Giu 11
25
A scanso di equivoci. Il sottoscritto non ricopre, né mai ha ricoperto o ricoprirà, incarichi elettivi; né percepisce, ha mai percepito o percepirà, vitalizi legati a tali incarichi. Ciò premesso, arriviamo al dunque.
Tremonti, ieri, ha annunciato alcune misure che dovrebbero essere contenute nella prossima Finanziaria. Tra esse spiccano quelle finalizzate a tagliare i costi della politica. In particolare, il titolare di Via Settembre, almeno a chiacchiere, sembrerebbe intenzionato a fare quanto segue: abolire i vitalizi parlamentari; dare un gito di vite ai finanziamenti ai partiti, alle auto blu, ai voli di stato; ridurre, adeguandoli alla media europea, gli “stipendi” dei parlamentari, dei consiglieri regionali, provinciali e comunali. Insomma, parrebbe propenso a varare provvedimenti anti-Casta onde rendere socialmente accettabili i più che corposi tagli alla spesa pubblica che dovranno essere adottati per consentire al nostro paese di raggiungere, entro il 2014, il pareggio di bilancio.
C’è una misura, però, che ad avviso del sottoscritto rischierebbe di produrre danni, più che benefici, se fosse adottata: quella riguardante la diminuzione dello stipendio dei politici.
Se è vero, infatti, che i nostri parlamentari guadagnano molto più dei loro colleghi europei (all’incirca il doppio), è altrettanto vero che la stragrande maggioranza degli italiani, parlamentari inclusi, ha un’inguaribile attitudine a delinquere che non ha eguali al mondo. Cosa intendo dire?
Che è meglio, forse, pagare un po’ di più i nostri politici che offrire loro il pretesto – o la tentazione – per darsi alla pratica delle mazzette, delle tangenti, onde rimpinguare la paga mensile. Più basso è il compenso di un politico, infatti, più alta è la probabilità che rubi. Almeno in questo paese.
Inoltre, se è indubbio che i parlamentari e i consiglieri regionali guadagnino vagonate di danaro (e nel loro caso sia giusto utilizzare le forbici), non altrettanto può dirsi per gli assessori e i consiglieri comunali; i cui emolumenti, tutto sommato, sono contenuti.
Ad esempio, nella mia città, Napoli, e stando ai dati che ho trovato in Rete, gli assessori che non siano anche consiglieri comunali (e che, immagino, non abbiano altre entrate), percepiscono 24.559,50 euro lordi annui. Netti fanno 19.197,79 euro. È una somma ingente? Non credo.
Quanto al compenso dei consiglieri comunali, riporto quanto ho trovato sul blog di un ex amministratore capitolino, Eugenio Patanè:
“(…) Per i consiglieri comunali non c’è una retribuzione mensile adeguata, ma si paga a gettone di presenza e la legge dice che in qualsiasi caso i gettoni per ogni mese non possono superare il numero di 25 (in alcuni casi è permesso il 26° gettone pagato 1/4 di meno rispetto agli altri 25). Dunque, se anche venissero convocate 50 o 70 o 100 sedute tra consiglio e commissioni (ed è capitato), il rimborso è sempre equivalente a sempre 25 sedute. Se invece stai male per un mese perchè ti sei rotto una gamba, e non vai in aula o in commissione, non percepisci nessun gettone. L’ammontare complessivo dei 25/26 gettoni era fino al 2005, circa 2500€. Poi, quando sono diventato consigliere io nel 2006, è diminuito, ed ho percepito mensilmente partecipando a tutte le sedute di consiglio circa 2.181€ al mese. Con la finanziaria 2007 dal primo gennaio 2008 il valore dei gettoni è ulteriormente diminuito fino ad arrivare agli ultimi due mensili che ho ricevuto di gennaio e febbraio 2008 pari a 1.582€ complessivi. Ovviamente questi sono soldi al netto della ritenuta d’acconto del 20%, ma poi sopra ci devi pagare le altre tasse (Irpef, etc), quindi te ne restano ancora di meno. Inoltre questi soldi sono moltiplicati per 12 mesi all’anno (se non ti ammali e tutto va bene), e non hai ne tredicesima, nè quattordicesima (…)”
“Ma soprattutto ciò che mi sembra sbagliato, non è che gli anni di consigliere non diano diritto alla pensione come i parlamentari (…), quanto che addirittura neanche valgano ai fini pensionistici perché non è previsto il pagamento di contributi! Dunque i consiglieri comunali non hanno neanche i diritti fondamentali di un lavoratore normale. Oltretutto, e concludo senza addentrarmi nelle vicende tecniche, tutte le attività inerenti alle funzioni di consigliere comunale al di fuori delle sedute di commissione o consiglio non vengono retribuite: per andare in commissione o in consiglio si spende tempo a studiare ma nessuno lo paga e nemmeno lo rimborsa, per votare consapevolmente una delibera si devono fare sopralluoghi (…) ma nessuno li paga e nemmeno li rimborsa, se si deve fare una riunione con gli assessori o con il proprio gruppo consiliare nessuno la paga e nemmeno rimborsa, se si deve assistere ad un consiglio municipale nessuno lo paga e nemmeno rimborsa. E cosa ancora più abominevole: tutte queste attività inerenti la funzione di consigliere comunale ma non retribuite non costituiscono (se tu sei dipendente di una società o di altro ente) neanche motivo per ottenere un permesso di lavoro: per cui teoricamente il paradosso è che neanche sarebbero consentite (…)”.
Ecco, non credo che 1.582 euro mensili rappresentino una somma da nababbi. E penso che se tale importo dovesse essere ridimensionato, si andrebbe incontro a seri rischi: più corruzione e più mazzette.
È auspicabile tutto ciò? Credo proprio di no.
C’è da considerare, poi, un altro aspetto nient‘affatto irrilevante. Un compenso troppo basso potrebbe scoraggiare la partecipazione e l’impegno politico delle persone non agiate. Se sei ricco, e hai un lavoro autonomo, infatti, puoi permetterti di introitare anche molto meno di 1.582 euro mensili per quattro anni. Viceversa, se sei un impiegato e hai pure una moglie e due figli a carico, magari sei portato a lasciar perdere l’impegno civile. Perché sì, la politica sarà pure un servizio reso alla comunità. Ma se non ti dà a sufficienza per dare di che mangiare ai tuoi figli, non puoi permetterti di farla. Mi pare ovvio.
Inoltre, ad occhio e croce, il risparmio che deriverebbe da tutte le misure anti-Casta ipotizzate da Tremonti, è probabile si aggiri attorno a 1-1,5 miliardi all’anno (l‘abolizione dei vitalizi parlamentari, ad esempio, dovrebbe far risparmiare 200 milioni). Non un importo stratosferico, insomma.
E qui sta il punto. Abbiamo un debito pubblico di 1.900 miliardi che ci costa, in interessi, 78-80 miliardi l’anno (quasi il doppio del valore della prossima Finanziaria). Per ridurlo c’è da fare solo una cosa: privatizzare tutto il privatizzabile (lo stato, è bene ricordarlo, possiede beni e partecipazioni societarie del valore di almeno 360 miliardi). Solo in questo modo è possibile contrarre l’immensa spesa, per interessi, che siamo costretti a sobbarcarci ogni anno; e ridurre il rischio default che grava anche su di noi. Ma Tremonti di questo non vuole nemmeno sentir parlare.
Allo stesso modo, se si volesse ridurre significativamente i costi della politica, e al contempo diminuire la pressione fiscale e la burocrazia gravanti sui cittadini e le imprese, più proficuamente si potrebbe abolire le Province (con un risparmio di almeno 2 miliardi di euro). Ma, anche in questo caso, Tremonti fa orecchie da mercante.
Ecco, la sensazione è che le summenzionate misure anti-Casta vengano prese in considerazione più per un fatto simbolico, e per rendere socialmente accettabili i tagli della prossima manovra economica, che non per la loro effettiva capacità di contrarre i costi dello stato e migliorare la situazione complessiva del Paese. Perché se queste fossero davvero le priorità del governo, come detto, nella legge Finanziaria troverebbero spazio anche le privatizzazioni.
P.S. A proposito di Province: Federalismo, un salasso sull’auto.