Tagliare la spesa pubblica. Si può fare, partendo da Sanità ed Enti locali
“La vera riforma di cui il Paese ha bisogno è un radicale ripensamento della spesa pubblica all’insegna di chiari principi liberali che rigettino logiche assistenziali, clientelari o demagogiche. Lo strumento per fare questo è una rilettura attenta, minuziosa, delle singole voci della spesa, fatta innanzitutto sulle relazioni della Corte dei Conti. Non servono invece i soliti indiscriminati tagli lineari alle tabelle del bilancio dello stato.
In questo contesto il federalismo fiscale è, almeno in astratto, un necessario momento di responsabilizzazione. Ma non possiamo attendere i tempi del federalismo fiscale per incidere su alcuni settori decisivi della finanza pubblica.
Uno dei capitoli di spesa che presenta maggiori anomalie è quello sanitario, di competenza regionale. Il vizio non sta nella competenza regionale, prova ne è che in Lombardia o in Emilia la gestione è efficiente, sta piuttosto nella inadeguatezza di certe classi dirigenti regionali del passato.
I dati sono impressionanti. Nel 2007 il governo Prodi dilapidò 12,1 miliardi di risorse pubbliche per ripianare il debito sanitario di cinque regioni. Scorrendo le relazioni della Corte dei Conti scopriamo che un pacco di cerotti è costato in Calabria 100 volte più della media nazionale, e una sacca per trasfusioni 4 volte che in Emilia. In una relazione della allora ministro Livia Turco si denunciava, sempre per la Calabria, l’anomalia di un ospedale con 12 posti letto e 325 dipendenti. In Campania arrivano più risorse pro capite per la sanità che in Lombardia, ma la sanità lombarda ha un indice di qualità pari a +0,9, la Campania a -1,4. Questa situazione si è determinata perchè alla autonomia di spesa non è corrisposta una adeguata responsabilità.
Aspettare ora 5 anni, tanti quanti necessitano al federalismo fiscale per funzionare, prima di intervenire incisivamente, fa correre il rischio che nel frattempo i costi storici delle regioni più indebitate siano diventati così elevati da rendere politicamente impraticabile tagliarli adeguandoli ai costi standard, che nel frattempo saranno di conseguenza comunque cresciuti. Negli ultimi 5 anni le spese per acquisti nella sanità sono infatti aumentate del 50% e a novembre sono stati stanziati ulteriori 4,5 miliardi di euro per ripianare i debiti delle regioni, in massima parte sul settore sanitario. Con i 12 miliardi di euro del 2007 si sarebbe potuto introdurre il quoziente famigliare e sarebbe stato possibile investire risorse importanti per finanziare ricerca e infrastrutture” (Giuseppe Valditara, continua su Generazione Italia).
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C’è da chiedersi chi si prenderà l’onore ma soprattutto l’onere (politico) di tagliare definitivamente il doppio legame che lega politica e spesa sanitaria in uno stato in cui i vertici delle aziende sanitarie fino ad arrivare ai primari dei reparti sono di nomina politica con tutto quello che questa situazione comporta.
Poi ci sono politici che finalmente coronano il sogno di diventare ricchi grazie alla sanità pubblica, dai Poggiolini e De Lorenzo di prima repubblicana memoria fino ai recenti scandali della sanità pugliese.
Insomma una lobby che sarà difficile sconfiggere.
Risposta ad Eternoliberale:
Per questo è una sfida che va vinta…