Venditori di fumo

Qualche mese fa ci veniva garantito che dopo il voto regionale il governo avrebbe affrontato le cosiddette riforme strutturali. Riforme, cioè, di cui il Paese ha assoluto bisogno per essere competitivo sul piano internazionale.

In un paese come il nostro che vanta primati negativi soprattutto sul versante economico – abbiamo il terzo debito pubblico al mondo e il più consistente d’Europa, il che ci costringe ogni anno a sprecare 80 miliardi di euro, che potremmo impiegare diversamente, per pagare interessi sul medesimo; una crescita modesta e sempre inferiore alla media europea da circa tre lustri; un sistema d’ammortizzatori sociali selettivo e non universalistico; una spesa pensionistica e sanitaria oramai fuori controllo ed insostenibile; un mercato del lavoro che discrimina i giovani e fa pagare loro la necessaria flessibilità di cui ha bisogno il sistema, e che accorda, però, un livello di protezione che non ha eguali nel mondo evoluto ai loro padri; un sistema economico ingessato da infiniti “lacci e lacciuoli” burocratici e legislativi che ne soffocano e frustrano le potenzialità (e tanto altro si potrebbe aggiungere) -, ecco, in un paese come il nostro, le riforme di sistema cui si dovrebbe mettere mano, e con assoluta urgenza, sono solo e soltanto quelle economiche. E solo di esse si dovrebbe parlare.

E invece, in questi giorni, si discetta d’altro: si parla di riforme costituzionali che di certo hanno rilevanza perché possono contribuire ad ammodernare il Paese, rendendone – ad esempio – più efficiente e spedito il processo di formazione delle leggi; e però agli occhi dell’opinione pubblica questo discutere di forma di governo, di semi-presidenzialismo à la francese, di Senato federale e di maggioritario a doppio turno, sembra null’altro che un esercizio di cazzeggio puro ad opera di un ceto politico viepiù autoreferenziale e lontano dai bisogni della gente. Questo pensano i cittadini, ed occorre tenerlo a mente.

E’ chiaro che affrontare il capitolo delle riforme istituzionali serva a radicare ancor più nell’opinione pubblica il convincimento che l’esecutivo in carica rappresenti per davvero il “governo del fare”. Il problema è che se fai cose semplici, cose che comportano nullo onere sociale o economico – perché difficilmente scontentano qualcuno – non stai facendo un beneamato cazzo di utile per la Nazione; e prima o poi il cittadino te lo farà pagare, e gli antiemorroidali – stanne certo – a quel punto non saranno bastevoli a lenire il tuo dolore.

L’esecutivo in carica, a causa dell’innumerevole quantità di socialisti e di catto-social-comunisti che siedono al suo interno, in 23 mesi non ha adottato nemmeno una – dicasi una – misura economica tipica di un governo di centrodestra: non ha privatizzato (il che avrebbe giovato – e di molto – ai conti pubblici, riducendo il nostro debito); non ha liberalizzato, e per di più ora minaccia di gettare alle ortiche le liberalizzazioni fatte da Bersani; non ha ridotto – ed in misura significativa – la spesa pubblica improduttiva, onde rendere meno pachidermico ed oppressivo il Leviatano; non ha introdotto provvedimenti atti a mettere in moto l’”ascensore sociale”, quali ad esempio l’abolizione del valore legale del titolo di studio; non ha abolito enti inutili quali le Province (la colpa è dei catto-comunisti della Lega), sebbene nel programma del Pdl fosse previsto, e tale mancata abolizione ha impedito al contribuente di risparmiare 10,6 miliardi di euro; non ha innalzato l’età pensionabile, e, stante il decremento del nostro Pil e la diminuzione del numero di occupati, è assai probabile che a partire dal 2015 l’Inps non abbia i soldi per pagare il vitalizio a chi è in quiescenza; insomma: a parte occuparsi di “questioni sicuritarie” – dal reato d’immigrazione clandestina al pacchetto sicurezza -, questioni facili da affrontare perché a “costo economico e sociale zero”, l’esecutivo in carica altro non ha fatto.

Ha venduto fumo. Ed ora, affrontando il capitolo delle riforme costituzionali, e solo questo, continua a venderne.

Inoltre, la riforma del prelievo tributario che Tremonti ha in mente – riforma che serve esclusivamente a spostare il carico fiscale dalle persone alle cose, dall’Irpef all’Iva, e non a ridurre l’ammontare complessivo delle tasse che il contribuente paga -, facendo crescere la “base imponibile” (il numero dei consumatori è più alto del numero dei contribuenti) incrementerà il gettito fiscale, le entrate dello stato, e, per questo tramite, gli consentirà di reperire buona parte dei 100-150 miliardi di euro che sono necessari a mettere all’opera il Federalismo fiscale; avendo già chiaro, il titolare di Via XX Settembre, che il Federalismo fiscale – la cui approvazione gli è indispensabile per ottenere dalla Lega l’investitura a futuro premier del centrodestra – è incompatibile con la riduzione delle imposte in questa legislatura: o fai l’una o fai l’altra cosa.

Ciò detto, non resta che mettere assieme 500 finanziatori (tra imprenditori e professionisti), onde reperire quei 5-10 milioni di euro che servono a creare – e a pubblicizzare in vista delle prossime Politiche – un nuovo e vero partito di destra: liberista, reaganiano e thatcheriano.

Ne riparleremo.

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14 Responses to "Venditori di fumo"

  • knulp says:
  • marco says:
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  • camelot says:
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