Dic 10
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Tredici giorni al redde rationem, tredici giorni al D-Day; e un’unica certezza: quand’anche Berlusconi dovesse riuscire a superare indenne l’ostacolo, per il Paese nulla cambierebbe in meglio. La politica economica del suo governo, infatti, seguiterebbe ad essere pessima ed inadatta alla fase di crisi che viviamo; e a farla da padrone continuerebbero ad essere gli spot, anziché i fatti.
I numeri, d’altra parte, parlano chiaro: la crescita della nostra economia, nel terzo trimestre 2010, ha subito un forte rallentamento attestandosi ad un +0,2%, contro il +0,7% riportato nello stesso periodo dalla Germania, il +0,8% conseguito dal Regno Unito, il +0,4% ottenuto dalla Francia. A fine anno, con ogni probabilità, il nostro Pil farà registrare una crescita complessiva (per l’intero 2010) dell’1%.
Anche il nostro tasso di disoccupazione peggiora: a ottobre ha raggiunto l’8,6%, il dato più elevato dal gennaio del 2004.
Questi risultati sono interamente imputabili alla politica economica dell’esecutivo, miope e nient’affatto liberale. Una politica economica di breve periodo e respiro che non punta al risanamento vero dei conti pubblici e al rilancio dell’economia; ma solo a “passare ‘a nuttata”.
Avremmo bisogno, all’opposto, di una politica economica che risolvesse strutturalmente i nostri problemi. E che perciò mettesse in agenda due tipologie di provvedimenti: privatizzazioni per ridurre in valore assoluto lo stock di debito e l’onere rappresentato dal pagamento degli interessi sul medesimo; e liberalizzazioni onde rilanciare l’economia e facilitare il riassorbimento della disoccupazione. Ma, ahinoi, Tremonti pensa ad altro (a misure recessive come il Federalismo fiscale); e quando sente parlare di privatizzazioni e di liberalizzazioni, neanche fosse un bolscevico, storce il naso (guardate questo video dal minuto 1.20).
E pensare che grazie a questo tipo di politiche, la Polonia, nel 2009, è stata l’unica nazione europea a registrare una crescita di quasi il 2%; e si prepara a chiudere il 2010 con aumento del Pil di oltre il 3%.
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