Feb 11
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Alla frutta
La politica, tutta, pare essere irrimediabilmente alla frutta: imprigionata in un labirinto onirico che sembra cibarsi di autoreferenzialità.
Si prenda il governo.
Domani dovrebbe presentare il fantomatico piano per la crescita che Berlusconi, qualche giorno fa, ha annunciato con una lettera apparsa su Il Corriere della Sera. C’è da aspettarsi qualcosa di utile per il Paese?
Purtroppo no. È facile immaginare, infatti, che alla fine la montagna partorirà il classico topolino; anche perché Tremonti, a quanto riferisce il quotidiano di via Solferino, ha imposto precisi paletti:
“(…) Liberalizzazioni, dunque, ma non nuove leggi e soprattutto senza nuova spesa pubblica (…)”.
Si dà il caso, però, che senza nuove leggi, così come senza esborso di danaro, non sia possibile varare alcuna liberalizzazione né tantomeno supportare, come Oscar Giannino erroneamente sostiene sia intenzionato a fare il governo:
“(…) Misure di finanziamento allo statuto della piccola impresa portato avanti in Parlamento in maniera bipartisan da Raffaello Vignali, l’ex leader della Compagnia delle opere. I premi fiscali a innovazione e ricerca, come quelli al sostegno del nuovo concetto di “reti di impresa” per superare i vecchi distretti, devono superare la strettoia del clic day che ha suscitato protesta e sconforto tra le aziende. Siamo nell’ordine di 1 miliardo di euro (…)”.
Il miliardo di euro cui fa riferimento l’eccentrico liberista, a quanto pare, semplicemente non esiste.
Dunque cosa si accinge a presentarci l’esecutivo?
Roba trita e ritrita.
Innanzitutto, il cosiddetto Piano per il Sud che già era stato prospettato il 26 novembre scorso: 100 miliardi di euro che dovrebbero essere impiegati per le reti infrastrutturali del Meridione; e che dovrebbero essere racimolati attingendo a fondi non spesi in passato e che, per qualche inspiegabile motivo, ora si dovrebbe riuscire ad utilizzare.
In secondo luogo, dovrebbe prendere corpo la cosiddetta Banca per il Sud. Un’idea che Tremonti coltiva da 2 anni e 9 mesi, da quando cioè il governo è in carica, e i cui contorni, e la cui utilità, al sottoscritto sfuggono. Speriamo soltanto non si tratti del solito baraccone assistenzialista primo-repubblicano.
In terzo luogo, e dopo numerosi fallimenti, l’esecutivo s’accingerebbe a riproporre il Piano casa. Di quale Piano casa si tratti, però, non è dato sapere (non l’hanno capito nemmeno i giornalisti che, in questi giorni, si son presi la briga di descrivere le intenzioni del governo). Si dà il caso, infatti, l’esecutivo in carica ne abbia varati due, egualmente fallimentari: con il primo avrebbe dovuto costruire almeno un centinaio di migliaia di alloggi popolari; con il secondo, invece, avrebbe dovuto incentivare, mediante parziali deregolamentazioni, ampliamenti delle cubature degli immobili e ristrutturazioni varie, onde garantire una ripartenza dell’economia e del settore dell’edilizia (da sempre traino della ripresa economica). E l’uno e l’altro (piano), ad oggi, non hanno prodotto risultati. Come si è premurato di ricordarci, pochi giorni or sono, Sergio Rizzo.
Il governo ha finalmente individuato una ricetta magica per far funzionare il Piano casa? Lo scopriremo nei prossimi giorni. Ci sia concesso, per intanto, di essere alquanto scettici al riguardo.
In ultimo, l’esecutivo Berlusconi dovrebbe presentare la proposta di modifica dell’articolo 41 della Carta, di cui Tremonti favella da svariati mesi; e che difficilmente, però, potrà tradursi in fatti: visto che novazioni alla Costituzione possono essere apportate soltanto a maggioranza qualificata dei 2/3 (e dunque con l’apporto dell’opposizione).
Questo è quanto? La “frustata all’economia” dovrebbe arrivare solo da questi modesti progetti, parte dei quali – è il caso dei due piani casa – ha già fallito, almeno sin qui?
E ancora. Non si prevede alcuna vera liberalizzazione, sul modello delle “lenzuolate” di Bersani, e alcuna privatizzazione?
A quanto pare, no. Nuove liberalizzazioni, se è vero quanto scritto dal Corriere della Sera (a proposito della volontà di non varare nuove leggi), non saranno adottate. Quanto alle privatizzazioni, poi, Tremonti non le ha mai volute (si veda questo video dal minuto 1.22), e men che mai le vuole adesso; visto che si potrebbe votare a breve e che le partecipazioni detenute dallo stato in alcune società – Eni, Enel e Finmeccanica, ad esempio – potrebbero essere utilizzate per dare poltrone ad amici e a “portatori di voti“. Lo ha raccontato, qualche giorno fa, Elisa Calessi su Libero (“Eni, Enel, Finmeccanica. Tremonti anticipa le nomine – Entro marzo Giulio vuole scegliere i manager di fiducia“):
“(…) Eni, Enel, Finmeccanica, Poste e Terna. I cda degli ultimi grandi colossi pubblici, la vera cassaforte dell’erario, scadono il 31 aprile. La torta è ghiotta. Ogni maggioranza aspetta con ansia questo momento. Si parla di almeno cento poltrone di prima fascia, più svariate centinaia a scendere. Tremonti, che come ministro dell’Economia vigila sulle nomine, aveva convocato una riunione sul tema il 9 aprile. La notizia (…) è che avrebbe mandato una lettera chiedendo di anticiparla di una ventina di giorni (…). Come mai questa fretta? Non si spiega se non con il calcolo che si possa andare al voto (…)”.
Quindi, altro che privatizzazioni d’Egitto: come prospettato nella lettera inviata al Corriere della Sera (e scritta da Giuliano Ferrara o da Renato Brunetta a nome di Berlusconi). Il governo non alcuna intenzione di abbattere il debito pubblico. Se ne impipa altamente. Come altrettanto altamente, è in re ipsa, se ne impipa della ripresa economica.
La ragione per cui Silviuccio nostro, su suggerimento di Ferrara e Brunetta, si sta dando un po’ da fare per sembrare interessato alla cosa pubblica, è solo questa: mostrarsi ancora vivo, politicamente parlando e nonostante sia uno zombie; e distrarre l’opinione pubblica dall’affaire Ruby. Niente in più, niente in meno.
Questo governo è alla frutta. Ha impostato una pessima politica economica, a causa di Tremonti e Bossi, e ora ne è schiavo. Nulla di significativo, e men che meno di liberale, potrà essere varato da qui fino alla fine della legislatura. Nulla. Tremonti ha già stabilito la road map per i prossimi anni. E all’interno della stessa c’è solo il Federalismo fiscale (e, forse, una riforma del prelievo tributario che, però, lascerà inalterata la pressione fiscale complessiva). Niente in più.
Liberi i gonzi, naturalmente, di pensare che le cose stiano diversamente.
Passiamo all’opposizione.
Se il governo è alla frutta, le varie forze che fanno parte della minoranza parlamentare stanno anche peggio: tanto che viene da pensare che, sotto sotto, lavorino per rafforzare Silvio.
Si prenda il Pd. Bersani, pover’uomo, ha carisma e appeal quanto mai inesistenti; e il dramma è che pare credere, invece, d’esserne quanto mai provvisto.
Ascoltarlo significa immergersi in una mondo del tutto surreale. Dove la realtà, quella che noi viviamo ogni giorno, si liquefa per lasciare il posto ad una dimensione esistenziale quasi sempre agreste; e dove a farla da padrone sono proverbi che rimandano a concetti ed esperienze ai più ignoti. Difficile è anche comprendere cosa dica, talvolta: diviso, com’è, tra un linguaggio fumoso da vecchio burocrate comunista, e il riferimento continuo a fatti e modi dire da uomo di provincia, che, soprattutto ai più giovani, paiono roba da marziani.
Anche quando dice cose abbastanza condivisibili vien difficile prenderlo in considerazione. E infatti nessuno lo fa. Nemmeno la stampa.
Con un Pd così, che non riesce ad entrare in contatto con il popolo e i suoi umori, è difficile immaginare che sia possibile un’alternativa all’attuale maggioranza parlamentare. In più, questo Pd è fottutamente pavido, timoroso. Come leggere, altrimenti, la richiesta – oscena – di una “santa alleanza” anti-Berlusconi?
Gli elettori premiano il coraggio e i progetti politici chiari. Non chi parla di piadine e di “emergenza democratica” (e che, magari, fa figure barbine portando in piazza un condominio: 9.000 persone su 48 milioni di elettori).
Quanto al cosiddetto Terzo Polo, c’è poco da dire: è un fantasma. È invisibile, inconsistente. Tanto è privo di proposta politica e di strategia.
Sono alla frutta, tutti.
E il Paese, intanto, va a puttane.
(Solo una tempesta perfetta potrebbe salvarci. E forse è all‘orizzonte).
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