Ott 09
31
Attenti a quei due
Sarebbe un errore, sottovalutare Casini e Rutelli. E altrettanto sbagliato sarebbe sottovalutarne il progetto politico.
I due, infatti, non mirano a creare una Democrazia cristiana bonsai, che dia asilo ai cattolici delusi dei due schieramenti. Nient’affatto. Casini e Rutelli puntano a creare un soggetto politico che venga a caratterizzarsi per un programma accentuatamente riformatore, e che dia risposte concrete e incisive alla domanda di modernizzazione proveniente da larghe fette della popolazione.
Un centro riformatore e liberal-democratico, questo hanno in mente i due leader. Un centro capace non solo di sottrarre consensi ai due principali partiti italiani, ma anche di porsi come interlocutore privilegiato di quanti – imprenditori, professionisti ed esponenti del “salotto buono” e dei “poteri forti” -, non ne possano più di una politica-politicante, fatta di molte chiacchiere e assai poco coraggio.
La crisi economica internazionale avrebbe dovuto suggerire al governo Berlusconi di prendere di petto alcune questioni e di affrontare il nodo delle riforme strutturali, onde consentire al Paese di viaggiare speditamente quando la ripresa avesse fatto capolino: l’innalzamento dell’età pensionabile; la liberalizzazione dei servizi pubblici locali; il contenimento dei costi della politica e della spesa pubblica. Niente di tutto ciò, però, ha formato oggetto dell’agenda politica dell’esecutivo in carica. Si è preferito traccheggiare e rimandare le decisioni a tempi migliori. Tempi di maggiore “coesione sociale”, s’è detto dai banchi del governo. Sbagliato.
Il Paese da troppo tempo ha una crescita modesta: stritolato com’è da un fardello di tasse che scoraggiano l’intrapresa e penalizzano chiunque assuma; soffocato da una pubblica amministrazione palesemente truffaldina, che con fare criminale paga i propri creditori con ritardo, ma che pretende puntualità da chiunque le debba del danaro; ridotto in braghe di tela da un’architettura di leggi, norme, codicilli e commi, studiati – pare – appositamente per render la vita impossibile a chiunque, e per frenarne i progetti: ché il talento va scoraggiato, al pari dell’intraprendenza e del coraggio; umiliato da una cultura dominante pregna di conservatorismo sociale improntato al peggior catto-social-comunismo: se vali poco sarai aiutato, se vali tanto sarai penalizzato; un Paese che si è condannato a morte, perché ha condannato i propri figli a vagolare da un posto di lavoro all’altro, sol perché si è deciso fossero loro a pagare i privilegi concessi ai loro padri: quest’ultimi, allegramente in pensione a 58 anni, ancora bambini, dopo una vita di stabilità e di poca incertezza; i primi, invece, come cavallette a saltellare da un impiego all’altro, e tutta la vita a lavorare per pagare la pensione ai paparini sdraiati comodamente davanti alla Tv.
Il governo, su queste – e molte altre – questioni, sarebbe dovuto intervenire. Era suo compito, farlo: da una coalizione di centrodestra, infatti, gli elettori s’aspettano interventi radicali per modernizzare la Nazione, ridurre il peso dello stato e diminuirne il debito, rompere le posizioni di rendita e imprimere dinamismo al tessuto economico. Non farlo – almeno fino ad ora – è stato un errore, che potrebbe rivelarsi un danno anche per la maggioranza parlamentare.
I due, infatti, Rutelli e Casini, nell’agenda del nuovo soggetto politico cui stanno lavorando, hanno inserito proprio queste priorità. E’ facile immaginare, dunque, possano togliere voti al Popolo della Libertà.
E tuttavia, siccome la concorrenza, anche tra soggetti partitici, dispiega sempre effetti benefici, siam convinti che la presenza sul proscenio politico del Partito della Nazione (o come decideranno di chiamarlo), avrà come conseguenza quella di spingere il governo ad una più incisiva azione riformatrice.
D’altra parte, se così non fosse, il governo e la maggioranza che lo sostiene, si darebbero – come usa dire – la zappa sui piedi. E a trarne vantaggio, sarebbero proprio i due.
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