Nov 09
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Federalismo fiscale: costi e benefici. Valutiamo gli uni e gli altri, partendo dalle dichiarazioni di alcuni esponenti del centrodestra.
Iniziamo dal sottosegretario Guido Crosetto:
“Se non ricordo male, durante il passato governo Berlusconi venne fatto uno studio. Il costo della riforma calcolato allora era superiore ai cento miliardi”.
Per far partire il Federalismo fiscale, dunque, occorrono più di 100 miliardi di euro. Si tenga a mente questo importo (Punto numero 1).
Proseguiamo. E’ la volta di Umberto Bossi:
“Tremonti dice che deve fare i conti, che sta cercando di risparmiare i soldi per il federalismo fiscale”.
Naturalmente, siccome mettere in moto la suddetta riforma richiede un esborso di 100 miliardi di euro, per reperire quest’ultimi occorre fare risparmi. Si tenga a mente anche questo dettaglio (Punto numero 2).
Passiamo, poi, al responsabile economico della Lega, Massimo Garavaglia, che in un’intervista ha spiegato quali vantaggi dovremmo ricavare dal Federalismo fiscale, e in che tempi:
“Più che di risparmio immediato, da domani si avrà un sistema più competitivo”.
“A regime, ovvero nel giro di cinque anni, il risparmio a famiglia si aggirerà attorno ai 500 euro all’anno, sempre se si riuscirà ad aggredire il mostro: ovvero l’evasione fiscale, che è distribuita in maniera molto difforme, e la spesa pubblica improduttiva, anche questa distribuita in modo assolutamente difforme”.
Riassumendo: perché la riforma federalista produca dei risultati concreti per le tasche del cittadino, in termini di minor tasse da pagare, è necessario passino alcuni anni, forse cinque, dalla sua entrata in vigore; sempreché, nel frattempo, si riesca a ridurre l’evasione fiscale (non ridete!) e la spesa pubblica improduttiva. Se si riesce a fare questo, il risparmio a famiglia – sostiene Garavaglia – “si aggirerà attorno ai 500 euro all’anno” (Punto numero 3). Se non si riesce ad aggredire l’evasione fiscale e la spesa pubblica improduttiva, è facile immaginare che dal Federalismo fiscale deriveranno vantaggi economici trascurabili, al cittadino; quando non addirittura maggiori costi (più tasse, come già si è avuto modo di precisare).
Veniamo adesso ad un altro aspetto della questione, e cerchiamo di capire se il varo del Federalismo fiscale sia compatibile con una riduzione – in tempi brevi – delle tasse. Anche in questo caso, faremo affidamento alle dichiarazioni dei politici del centrodestra.
Iniziamo da Giulio Tremonti, che in data 13 luglio 2008, affermava:
“La riduzione delle tasse verrà come dividendo del federalismo fiscale”.
Noi, che siamo alquanto stolti, da questa asserzione abbiamo inferito che non ci sarà alcun taglio delle imposte, prima dell’entrata in vigore della succitata riforma.
Forse abbiamo capito male?
Sembrerebbe di no. Visto che in tempi più recenti, il Ministro dell’Economia – intervenendo a proposito della ventilata sforbiciata all’Irap -, ha dichiarato:
“Prenderà attuazione in linea con il federalismo fiscale”.
Anche in questo caso, a noi sembra che il titolare del dicastero di via XX Settembre abbia ribadito come non possa esserci alcun taglio di tasse, fino a quando non sarà entrato in vigore il Federalismo fiscale.
Maliziosi e malpensanti?
Decisamente no. Visto che queste considerazioni iniziano ad essere formulate – apertis verbis – anche da molti politici del Popolo della Libertà (meglio tardi che mai!).
“Giulio si sta imboscando i soldi per il federalismo fiscale”, ha dichiarato un ministro. La controprova?
“La facilità con cui ha trovato il soldi per il patto sulla salute con le Regioni”.
Dunque i soldi per ridurre le tasse, ad esempio l’Irap, ci sono; ma Tremonti li conserva in un salvadanaio onde finanziare il Federalismo fiscale.
A quanto pare, inoltre, ne è consapevole anche il Cavaliere (a detta de Il Giornale):
“Sul punto (il taglio dell’Irap, ndr) il Cavaliere è stato categorico, soprattutto dopo che gli hanno spiegato nel dettaglio perché per abbassare la pressione fiscale bisognava attendere “l’entrata a regime del federalismo fiscale”. Che, tradotto, significa la prossima legislatura, anno 2013”.
Immagino che ora, al lettore, sarà chiaro il perché del titolo di questo post. E perché, in altra occasione, qui si sia suggerito di rinviare, a tempi migliori, l’entrata in vigore del Federalismo fiscale.
D’altra parte, può essere utile un’ulteriore riflessione. La seguente.
Come s’è detto, per mettere all’opera il Federalismo fiscale occorrono 100 miliardi di euro, e per reperirli si devono risparmiare risorse economiche, altrimenti destinabili alla riduzione delle tasse in tempi brevi. Allo stesso tempo, si è visto come secondo i promotori della riforma, il risparmio che da essa potrà derivare al contribuente, non dovrebbe superare i 500 euro annui a famiglia.
Bene, facciamo due calcoli.
In Italia esistono 38 milioni di contribuenti. Se prendessimo i 100 miliardi di euro che servono per avviare il Federalismo fiscale, e li dividessimo tra coloro che lavorano e che pagano le tasse, ciascuno di essi potrebbe avere un bonus annuo (una tantum) di 1.000 euro per tre anni. Oppure un bonus di 2.000 euro per due anni, o ancora un bonus di 3.000 euro per un anno solo.
Ipotesi nefasta? Direi di no.
Ancora.
Sempre con i 100 miliardi di euro di cui sopra, anziché un bonus una tantum, si potrebbe finanziare un taglio strutturale delle tasse per 20 miliardi di euro annui per un intero lustro.
Naturalmente si tratta di “conti della serva”, e non di raffinate analisi da economisti.
E tuttavia, forse meriterebbero di essere presi in considerazione. Forse.
P.S.: Tremonti, ovviamente, sta risparmiando quattrini per il Federalismo fiscale, perché quest’ultimo è il prezzo che deve pagare alla Lega per ottenerne l’appoggio, quando si aprirà la questione della successione a Berlusconi alla guida del centrodestra.
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