Feb 11
20
Fini inciampa nei propri limiti
Difficilmente sarebbe potuta andare peggio. Difficilmente avrebbe potuto deludere di più. Ma, evidentemente, Fini ci si è messo di buzzo buono per far sì che un evento che avrebbe potuto lasciare il segno ed essere d‘importanza epocale, la nascita di un partito di vera destra liberale, risultasse alla fine null’altro che un flop di proporzioni storiche, soprattutto dal punto di vista mediatico. Perché questo è stato la Costituente di Futuro e Libertà, a conti fatti. E non certo per le defezioni che ad assise conclusa hanno iniziato a piovere copiose. Niente affatto. L’assemblea costitutiva di Fli è risultata complessivamente poco convincente perché il discorso del “gran capo”, che avrebbe dovuto tracciare l’identità e la strategia del nuovo soggetto politico, è stato modesto, retorico, banale, poco chiaro; privo di proposte concrete per il governo del Paese, e del tutto inadatto ad indicare tangibilmente in cosa e perché la nuova formazione dovrebbe distinguersi dal Pdl.
Innanzitutto, Fini ha forti limiti culturali, nonché intellettivi, e alla Costituente sono apparsi, ancora una volta, con imbarazzante evidenza: quando non fa ricorso agli slogan, quasi sempre gli stessi, è incapace di articolare un discorso che abbia spessore e che riesca a persuadere. È come il polistirolo, Fini: se prova a spingersi in profondità, “sott’acqua“, ne viene respinto e risale su con velocità inusitata. Ontologicamente impossibilitato a penetrare, a cogliere e fronteggiare la complessità del reale e a tradurla in pensiero politico.
Ciò premesso, vediamo di capire cosa è uscito dalla Costituente di Fli e, soprattutto, dalla concione del suo leader.
Futuro e Libertà, par di capire, dovrebbe essere un movimento politico che, al contrario della creatura berlusconiana, per usare il linguaggio di Fini, si caratterizzi per il rispetto delle Istituzioni e per un’anima accentuatamente legalitaria. Entrambi i tratti rappresentando null’altro che qualcosa di dovuto e di normale. La “regola”, potremmo dire. Dunque troppo poco per costituire l’Alfa e l’Omega di un partito: la sua identità.
In più, la declinazione in chiave legalitaria (o giustizialista?) della fisionomia di Fli, a conti fatti, pare null’altro che un banale e volgare espediente per colmarne il deficit di proposta politica: ci si presenta come vessilliferi del binomio “legge ed ordine“, a prender le distanze dal “mostro illegalitario” incarnato da Berlusconi, ed ecco che si può essere facilmente identificati e risultare per di più credibili senza nemmeno essersi presi la briga di proporre qualcosa di concreto per il bene del Paese. Apparentemente astuto e fruttifero. In realtà molto controproducente: la stragrande maggioranza dell’elettorato di centrodestra, infatti, prova una legittima ed in parte condivisibile repulsione nei confronti di qualunque discorso di matrice anti-berlusconiana; figurarsi, poi, per l’ennesimo – e tardivo – processo di “mostrificazione” del Cav.. Anche perché questi ha posto la prima pietra per l’edificazione del centrodestra, e l’elettore moderato, nonostante i suoi numerosi limiti e umani e politici, continua ad essergliene grato.
Un nuovo soggetto politico che volesse davvero rivolgersi all’elettorato di centrodestra, come Fini ha detto essere intenzione di Fli, dunque, tutto dovrebbe fare tranne che criminalizzare Berlusconi e prenderne, per di più neanche solo in parte, le distanze.
Eppure dalla Costituente di Futuro e Libertà sono emersi molti argomenti-manifesto contro il Cav.; sia pur espressi con toni, nella più parte dei casi, soft e poco “dipietreschi”. E invece Fini, parafrasando un vecchio motto, per riacquisire credibilità agli occhi dell‘abituale elettorato di centrodestra, avrebbe dovuto inscrivere nel Dna della nuova formazione politica, una mission ben diversa: “Né restaurare, né rinnegare. Ma continuare e rinnovare” il berlusconismo. La parte migliore di esso. Ovvero quella delle origini; quella della “discesa in campo”; quella della Rivoluzione liberale del ‘94.
Solo così, il suo progetto sarebbe potuto apparire “appetibile” e dotato d’appeal. Solo partendo dal riconoscimento del fondamentale ruolo politico che il Cav. ha avuto, e che ora non è più capace di avere, Fini, con il proprio discorso, sarebbe riuscito a riallacciare un dialogo con l’elettorato di centrodestra; dopo l’espulsione dalle file del Popolo della Libertà, e la campagna di fango e odio orchestrata ai suoi danni dagli house organ berlusconiani.
Fini avrebbe dovuto capire che un conto è l’astio, umano e politico, che egli è legittimato a provare nei confronti del Cavaliere (che a sua volta ricambia); e un conto, invece, è la trasformazione di esso in argomento politico o, peggio, in tratto identitario di un partito appena tenuto a battesimo.
Fini avrebbe dovuto usare la proverbiale freddezza che gli viene riconosciuta, per distaccarsi definitivamente dalle vicende traumatiche dell’ultimo anno, e per ricostruire un rapporto, oramai logoro, con gli elettori di centrodestra. Perché questo è il punto: da molti mesi, per colpe proprie e non solo per la character assassination che patisce ad opera di Libero e de Il Giornale, Fini viene percepito come alieno al centrodestra e ad esso ostile. E la Costituente di Fli sarebbe dovuta servire proprio a convincere l’elettorato moderato che le cose, invece, stanno diversamente: che Fini è nel centrodestra e in esso intende restare, e per di più con un programma che è più berlusconiano di quello che Berlusconi è riuscito ad attuare in questa legislatura. Rassicurazioni, queste, che Fini ha fornito, in verità; ma senza riuscire ad essere – anche solo sufficientemente – convincente.
E qui veniamo alle altre pecche della concione finiana.
Il Presidente della Camera, come detto in principio, ha forti limiti culturali. Quando si tratta di scandire slogan o d’infiammare la platea, è bravissimo. Un vero talento. Ma quando si tratta di scendere nel dettaglio; quando si tratta di provare a parlare di provvedimenti concreti; quando si tratta, insomma, di descrivere quello che si vorrebbe o dovrebbe fare per risollevare le sorti della Nazione, egli appare assolutamente vago e retorico. Non riesce a formulare nemmeno una proposta accurata. Fini non studia, questo è il problema.
E allora, invece di “parlare a braccio“, e tenuto conto dell’importanza dell’evento, egli avrebbe dovuto leggere un discorso scritto da altri; da uno o più ghost writer, onde presentare proposte credibili ed articolate. Soprattutto in materia economica. Ciò che più interessa agli elettori di centrodestra.
E invece, a parte qualche generico riferimento alla necessità di “aprire il mercato alla concorrenza”, da Fini non si è ascoltato nulla di tangibile ed interessante. Peggio: l’unica cosa concreta cui abbia accennato, è stata la frusta proposta di introdurre – su base volontaria – la compartecipazione agli utili d’impresa per i lavoratori dipendenti. Come se fosse una proposta da destra liberale, e non invece una roba talmente tanto di sinistra che nemmeno Bersani, al contrario dei socialisti Tremonti e Sacconi, si sarebbe azzardato a suggerire (cazzo!).
E qui arriviamo al vero nocciolo della questione. Fini, con il suo discorso, e ammesso che questa fosse la sua intenzione, non è riuscito a convincere l‘opinione pubblica di centrodestra, e men che meno il sottoscritto, che Futuro e Libertà incarnerà una destra liberale e liberista. Sì, ci sono stati gli ottimi interventi di Mario Baldassarri, di Benedetto Della Vedova e di Adolfo Urso (giusto per citarne alcuni); e tutti hanno avuto un forte connotato liberale (come era scontato che fosse).
Ma era al leader del partito, a Fini, che spettava il compito di indicarne, senza incertezza di sorta, l’identità. Era al leader del partito che spettava il compito di fugare i dubbi. Era al leader del partito, soprattutto, che spettava il compito di fare proposte concrete per il governo del Paese, non foss’altro per calamitare l‘attenzione dei media (che degli interventi “minori“ di un congresso di partito non si occupano mai). E questo non è avvenuto. Con la conseguenza che all’indomani della Costituente, non essendone emerso alcunché di significativo, la più parte dei quotidiani ha preferito occuparsi, quasi esclusivamente, della manifestazione femminista anti-Cav..
Possibile che Fini non fosse in grado di prevederlo? Possibile che un politico di lungo corso come lui non fosse in grado di capire che, stante la concomitante “adunata per la dignità della donna”, per ottenere l’attenzione della stampa e dell’opinione pubblica non c’era altra possibilità se non quella di lanciare forti proposte-manifesto?
Non posso crederlo. Se fosse così, dovremmo concludere che Fini non capisca una mazza di politica. Che sia un dilettante. Un pivello alle prime armi. O, peggio, una persona talmente presuntuosa da ritenere che qualunque cosa egli abbia a fare o a dire – anche la più banale, anche la più inutile, anche la più stolida -, la stampa non possa che riportarla perché l’ha detta o fatta lui. Neanche fosse un Re.
Le cose non stanno così, purtroppo per Fini. E per questo, in assenza di argomenti forti, i giornali e le televisioni hanno dedicato scarsa attenzione alla Costituente di Fli.
Morale della favola. Non sappiamo ancora cosa Futuro e Libertà intenda essere. Non abbiamo capito se abbia voglia d’incarnare una destra laica, liberale e liberista. Se abbia a cuore la riduzione delle tasse, il contenimento del peso dello stato, l’abbattimento del debito pubblico mediante privatizzazioni, il ricorso massiccio alle liberalizzazioni. Non abbiamo compreso, inoltre, quale futuro esso immagini per il Paese e per i giovani.
Non abbiamo capito, soprattutto, in cosa Futuro e Libertà dovrebbe distinguersi, fatta eccezione delle questioni attinenti alla legalità, da quel mostriciattolo social conservative, ovvero clerico-fascista (ovvero di centrosinistra moderato e demaistriano), che ha nome Popolo della Libertà.
E non lo abbiamo capito, a causa dei limiti politici ed umani di Gianfranco Fini.
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