Lug 10
17
Signori si nasce e cretini si muore
Berlusconi è all’angolo, su questo non ci piove. Ma la più parte dei suoi problemi non deriva dall’attuale – e avversa – congiuntura che vede indagati molteplici esponenti del suo esecutivo e del Pdl; né dalle scaramucce col Presidente della Camera.
I problemi di Silviuccio nostro dipendono da altro: dalla pessima politica economica che il suo ministro dell’Economia si ostina a fare. Una politica economica che nulla ha a che vedere con i principi del liberalismo. Una politica economica in tutto e per tutto eguale a quella del centrosinistra di prodiana memoria, e che per questo motivo è dannosa.
È dannosa sicuramente per il Paese perché non risolve alla radice i suoi problemi: un eccesso di spesa pubblica dovuto a 60 di politiche economiche cattocomuniste, keynesiane ed antiliberiste. Politiche che hanno prodotto il terzo debito pubblico al mondo (e che ci obbligano a pagare 78-80 miliardi d‘interessi all‘anno sullo stesso); che hanno indebitato 3 o 4 generazioni di figli; che hanno sempre lasciato i poveri in condizione d’indigenza, fornendo loro al massimo una cattolicissima elemosina; politiche che hanno ucciso – e continuano ad uccidere – il merito, ma hanno sempre fatto campare da Dio parassiti e mezze seghe; politiche che hanno affrontato la questione della flessibilità del mercato del lavoro facendola pagare solo ai figli; politiche che consentono ai baby papà di andare in pensione a 58 anni, e che tolgono ai figli il diritto di accedere un giorno alla quiescenza.
È dannosa, poi, la politica di Tremonti, per lo stesso Berlusconi. Lo abbiamo ripetuto diecine di volte, da quando ha preso avvio quello che abbiamo chiamato Golpe (il caso Noemi Letizia; l’affaire Patrizia D’Addario; le 5.000 foto di Zappadu; la sequenza d’inchieste giudiziarie mediaticamente amplificata oltre ogni ragionevole aspettativa): ci sono spezzoni dei cosiddetti Poteri forti, segnatamente gli imprenditori, che non possono permettersi di avere al potere un governo che non affronti le riforme di sistema e le priorità economiche del Paese.
Non possono permetterselo perché, stante l’attuale congiuntura economica, se il governo non raddrizza l’economia e modernizza la Nazione rivoltandola come un pedalino, si tornerà ai livelli pre-crisi tra 7-8 anni. E questo non è tollerabile: non può tollerarlo chi abbia perso il lavoro e in questo momento stia in mezzo ad una strada; non può tollerarlo chi stia finendo gli studi e si prepari ad entrare nel mercato del lavoro avendo come unico sbocco certo la disoccupazione; non può tollerarlo il mondo imprenditoriale che porta su di sé, per intero, il peso di un’immane crisi economica.
Per queste ragioni, chiunque ne abbia il potere da mesi lavora per defenestrare l’attuale esecutivo, onde sostituirlo con un altro che metta in agenda la ripresa economica e le riforme di cui il Paese abbisogna. Ma questo tentativo di “Golpe bianco” è dovuto all’inazione del governo. Se il governo ha un ministro dell’Economia che, unico al mondo, non fa nemmeno una cazzo di privatizzazione onde abbattere lo stock di debito pubblico (abbiamo 49,7 miliardi di euro di beni iscritti a bilancio, che a prezzi di mercato ne dovrebbero valere oltre 200), è chiaro che questo crei sgomento, incredulità, ed induca i “potenti” a chiedersi come fare per togliersi dalle palle un esecutivo tanto inutile e fancazzista.
Se il governo ha un ministro dell’Economia che, per mere ragioni egoistiche, e cioè per garantirsi la benevolenza della Lega onde ottenerne un domani l’appoggio per succedere a Berlusconi in qualità di Premier, pensa di attuare come unica riforma di sistema il Federalismo fiscale – la cui messa all’opera potrebbe costare più di 100 miliardi di euro (altri dicono 8); che potrebbe far crescere la spesa pubblica nel settore Sanità di 650 milioni all’anno; che di sicuro si tradurrà, per come è stato scritto, in una gragnola di nuove tasse per il Meridione d’Italia -, è normale che i “potenti” si pongano interrogativi su come disfarsi il prima possibile di chi non metta in agenda una riduzione della pressione fiscale; che è il vero cancro oppressivo del sistema-Paese.
Se il governo ha un ministro dell’Economia che non solo non fa una beneamata fava per rilanciare l’economia, ma è così folle da dire che “bisogna abbandonare l’ossessione della crescita”, è normale che qualsiasi persona sensata, avendone il potere, cerchi di adoperarsi perché il governo in carica cada, e al più presto.
E qui sta il punto: se Berlusconi facesse una politica economica seria, liberale, modernizzatrice e riformatrice, potrebbe continuare a dormire sonni sereni, perché avrebbe l‘appoggio incondizionato dei “poteri forti“; e quelli che nel Palazzo bramano disarcionarlo, la prenderebbero in saccoccia.
Ma il problema è che Berlusconi, una politica economica seria e liberale, non la fa: a causa di Tremonti e della Lega.
Ed è questa la ragione per cui continuerà ad essere attaccato in tutti i modi. Perché i “potenti” sanno come stanno i fatti:
“L’Italia, alla fine del secondo trimestre 2010, ha visto innalzarsi la stima delle sue probabilità di default al 15,5%, dal 9,7% di tre mesi prima. Ed è sesta nella graduatoria mondiale dei Paesi più a rischio. Come si possa raccontare alla gente, in queste condizioni, che i tagli sono cose da pazzi, è proprio cosa da pazzi. Ripeto: non sto parlando qui della logica lineare dei tagli della manovra, che ho molto criticato anch’io. Parlo dei tagli in quanto tali, quando in realtà ne occorrerebbero – rectius: ne occorreranno, con certezza – tre, quattro e cinque volte di più. Perché l’atmosfera di incertezza sui bond sovrani europei resta molto forte, come ammoniscono oggi il bollettino di luglio della BCE e Mario Draghi all’Abi“ (Oscar Giannino).
Naturalmente, se a Libero e a Il Giornale lavorassero persone serie ed intelligenti, e non degli eunuchi privi di sale in zucca, a Berlusconi consiglierebbero quanto qui gli si è suggerito: di cambiare politica economica.
Ma la coglionaggine abbonda, e Berlusconi ne perirà (per la gioia di chi vuole toglierselo dalle palle).
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