Qualcosa si muove nel Pd

Tre anni sono un lasso di tempo più che sufficiente per riuscire a risalire la china. A patto che, naturalmente, li si impieghi per correggere il passo e per prendere le distanze dalla fallimentare esperienza – culturale ancor prima che politica – dell’ultimo governo Prodi.

Il Pd non ha bisogno di un nuovo segretario, di un nuovo gruppo dirigente, di un nuovo assetto organizzativo: il Pd, prima di tutto, ha bisogno di un’identità, di un progetto, di un’idea di società di cui farsi promotore. Precisamente ciò di cui pare esser privo. Non a caso la migliore spiegazione del recente insuccesso elettorale del partito, è stata questa:

Forse non ci votano o non ci votano più semplicemente perché non sanno, votando noi, cosa votano” (Beppe Fioroni).

A Largo del Nazareno, tuttavia, qualcosa inizia a muoversi. E inizia a prendere corpo una diffusa consapevolezza. Così riassumibile: il Pd è percepito come il partito delle tasse e di chi ignora il problema dell’immigrazione clandestina; bisogna cambiare rotta.

Nicola Latorre:

La ricerca spasmodica di nuove forme organizzative è una risposta inadeguata, serve una svolta di fondo. Il Pd, che è nato per cambiare il Paese, ha fatto battaglie rispettabili, ma conservatrici”.

Dobbiamo avere il coraggio di dire che la pressione fiscale così alta e le modalità di riscossione vanno ripensate. E non possiamo più essere quelli che difendono lo Stato assistenziale”.

Enrico Letta:

La situazione è grave. Continua a non funzionare il nostro dialogo con la parte più produttiva del Paese (…)”.

Non funzionano le nostre parole d’ordine su fisco e immigrazione. Continuiamo a essere percepiti come il partito che non si preoccupa dei flussi migratori e che considera le tasse «bellissime»”.

Vinicio Peluffo, deputato lombardo del Pd:

“Dobbiamo darci un programma chiaro con il quale parlare ai cittadini”.

Partiamo dall’immigrazione. Noi diciamo sì all’integrazione e a una nuova legge sulla cittadinanza, ma dobbiamo anche dire che sui doveri non si transige. Chi sbaglia, insomma, paga”.

Sui temi prettamente economici, poi:

Partiamo dal welfare da riformare e adottiamo la risposta del professor Ichino, il contratto unico, che diventa con il passare dei mesi a tempo indeterminato, e supera la dicotomia tra lavoratori che hanno diritti e altri che non ne hanno. Ma sull’economia dobbiamo mettere dei paletti…”.

È ovvio che noi riformisti pensiamo alle riforme. Ma queste hanno un costo. Noi dobbiamo evidenziare con chiarezza che si fanno senza alzare le tasse e senza aumentare il debito pubblico. I nostri capisaldi sono la lotta all’evasione fiscale ed i tagli alle spese inutili”.

Magari gli esponenti del Partito democratico potrebbero anche dare una scorsa al manifesto del Labour presentato da Gordon Brown. In esso, infatti, sono contenuti spunti interessanti:

Poiché crediamo che venire nel Regno Unito sia un privilegio e non un diritto, romperemo l’automatismo fra la permanenza per un determinato periodo e la possibilità di ottenere la cittadinanza. In futuro restare qui dipenderà dal sistema a punti e l’accesso ai benefici sociali sarà progressivamente riservato ai cittadini britannici e ai residenti permanenti”.

I migranti che parlano inglese in modo fluente trovano impiego con maggiore probabilità e s’integrano più facilmente. Così renderemo il nostro test d’inglese più duro”.

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7 Responses to "Qualcosa si muove nel Pd"

  • Polìscor says:
  • camelot says:
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