Mar 11
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Ciao, Facci
Qualche giorno fa (il 24 febbraio), in un post intitolato “Travaglio, rinuncia alla prescrizione e fatti processare. Non fare come Andreotti, D’Alema e Berlusconi”, qui si scriveva:
“(…) Buffo, nevvero? Dalla sera alla mattina Travaglio sacramenta contro i politici che non vengono condannati in via definitiva grazie alla prescrizione; e lui, poi, che fa? Commette un reato, la diffamazione, e però evita di sporcarsi la fedina penale con una condanna definitiva, facendosi scudo della prescrizione. Neanche fosse Andreotti, D’Alema o Berlusconi.
Perché questo è il punto: la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 275 del 1990, ha stabilito che l’imputato possa rinunciare alla prescrizione (….).
E Travaglio, invece, come ha commentato la notizia?
«Che posso farci? Succede. Capita nelle migliori famiglie!».
Nient’affatto. Capita a chi abbia commesso consapevolmente un reato e non voglia farsi processare. Non certo ai galantuomini, alle persone perbene, che alla prescrizione rinunciano senza alcun problema. Essendo innocenti“.
E oggi Filippo Facci – su Libero – ha scritto:
“Marco Travaglio è un diffamatore salvato dalla prescrizione, quella stessa prescrizione contro la quale si è scagliato un sacco di volte: ma alla quale, ora, si guarda bene dal rinunciare nonostante la legge glielo consenta. Ecco, l’abbiamo scritto come avrebbe fatto lui, con la stessa grazia: anzi neanche, lui forse avrebbe aggiunto cose tipo «Travaglio l’ha fatta franca» o «fatti processare» o qualcosa del genere (…).
E un galantuomo – sempre per rifarci al linguaggio travagliesco – non rischierebbe di essere confuso con un Berlusconi o un D’Alema o un Andreotti, se si reputa innocente: rinuncerebbe alla prescrizione. Perché lui non lo fa? (…)“.
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