Gen 10
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Il più pulito aveva la rogna
Giampaolo Pansa, Il Riformista:
“(…) Alla fine, gli unici partiti estranei al sistema di finanziamento illecito risultarono il Msi e i radicali. Non certo il Partitone Rosso, ovvero il Pci-Pds, allora guidato da Achille Occhetto.
In seguito, per anni e anni, i dirigenti di quel partito, e i giornali che li sostenevano, si affannarono a convincerci che le Botteghe Oscure e le loro strutture periferiche erano più bianche del bianco. Ma non era vero. Il Pci aveva sempre vissuto anche di fondi neri. Non alludo soltanto ai continui finanziamenti dall’Unione Sovietica. Parlo di vere e proprie mazzette, spesso molto consistenti.
E’ un fatto storico che Enrico Mattei, il presidente dell’Eni, finanziasse anche il Pci. Lo stesso fece il suo successore, Eugenio Cefis. Per concludere con l’Urss una trattativa sulla fornitura all’Eni di gas siberiano, nel dicembre 1969 Cefis si accordò su una tangente per il Pci di 12 milioni di dollari. Dopo un versamento al Bottegone di un milione e 200 mila dollari, il resto fu pagato dall’Eni in rate annuali. Su un conto cifrato in Svizzera.
Come vedremo, la faccenda dei conti elvetici del Bottegone emergerà di nuovo con Mani Pulite. Ma prima vennero a galla le tangenti incassate dal Pds per la Metropolitana milanese, mazzette da centinaia di milioni. Poi quelle pagate dalla Calcestruzzi del gruppo Ferruzzi per ottenere un appalto che riguardava l’Enel. Un miliardo e 250 milioni alla Dc e idem per il Psi. A quel punto anche il Pds pretese lo stesso bottino. E ricevette una prima rata di 621 milioni. Versata in Svizzera su un conto cifrato, con un nome in codice dal sapore domestico: “Gabbietta”.
Antonio Di Pietro chiese al capo della Calcestruzzi chi gli avesse indicato la banca e il conto cifrato. Lui rispose: Primo Greganti, già segretario amministrativo della federazione torinese del Pci e poi funzionario dell’amministrazione centrale del partito. Greganti, “il signor G”, venne arrestato, ma negò sempre: il conto Gabbietta era suo, non del Pds.
In seguito si scoprirono altri conti elvetici cifrati, maneggiati da dirigenti del Pci-Pds: il conto “Idea” e il conto “Sorgente”. Ma il Partitone Rosso fece orecchie da mercante. Nel febbraio 1993 Occhetto gridò: “Smentisco nel modo più categorico. Non abbiamo mai avuto conti in Svizzera!”. Lo stesso sostenne Max D’Alema il 28 febbraio: “Niente conti in Svizzera. E non ci risulta in nessun modo che noi abbiamo chiesto o fatto chiedere tangenti ad alcuno o che ne abbiamo intascate”. Poi D’Alema, per una volta fantasioso, parlò di provocazione e tirò in ballo i sempiterni servizi segreti nostrani (…).
Spero che le pochissime cose qui raccontate ci rammentino un vecchio detto: il più pulito ha la rogna (…)” (Giampaolo Pansa, Il Riformista).
Qualcos’altro va ricordato: il miliardo di lire della Tangente Enimont, ad esempio; ed il finanziamento illecito per il Pci percepito da Massimo D’Alema (quando era segretario regionale pugliese del partito).
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