Vendola getta la maschera: resta comunista

Non che vi fossero dubbi sulla vera natura di Sinistra, Ecologia e Libertà; per carità. È che però, fino ad un paio di giorni fa, mancava la smoking gun: la prova provata che consentisse di asserire, con ragionevole certezza, che SeL è una formazione politica saldamente ancorata al comunismo (nonostante l‘abbandono della Falce e Martello).

Bene. La prova in questione è arrivata ieri l‘altro grazie a Vendola; che, parlando al Teatro Tenda di Roma, ha detto molte cose, finalmente abbastanza concrete, che consentono di collocare lui e il suo movimento politico al di fuori del perimetro del “socialismo democratico”. Vediamo quali:

«Dobbiamo rivendicare come moderno il ritorno dello Stato», perché «deve orientare, indicare qual è il destino sociale e produttivo di una società».

La crisi che abbiamo davanti non è solo economica ma è una crisi di democrazia nel presente e una crisi sociale che esploderà” (2).

Con il Pd non deve esserci equivoco: sul terreno del liberismo non ci avrete mai” (3), “perché il liberismo non è la medicina, ma è la malattia” (4).

Quindi per Vendola, il Trattato di Maastricht e tutti i limiti che pone, possono andare a farsi benedire: la spesa pubblica deve aumentare (“Dobbiamo rivendicare come moderno il ritorno dello Stato“); se questo produce deficit e quindi debito non è un problema; occorre ritornare alle politiche keynesiane, e fa niente che queste abbiano già prodotto circa 1.900 miliardi di euro di debito che in interessi ci costano 80 miliardi l’anno (che, se non avessimo quel debito, potrebbero essere impiegati diversamente: ad esempio per abbassare le tasse ai meno abbienti ed aumentare le “pensioni al minimo“).

Resta da capire, tuttavia, come mai Vendola nulla abbia avuto ad eccepire quando il governo Prodi – di cui faceva parte per il tramite di Paolo Ferrero: all’epoca suo collega di partito -, calò micidialmente l’accetta sulla spesa pubblica corrente (furono tagliati anche gli stanziamenti a favore della lotta contro l‘Aids nei paesi del Terzo Mondo); arrivando a ridurla, con ogni probabilità, molto più di quanto in questa legislatura non abbia fatto il governo Berlusconi; e premurandosi di aumentare solo quella per scopi militari (arrivata, all‘epoca, alla stratosferica cifra di 12 miliardi).

Quanto al liberismo: non sappiamo Vendola dove lo veda in Italia, francamente. Siamo un paese, ahinoi, che conserva intatte sacche di socialismo reale. D’altra parte, se così non fosse, non avremmo il terzo debito pubblico al mondo e il primo in Europa; e tassi di crescita che ci fanno essere, da un decennio, il fanalino di coda europeo. Mi pare evidente.

Quanto alla crisi economica, invece, è singolare che Vendola (ma lo stesso discorso potrebbe farsi anche per Bersani e Di Pietro) non pronunci nemmeno un mea culpa: si dà il caso, infatti, che il Belpaese sia entrato in recessione prima di qualunque altra nazione (nel secondo trimestre del 2008), vedendo al contempo aumentare la propria disoccupazione (nel primo trimestre di quello stesso anno), a causa delle scellerate politiche fiscali adottate dal governo Prodi (che portarono la pressione fiscale ad aumentare, in termini reali, di tre punti percentuali in due anni).

Proseguiamo con le sue parole:

Superare la dittatura del Pil come parametro di riferimento”, e riformare il Welfare non “togliendo ai padri per dare ai figli”.

Ecco, se si supera la dittatura – o come direbbe qualcun altro: l’ossessione (cit. Tremonti) – del Pil, è impossibile creare lavoro per chi oggi ne sia privo. Allo stesso tempo, se non ci si adopera per garantire elevati saggi di crescita del Prodotto Interno Lordo, è ben difficile che chi oggi abbia un contratto a tempo determinato possa vederselo trasformare in uno a tempo indeterminato. Ma a Nichi, che vive sulla Luna, evidentemente queste cose non interessano. Penserà, con ogni probabilità, che il lavoro cresca sotto i cavoli.

Quanto al fatto di riformare il Welfare senza togliere “ai padri per dare ai figli”, vuol dire due cose: la prima, è che Vendola è contrario a tutte quelle proposte di legge (anche del Pd) che, parificando in qualche modo padri e figli, consentirebbero a quest’ultimi di vivere senza più soggiacere alla “precarietà”; la seconda, è che Vendola è contrario alla creazione di un moderno sistema universalistico di ammortizzatori sociali che solo “togliendo ai padri”, con una nuova riforma che innalzasse l’età pensionabile, potrebbe essere finanziato. D’altra parte, parliamo della stessa persona che ha dato il proprio avallo alla controriforma delle pensioni (varata dal governo Prodi) con la quale si è consentito ai bambini di andare in quiescenza a 58 anni, e che al contribuente è costata 10 miliardi di euro; in parte reperiti, non a caso, aumentando il prelievo contributivo a carico dei giovani lavoratori parasubordinati.

Per concludere. Mi pare che tra le cose che sostenga Vendola oggi e quelle che sosteneva Rifondazione comunista tre anni fa, non ci sia alcuna differenza.

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9 Responses to "Vendola getta la maschera: resta comunista"

  • Marco Paperini says:
  • ruys says:
  • Claps says:
  • camelot says:
  • camelot says:
  • camelot says:
  • camelot says:
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