Feb 10
15
Senza Ogm si uccide il made in Italy
Buona parte degli argomenti che vengono usati contro gli Ogm poggia su pregiudizi e superstizioni.
Pregiudizio è sostenere, ad esempio, la Natura sia benigna; ch’essa non possa nuocere all’uomo. Balle. Basti pensare agli uragani, ai tornado, ai terremoti, agli tsunami, alle eruzioni vulcaniche, alle esondazioni dei fiumi, alle alluvioni, alle carestie e via discorrendo. Tutta roba, diciamo così, “naturale”.
Oppure ci si può concentrare su altro: si può focalizzare l’attenzione sul nutrimento che Madre Natura ci offre. Si pensi al latte: senza pastorizzazione esso sarebbe altamente nocivo, ricco com’è di batteri. E ancor oggi, che pure giunge sulle nostre tavole solo dopo lunga “lavorazione”, esso non è affatto “benevolo”: il “latte intero“, ad esempio, è ritenuto cancerogeno da molti oncologi, Umberto Veronesi in primis; e l’unico che presenti rischi contenuti, per la nostra salute, è quello “interamente scremato” (così dicono molti scienziati, almeno).
Madre Natura, poi, produce batteri e parassiti che aggrediscono i frutti ch‘essa crea, per difendere i quali – onde cibarcene – siamo costretti ad usare pesticidi ed altri veleni. E chi magnifica la qualità dei prodotti – cossidetti – “bio”, quelli cioè che non sono sottoposti a trattamenti a base di fitofarmaci e sostanze chimiche analoghe, dimentica poi di raccontare che questi prodotti, in alcuni casi, sono ricchi di aflatossine altamente tossiche e cancerogene. I cibi biologici, quelli naturali, cioè, nuocciono – a volte – anche più di quelli che vengono su con i pesticidi.
Madre Natura è talmente poco benevola, poi, che provvede a far sì – ad esempio – che le foglie di basilico delle piante alte non più di 2-3 centimetri – e che usiamo per impreziosire il sapore delle nostre pietanze – contengano dosi massicce di metil-eugenolo: una robetta altamente cancerogena (come vedremo meglio di seguito).
Madre Natura è talmente poco benevola, inoltre, che nel corso di qualche decennio, nel nostro paese, ha distrutto diecine di varietà agro-alimentari. Quanti tipi di mele non esistono più? Centinaia. E sapete perché? Perché sono stati letteralmente killerati da microbi, funghi e batteri gentilmente offerti da Madre Natura S.p.A., la quale, in questa operazione di distruzione, è stata spalleggiata dagli psicotici superstiziosi anti-Ogm, che hanno impedito fossero operati “innesti genetici” su quelle varietà di mele onde salvarle.
Tutto ciò per dire che Madre Natura non è necessariamente buona; e ciò che l’uomo crea onde rimediare ai danni della stessa, come nel caso degli organismi geneticamente modificati, merita di essere considerato senza pregiudizi. E con spirito laico.
Per questa ragione, vi riporto un’interessante intervista rilasciata a Il Giornale dal biotecnologo vegetale – nonché ordinario di Botanica e di Biotecnologie vegetali presso l’Università Statale di Milano – Francesco Sala:
Che cos’è un Ogm?
«Un organismo in cui è stato introdotto stabilmente un frammento di codice genetico isolato da un altro organismo vegetale».
Solo vegetale? C’è molta informazione horror sugli Ogm, definiti cibi Frankenstein: il Dna dei topi nei carciofi, i geni dei salmoni messi nelle fragole per renderle più resistenti al freddo, il gene dello scorpione nel riso…
«Ribadisco: al 100% vegetale. Il resto è fantasia. Vero che fra uomo e scimmia vi è solo una differenza genetica dell’1,64% e che uomo e pianta hanno il 40% dei geni in comune. Ma sarebbe difficilissimo e costosissimo cercare altrove ciò che già si può trovare nel Dna delle piante. E comunque guardi che vegetale non è sinonimo di sano. Le faccio un esempio. Il basilico appena spuntato contiene metil-eugenolo, una sostanza estremamente cancerogena. Quindi chi volesse prepararsi un pesto alla genovese strappando le foglioline da una pianta alta 2-3 centimetri si esporrebbe a gravi rischi, visto che contiene 600 volte la dose massima consentita dalla farmacopea statunitense degli alimenti. Nel basilico alto 10 centimetri sparisce il metil è resta solo l’eugenolo, che è innocuo».
Perché decise di occuparsi degli Ogm?
«Per interesse intellettuale, non certo per soldi. E mi ritrovo a vivere, pensi che beffa, nell’unico Paese al mondo che ne abbia vietato non solo la coltivazione per scopi commerciali ma addirittura lo studio in campi sperimentali. Dal 1999 ci hanno bloccato i fondi per la ricerca. Intanto oltre 3 miliardi di individui producono e mangiano Ogm e 7 dei 27 Paesi dell’Unione europea li coltivano, la Spagna addirittura da un decennio».
I verdi dicono che così il Belpaese difende il cibo naturale.
«Non sanno di che parlano. Il pomodoro del loro orto è il risultato della ricerca fatta nell’ultimo secolo dai genetisti agrari italiani, che erano all’avanguardia nel mondo. Ficchiamoci bene in testa un concetto: le piante che crescono spontanee sono una cosa, quelle coltivate un’altra. Persino Giacomo Leopardi, nelle Operette morali, anno 1824, scriveva che “una grandissima parte di quello che noi chiamiamo naturale, non è, anzi è piuttosto artificiale” e citava “i campi lavorati, gli alberi e le altre piante educate e disposte in ordine”. I verdi questo non lo capiscono. Loro sostengono che siccome in Italia c’erano 400 qualità di mele, mentre adesso se ne contano tre o quattro, gli Ogm sarebbero il colpo di grazia alla biodiversità».
A me risulta che nel giro di un secolo siano scomparse 500 varietà di mele nel solo Piemonte: la grigia di Torriana, la runsé, la calvilla, la buras, la gamba fina…
«E viene dirlo a me? Ero riuscito a salvare il melo della Val d’Aosta, coltivato fin dal Medioevo e decimato dal maggiolino Melolonta melolonta che si ciba delle sue radici. Avevo introdotto nell’apparato radicale un gene che rendeva la pianta immune dal coleottero. Solo la radice, badi bene, era Ogm. Il tronco e il frutto non contenevano nessun gene esogeno. Niente da fare: le hanno considerate mele Ogm e quindi proibite».
Assurdo.
«Il consumatore compra solo le golden delicious e le red stark col bollino, che però subiscono 34 trattamenti chimici l’anno per risultare così belle e così sane. Si torna al punto di partenza: i prodotti tipici non sono affatto doni della natura. Il grano duro, il riso Carnaroli, la vite Nero d’Avola, il pomodoro San Marzano, il basilico ligure, la cipolla rossa di Tropea, il broccolo romanesco sono stati ottenuti con gli incroci e con la mutagenesi sui semi. La quale si fa con mutageni fisici, tipo le radiazioni nucleari e i raggi gamma, o chimici, tipo l’etil-metan-sulfonato e l’acido nitroso, che sono cancerogeni».
Che bisogno c’era?
«L’agricoltura è sempre stata protesa ad aumentare la produttività e a migliorare la qualità. Ma le varietà coltivate non durano in eterno. Vengono attaccate dai parassiti: funghi, batteri, virus, insetti. Oggi il 25% del raccolto di Carnaroli, il riso più pregiato, viene distrutto dal Magnaporthe grisea, un fungo che aggredisce foglie e pannocchia. Basterebbe inserire un gene che gli conferisca resistenza all’attacco fungino. Una celebrità nazionale come il San Marzano, indispensabile su spaghetti e pizza, rappresentava il 20% della produzione di pomodoro in Campania. Un virus l’ha distrutto. Oggi è sceso a meno dell’1%. Prima dei divieti del 1999 era stato sperimentato in campo un ottimo San Marzano Ogm che resisteva al virus. Si poteva salvarlo».
Che spreco.
«Niente a confronto con quello che è accaduto al golden rice, il riso Ogm del professor Ingo Potrykus, un mio caro amico tedesco che presentai a Papa Wojtyla e che ora siede nella Pontificia accademia delle scienze. Contiene la provitamina A che diventa vitamina A nel corpo umano. Mangiandolo, milioni di bambini africani potrebbero salvarsi dalla cecità. Ma i fondamentalisti di Greenpeace lo bloccano da dieci anni. Ingo ne ha 76. “Prima di morire, spero di vederlo in produzione”, mi ha detto. A un convegno ho chiesto a uno dei caporioni di Greenpeace per quale motivo fosse contrario. La risposta è stata: “Se apriamo a un Ogm, poi passano tutti”. Non gliene fregava niente che fosse un riso sicuro».
Chi può garantire che gli Ogm non facciano male?
«Non vi è un solo studio al mondo che documenti un presunto danno arrecato dagli Ogm. E per studio intendo la pubblicazione dei dati su una rivista scientifica qualificata, la loro discussione e la loro riproduzione in altri laboratori. Le rare ricerche che paventavano un qualche rischio non hanno mai superato il successivo stadio di validazione».
Non è un po’ poco?
«Aggiungo che nel 2001, dopo 15 anni di studi costati 70 milioni di euro, l’Unione europea ha emesso una nota ufficiale nella quale si afferma che l’indagine svolta da 400 gruppi di ricerca pubblici “non ha mostrato alcun nuovo rischio per la salute umana o per l’ambiente”, semmai “diventano sempre più evidenti i benefici di queste piante”. Il 93% della soia importata in Italia è Ogm, per cui latte, parmigiano reggiano, grana padano, prosciutto crudo di Parma, salumi e carni già adesso provengono da animali alimentati con soia geneticamente modificata. Allora perché rinunciare a una vite Ogm con un alto contenuto di resveratrolo, sostanza naturale che combatte l’aterosclerosi e protegge il cuore? Invece ci beviamo insieme col vino una spremuta di antiparassitari. Il futuro del cibo biologico è solo negli Ogm».
Ma così gli agricoltori dipenderanno per sempre dai brevetti della Monsanto, obiettano gli ambientalisti.
«Siamo seri. È dal 1945 che i contadini italiani comprano la semente dell’ibrido F1 dalla Monsanto piuttosto che dalla Syngenta. Mica per altro: produce il 30-40% di mais in più. I semi Ogm potrebbero benissimo provenire dalle università italiane, senza dover dipendere dall’estero. Io ci ho parlato con Hugh Grant, presidente della Monsanto. Mi ha spiegato che a loro interessano solo mais, soia, cotone e orzo Ogm, neanche il riso, perché, nonostante 3,8 miliardi di asiatici lo mangino, i volumi di esportazione sono troppo bassi. Le pare che le multinazionali investirebbero soldi sul miglioramento genetico del San Marzano?».
Presumo di no.
«Appunto. E infatti sono stati i nostri laboratori di ricerca molecolare a produrre e a sperimentare in campo 24 specie di vegetali Ogm resistenti a insetti, erbicidi, funghi e virus – dalla patata al ciliegio, dalla melanzana alla fragola – ai quali la Monsanto non sarà mai interessata. La verità è che le multinazionali traggono profitti enormi dal blocco degli Ogm in Europa, perché in questo modo possono capitalizzare i risultati delle loro scoperte e non devono confrontarsi con la ricerca pubblica. Quindi se io fossi Hugh Grant darei un premio al presidente della Fondazione diritti genetici, Mario Capanna, contrarissimo agli Ogm, che di fatto è il suo miglior alleato. Anche se fossi presidente della Bayer darei un premio all’ex sessantottino».
Con quale motivazione?
«Benemerito della chimica in agricoltura. Le statistiche parlano chiaro: gli unici Paesi dove da 10 anni sta diminuendo l’uso di fitofarmaci sono quelli che hanno introdotto gli Ogm. Viceversa, dove gli Ogm sono proibiti, il commercio di veleni è in costante crescita».
Ma lei, oltre che con Grant, ha mai provato a parlarne anche col ministro Zaia?
«L’ho incontrato solo una volta, otto anni fa. Mi ha chiesto a bruciapelo: “Ma lei è favorevole o contrario agli Ogm?”. Io sono favorevole alla scienza, gli ho risposto. Ne ho concluso che se il 60% degli elettori fossero favorevoli agli Ogm, anche i politici lo sarebbero».
Gli agricoltori contrari agli Ogm sono la stragrande maggioranza e non vogliono che i loro campi siano contaminati da coltivazione transgeniche.
«I dati che ho io dicono che il 50% è contro e il 50% è pro, se non altro perché un ettaro di mais Ogm rende 266 euro in più. A parte questo, una ricerca promossa da Gianni Alemanno, all’epoca ministro dell’Ambiente, avversario degli Ogm, dimostra che il polline del granoturco vola al massimo fino a 20-30 metri. Basterebbe una distanza di sicurezza di 50 metri per evitare qualsiasi commistione. Il polline di riso ha due ore di vita e non va oltre i 40 centimetri. Il camminamento fra una risaia e l’altra già impedirebbe lo scambio».
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