Giu 11
20
E si continua a prendere per il culo la gente
La Grecia è sull’orlo della bancarotta; da qui a qualche settimana potrebbe finire a gambe all’aria creando panico ed instabilità sui mercati internazionali (un nuovo effetto Lehman Brothers, secondo alcuni); il contagio, in quel caso – lo ha detto (salvo, poi, rimangiarsi tutto) il presidente dell’Eurogruppo, Jan-Claude Juncker -, potrebbe estendersi al nostro paese e al Belgio, prima ancora che alla Spagna (“Il fallimento della Grecia potrebbe contagiare il Portogallo e l’Irlanda e, a causa del loro elevato debito pubblico, anche il Belgio e l’Italia, prima ancora della Spagna”). Come se non bastasse, e dopo un’analoga valutazione da parte di Standard & Poor’s, Moody’s ha minacciato di rivedere al ribasso il rating del Belpaese perché quest’ultimo appare, allo stato, impossibilitato a fornire sufficienti garanzie di ripresa economica e di sostenibilità del debito pubblico.
Insomma, signora mia, mai come in questo momento va davvero di merda; e, ciò che è peggio, la nostra classe politica e quella sindacale se ne sbattono altamente. Al punto che formulano richieste e minacce come se nulla di quanto appena raccontato pendesse, come una spada di Damocle, sul nostro capo.
Si prenda la Lega Nord.
Ieri, a Pontida, è andata in scena una mezza farsa. Il leader del Carroccio, Umberto Bossi, infatti, ha sfoderato doti da gran paraculo democristiano, e, se da una parte ha rassicurato Berlusconi sul fatto di non essere intenzionato a far cadere a breve il suo governo, dall’altra ha avanzato richieste il cui mancato soddisfacimento, entro 180 giorni, avrà come effetto – è quanto ha lasciato intendere lo stesso Bossi – la prematura dipartita dell’esecutivo in carica. Insomma, il Senatùr ha dato, come usa dire, un colpo al cerchio ed uno alla botte. E nel fare questo ha dimostrato quanto modesto sia l’interesse che nutre nei confronti delle stesse genti padane.
Egli, infatti, ha sostenuto – come un Camelot qualsiasi – che il governo, nella persona di Tremonti, abbia sbagliato a “perseguitare” le partite Iva – segnatamente gli artigiani, i commercianti e gli industriali; che il titolare di via Venti Settembre mai avrebbe dovuto varare misure da stato di Polizia tributaria, anche peggiori – a suo dire – di quelle a suo tempo adottate dal Vampiro Visco; che le “ganasce fiscali”, che da qualche tempo Equitalia usa con troppa disinvoltura nei confronti del contribuente, mai avrebbero dovuto essere brandite contro l’italico ceto produttivo.
Belle parole; concetti più che condivisibili. Se non fosse, però, che il Buzzurro di Pontida, quelle misure le ha approvate senza battere ciglio e proferire verbo. Se solo avesse voluto, se solo avesse alzato la voce quando il socialista di Dio ebbe a presentarle al Parlamento, infatti, esse sarebbero rimaste lettera morta.
Piangere sul latte versato o, peggio, attribuire solo a Tremonti la responsabilità di quelle infami norme, è meschino e truffaldino.
Come meschino è ora chiedere al governo d’impegnarsi seriamente nella riforma fiscale: se fino a questo istante nulla si è potuto fare in proposito, infatti, è anche perché l’esecutivo è stato impegnato, da sera a mane, a reperire svariati miliardi di euro onde mettere all’opera il costosissimo – oltreché fiscalmente assassino e macroeconomicamente recessivo – Federalismo fiscale leghista (il cui battesimo potrebbe arrivare a richiedere un esborso di 100 miliardi di euro). L’intera politica economica del governo Berlusconi, sin qui, è stata subordinata al raggiungimento di tale unico obiettivo. Se la Lega si fosse comportata seriamente; se dal primo giorno della legislatura avesse capito che, data la congiuntura economica internazionale, l’avvio del Federalismo fiscale avrebbe dovuto essere procrastinato onde privilegiare la riduzione della pressione fiscale e la ripresa economica, ora, il centrodestra, non si troverebbe a leccarsi le ferite e a recitare il de profundis (e il Paese crescerebbe decisamente più di quanto non faccia in questo momento). Era ovvio che non si potesse al contempo ridurre la pressione fiscale e spendere più soldi per mettere in moto il Federalismo fiscale. Ma la Lega se n’è fottuta! Doveva portare a casa quella riforma, onde esibirla come trofeo di caccia alla propria “base”, e non ha sentito ragioni.
Allo stesso modo, venire a chiedere ora al governo d’intervenire per abbattere i costi della politica (lo ha fatto ieri il Senatùr a Pontida), quando la Lega si è opposta, con virulenza degna della peggior Democrazia cristiana e per un triennio, all’abolizione delle Province (che avrebbe portato alle casse dello stato almeno 2 miliardi di euro), è qualcosa di francamente indecente. È un oltraggio che dimostra quanto Bossi e i suoi giochino a fare i froci con il culo degli altri!
Cosa, quest’ultima, che fanno in troppi, in questo paese. Anche i sindacati.
La Cisl, infatti, dopo aver imposto al governo l’adozione delle summenzionate misure da stato di Polizia tributaria – lo ha raccontato sere fa ad Otto e Mezzo, addirittura vantandosene, lo stesso segretario generale Raffaele Bonanni -, ora minaccia d’indire uno sciopero generale in caso di mancata approvazione, da parte dell’esecutivo, della riforma fiscale di cui si discute in questi giorni; e per finanziare la quale, e qui veniamo alla presa per il culo, il segretario generale della Cisl, tra le altre cose, ritiene necessario “aumentare l’Iva sui beni di lusso” (lo ha dichiarato a Napoli); ovvero, e come precisa il Corriere della Sera, “il numero uno della Cisl si dice favorevole all’ipotesi dell’incremento di un punto percentuale dell’Iva (una delle possibilità a cui starebbe lavorando il governo), ma esclusivamente per l’aliquota più alta, dal 20 al 21% riservata ai beni di lusso da cui, dice, si potrebbero ricavare 7 miliardi di euro (…)”.
Ecco, forse qualcuno dovrebbe spiegare a Bonanni che in Italia, oggi, non risulta esistere una specifica aliquota Iva sui beni di lusso; che nel nostro paese essa fu soppressa, su richiesta della Comunità europea, nel lontano 1992/1993 (quando era pari al 38%); che l’aliquota che propone di alzare, quella generale del 20%, si applica ad un’infinità di beni e servizi di cui beneficiamo tutti, ricchi e poveri: dalle bollette del telefono a quelle del gas (sopra un certo consumo); dalle spese per il veterinario a quelle per l’abbigliamento. Aumentarla, produrrebbe effetti dannosi innanzitutto per le tasche dei contribuenti meno abbienti:
“Spesso si è parlato di aumentare l’aliquota generale dal 20% al 21%, oppure di alzare le aliquote ridotte, o ancora di spostare alcuni beni e servizi da un’aliquota all’altra”.
“In realtà ognuno di questi interventi produrrebbe effetti diversi. In generale, comunque, si avrebbe un effetto redistributivo perverso, perché in proporzione sarebbero colpite maggiormente le classi a reddito più basso. E visto che l’Unione Europea ci vieta di creare nuove aliquote, applicando ad esempio un’Iva più alta sui beni di lusso, Tremonti dovrebbe intervenire sulle aliquote esistenti: aumenterebbero il gas, l’elettricità, le spese telefoniche. Una stangata per buona parte della popolazione” (Alessandro Santoro, docente di Scienza delle Finanze all’Università di Milano – Bicocca).
Di cosa parla Bonanni? È mai possibile che in questo stramaledetto paese non esistano persone serie e che tutti, per meschine ragioni opportunistiche, non facciano altro che prendere per i fondelli la gente?
L’unica proposta sensata che in questo momento la classe dirigente (tutta) del Paese dovrebbe formulare – data l’imminente crisi greca e la necessità di far fronte ad una manovra correttiva di 40-55 miliardi di euro per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014 -, è quella di dar vita, per il bene stesso della Nazione, ad un esecutivo tecnico appoggiato da tutte le forze parlamentari; un esecutivo, cioè, che varasse quelle riforme strutturali – riduzione in valore assoluto della spesa corrente; aumento dell’età pensionabile; contrazione della spesa sanitaria; privatizzazioni e liberalizzazioni “a manetta” – di cui abbiamo assoluto bisogno – per mettere i conti a posto, una volta e per sempre, e rilanciare l’economia – e che i “governi politici“, di centrodestra o di centrosinistra, per pavidità o altro, non sono capaci di fare.
Di questo avremmo bisogno. Non dell’oscena e truffaldina demagogia dei Bonanni e dei Bossi di turno.