Studenti sui tetti a protestare, “baroni” in salotto a ringraziare

Iniziamo col dire che chi sta protestando in questi giorni contro la Riforma Gelmini, in nove casi su dieci di essa non sa un iota, un’acca. Niente di niente (con la sola eccezione dei ricercatori).

Proseguiamo col dire, poi, che i cosiddetti tagli ai finanziamenti all’Università, con la succitata riforma c’entrano come i cavoli a merenda: visto che sono stati introdotti dalla Finanziaria. Che è altra cosa.

Aggiungiamo, ancora, che coloro che nelle ultime ore sono saliti sui tetti di vari edifici per manifestare la propria avversione alla riforma, hanno fatto soltanto un favore ai “baroni” universitari. Saranno questi, infatti, a pagare in buona parte il costo della riforma.

Innanzitutto, perché essa introduce norme finalizzate ad espungere i satrapi dall’Università. In primis, ponendo un tetto alla durata del mandato dei Rettori, che potranno restare in carica per non più di sei anni e poi dovranno andare a casa (in base alle norme vigenti, invece, possono restare in carica a vita). In secundis, superando il meccanismo mafioso dei concorsi locali – quelli sempre pilotati e che alla fine favoriscono figli, mogli, amanti e amici – e istituendo, per il reclutamento degli “ordinari” e degli “associati“, una abilitazione nazionale.

Domanda: chi manifesta in piazza o sui tetti, in queste ore, è al corrente di tutto ciò? C’è da dubitarne.

Ancora.

La Riforma Gelmini impone ai docenti di dedicare più tempo agli studenti: almeno 350 ore, tra aula e ricevimenti in dipartimento, se si tratta di professori a “tempo pieno“; e almeno 250 ore nel caso di docenti a “tempo definito“. La stessa, inoltre, statuisce gli “scatti” stipendiali dei medesimi debbano essere legati al loro merito, e non all’anzianità di servizio. Per tale motivo, ogni tre anni ciascun docente sarà tenuto a rendicontare il proprio operato, e la sua produzione scientifica verrà vagliata dall’Anvur (l’Agenzia nazionale per la valutazione dell’attività di ricerca).

Veniamo, poi, all’attribuzione dei fondi per la ricerca: questi, in accordo con quanto richiesto da un senatore del Pd, Ignazio Marino, saranno distribuiti cercando di premiare i lavori di maggiori pregio. E la valutazione spetterà ad un’apposita commissione (e non più ai direttori dei singoli dipartimenti).

Quanto agli stanziamenti per il diritto allo studio e per il prestito d’onore, la Riforma introduce elementi fortemente meritocratici: gli studenti che riusciranno a laurearsi in tempo e col massimo dei voti, infatti, non saranno tenuti a rimborsare il prestito.

Anche in questo caso la domanda sorge spontanea: chi protesta in piazza o sui tetti, è a conoscenza di tutto ciò?

Veniamo, poi, al capitolo forse più spinoso, quello relativo ai ricercatori. Questi saranno assunti a tempo determinato per un triennio, rinnovabile per un altro ancora. E al termine dello stesso saranno sottoposti ad un vaglio per verificarne l’idoneità a divenire “associati” a tempo indeterminato. In caso di giudizio negativo, i ricercatori cesseranno di lavorare per l’Università.

Questa, in pillole, la Riforma Gelmini. Che di certo non rappresenta il “bene assoluto”, ma nemmeno qualcosa contro cui gli studenti dovrebbero scagliarsi (almeno a ragion veduta).

P.S. Consiglio di leggere questa intervista ad un ricercatore universitario che è anche elettore di sinistra.

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22 Responses to "Studenti sui tetti a protestare, “baroni” in salotto a ringraziare"

  • valerio says:
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