Piccoli Pavolini crescono
Berlusconi, in questa legislatura, ha commesso un’infinità d’errori: ha consentito alla Lega di spadroneggiare e di stabilire le priorità del governo; s’è rimangiato molteplici promesse elettorali, una su tutte quella di abolire le Province, per far contento il Senatùr; per la medesima ragione, dopo aver mobilitato il Pdl perché raccogliesse le firme utili a celebrarlo, non ha fatto campagna elettorale a favore del referendum Segni-Guzzetta, e il bipartitismo, nel nostro paese, è così morto in culla; ha voluto a tutti i costi rompere con Fini, pensando la cosa non gli avrebbe fatto perdere consensi e appoggi consistenti in Parlamento; non ha capito, in tempo utile, che il primo a volergli fare le scarpe era Tremonti, che, non a caso, ha redatto modeste quanto inutili finanziarie al solo scopo di logorarlo e fargli perdere consensi (cosa che puntualmente s’è verificata); s’è circondato, in ultimo, di una pletora di scimpanzé antropomorfi, per di più tutti settentrionali, cui difettano intelligenza, senno e furbizia, e a costoro ha demandato il compito di fornirgli consigli.
Consideriamone uno: Giorgio Stracquadanio.
L’uomo è letteralmente incomprensibile, sfugge a qualunque classificazione. Non è nemmeno chiaro se appartenga al genere umano. Ciò che è certo, tuttavia, è che quando parla non lo si capisce, e quelle rare volte che lo si capisce, si resta basiti e in preda a un dubbio: avrà alzato il gomito anche questa volta?
Celeberrima la sua sortita di qualche tempo fa, frutto – almeno si spera – di un grappino di troppo bevuto a pranzo:
“Se anche una deputata o un deputato facessero coming out e ammettessero di essersi venduti per fare carriera o per un posto in lizza non sarebbe una ragione sufficiente per lasciare la Camera o il Senato”.
Ancor prima s’era distinto per una dichiarazione da autentico statista, soprattutto perché massimamente adatta al tempo di crisi che viviamo:
“Credo che se lavorano e se si impegnano i parlamentari debbano essere pagati di più”. Come dargli torto.
Il Nostro, oggi, ne ha fatta un’altra: dalle pagine del Corriere della Sera, in un’intervista, ha lanciato una fatwa all’indirizzo di taluni ministri berlusconiani; rei, a suo avviso, d’essere pronti a tradire il gran capo di Arcore:
“Se i mie colleghi di partito provassero ad entrare in un bar, o a salire sulla metropolitana, capirebbero che il Cavaliere è ancora molto amato dalla gente”.
“Io gli sono estremamente fedele, come dovrebbero, però, esserlo tutti. E sa perché?”.
“Il Pdl altro non è che una protesi del Cavaliere”.
“Senza di lui il partito non esisterebbe. Tutti noi parlamentari non esisteremmo. Nessuno può pensare di esistere senza di lui”.
“Penso ad Angelino Alfano. Freddino, in effetti”.
“Molto più che defilato! Sembra un estraneo nel Pdl… Ma lo capisco: è giovane, intelligente, credibile, stimato. Sa perfettamente che, in un modo o nell’altro, saprebbe come riciclarsi”.
“Mariastella Gelmini e Franco Frattini. Prima hanno fatto i diavoli brigando di qua e di là, cercando insomma di convincere Berlusconi che un accordo con Fini fosse ancora possibile… Utopia pura, com’era chiaro. Ora invece se ne stanno un po’ in disparte. Ma pure loro…”.
“No, dico: dove vanno senza Berlusconi? Esistono senza di lui?”.
“La Prestigiacomo, ad esempio, ho l’impressione che sia indecisa tra il Pdl e Forza del Sud di Micciché”.
Ieri, poi, a lanciare un sinistro avvertimento ad un paio di ministri berlusconiani, aveva già provveduto un altro consigliere del Cav., Alessandro Sallusti:
“La maggior parte dei ministri è gente che ha vinto la schedina del Totocalcio senza nemmeno giocare. Sanno benissimo che non capita due volte nella vita di fare 13 e fanno di tutto per restare attaccati alla poltrona”.
“Siccome più di uno dice che la Gelmini e Frattini sarebbero disposti a un governo senza Berlusconi, il fatto di non smentire diventa automaticamente una cosa brutta e pericolosa. Un silenzio assenso“.
E tutto ciò va punito, perdinci bacco!
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