile, segue dinamiche opposte a quelle che risultano al Ministro Sacconi. Ma questo rileva poco. Altro è più significativo.

Il Ministro del Welfare, infatti, lascia presagire come il governo in carica intenda “calendarizzare“ subito, costi quel che costi, la questione delle questioni eticamente sensibili, il fine vita, se non con l’approvazione di una legge vera e propria, quantomeno con un piccolo intervento legislativo che impedisca in futuro possano verificarsi altri casi come quello di Eluana Englaro. Vale a dire: con un provvedimento che stabilisca che in assenza di una legge che disciplina il biotestamento, nessun tribunale della Repubblica possa – finanche nell’ipotesi in cui fosse possibile ricostruire la sua volontà – interrompere l’alimentazione e l’idratazione artificiali di un soggetto clinicamente morto.

Ora, la questione è seria e complessa anche per chi, come il sottoscritto, ritiene che ogni cittadino dovrebbe avere il diritto di gestire il proprio corpo (almeno questo!) come più gli aggrada, e di poter rinunciare, previa stesura di un testamento biologico, anche all’idratazione e all’alimentazione artificiali. E’ questione seria e complessa perché, indiscutibilmente e comunque la si pensi in proposito, il fatto che un tribunale decida sulla vita di una persona, in assenza di una legge, è un obbrobrio assoluto: una legge della Repubblica è approvata dai rappresentanti del popolo sovrano; una sentenza di un tribunale, viceversa, è emanata da dipendenti pubblici che hanno superato un concorso, e non rispondono ad alcuno. Credo che il “deficit di legittimazione democratica”, in casi come questo, sia incommensurabile. Meglio sarebbe, dunque, rimediare a questo “vuoto normativo”.

Il problema, però, è che un provvedimento come questo – difficile, tormentato e tale da provocare profonde lacerazioni all’interno della maggioranza e nel Paese -, potrebbe far apparire il governo come intenzionato, in questo istante, ad attribuire la priorità, mi si perdoni il cinismo e la franchezza (che esulano dal politicamente corretto), ad una misura che, almeno alla stragrande maggioranza delle persone che in questi mesi vivono con angoscia la propria esistenza – perché temono di perdere il lavoro o sono angustiati dalla paura di chiudere bottega -, risulterebbe “astratta”, per nulla comprensibile. Anche perché questo provvedimento difficilmente potrebbe essere approvato in due giorni: richiederebbe settimane o mesi, mal di pancia, lamentazioni; e, soprattutto, spingerebbe giornali, politici, telegiornali, trasmissioni di approfondimento politico, a parlare di questo tema neanche fosse – chiedo nuovamente scusa per il cinismo – una “questione campale” per il Paese e, soprattutto, per chi rischia di finire con il culo in mezzo ad una strada, e di trovarsi nella impossibilità di sfamare figli e moglie. In questo momento, mi scuso ancora per il cinismo – questa volta frammisto a demagogia -, c’è la vita dei lavoratori e delle fabbriche, da tutelare prioritariamente.

Se non lo si dovesse fare – visto che l’opposizione parlamentare mostra atteggiamenti che, in alcuni casi, definire da epigoni delle Brigate Rosse, è dire poco; e visto che le tensioni sociali dovute alla perdita di posti di lavoro possono subire un inasprimento improvviso -, si correrebbe non solo il rischio di prestare il fianco a critiche, in questo caso giustificate e sensate, da parte delle minoranze parlamentari; ma anche quello, ancor più serio, di armare le mani di chi – essendo ogni giorno istigato all’odio e alla violenza dai Di Pietro, dai Franceschini e dagli Ezio Mauro – non vede l’ora che si appalesi la classica “goccia che fa traboccare il vaso”, per usare la P38 di cui è in possesso. E un governo che desse l’impressione di fottersene dei posti di lavoro, e di non industriarsi a sufficienza per dare carburante all’economia e ai consumi, onde mettere le imprese nelle condizioni di poter campare e non dover licenziare dipendenti, apparirebbe agli occhi dei suddetti facinorosi insufflati quotidianamente dai citati “odiatori di professione”, come un governo di reazionari che meritano di essere soppressi con il piombo e la polvere da sparo. Attenzione.

Oltretutto, non si può un giorno dire che non si devono fare le riforme strutturali – tipo l’innalzamento dell’età pensionabile – perché si vuole evitare di acuire le tensioni sociali, e poi l’indomani pensare di discutere di “idratazione ed alimentazione artificiali” che, a nove persone su dieci, suonerebbe come parlare di sesso degli angeli. Non si può.

Il governo – e chi se ne fotte dei rapporti col Vaticano (che, oltretutto, oggi ha pochi voti, come dimostrano le chiese vuote alla domenica) – deve “calendarizzare” la crescita. Questa, deve essere la sua priorità: portare strutturalmente il Paese fuori dal pantano in cui si trova dal 1992/93; liberalizzare tutto quanto sia possibile e necessario; approntare una cura dimagrante draconiana da somministrare al paziente Leviatano, onde ridurre la spesa pubblica e abbassare le tasse prioritariamente ai soggetti con elevata propensione marginale al consumo (poveri e famiglie numerose), dimodoché ogni euro dato in più si trasformi immediatamente in maggiori consumi e, per questo tramite, influenzi la crescita del Pil e si “rifinanzi” (il che garantirebbe la tenuta dei conti pubblici).

Se il governo fa queste cose, e deve farle, non perderà il voto dei cattolici oltranzisti (magari dispiaciuti del mancato varo di una legge talebana sul fine vite): in quanto essi saranno senz’altro felici che l’esecutivo per cui hanno votato, abbia attribuito la priorità agli “ultimi”.

Se il governo fa queste cose, e deve farle, non perderà il voto nemmeno di uno di quelli che l’ha votato nel 2008.

Se il governo fa queste cose, e deve farle, dimostrerà ancor di più di aver a cuore l’interesse generale, e si distinguerà ulteriormente dall’attuale opposizione di centrosinistra.

Se il governo fa queste cose, e deve farle, riuscirà a garantire al centrodestra di vincere le elezioni anche nella prossima legislatura.

Viceversa se non le facesse, e se si occupasse prioritariamente di “sesso degli angeli”, non solo si scaverebbe la fossa da solo. Ma conserverebbe unicamente il consenso e il favore delle persone che la pensano come Paola Binetti.

Che sono poche, pochissime.

Dieci domande ad Ezio Mauro, l’evasore fiscale.

(leggere anche: Ezio Mauro è un evasore fiscale e un bugiardo, parola dell’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate).

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