Più Iva e tre aliquote sui redditi: la bozza di riforma fiscale

È solo una bozza, precisiamolo subito, e non è affatto detto sia quella definitiva (infatti, prima di questa, ne abbiamo già lette altre due). Ad ogni modo, l’Ansa ha anticipato, a grandi linee, quella che dovrebbe essere la riforma fiscale targata Giulio Tremonti. Vediamone i pochi dettagli trapelati.

Gli scaglioni Irpef (Ire) dovrebbero passare dagli attuali 5 a 3. Più precisamente, si dovrebbero avere tali aliquote: al 20, al 30 e al 40% (in luogo delle 5 oggi in vigore: al 23, al 27, al 38, al 41 e al 43%).

Allo stato, però, non è dato sapere a quali livelli di reddito verranno associate le singole aliquote (ad eccezione della prima cui, con ogni probabilità, dovranno soggiacere i guadagni fino a 15.000 euro). Così come si ignora dove verranno reperite le risorse per finanziare i tagli. Si sa soltanto che parte della copertura economica dovrebbe derivare dall’incremento dell’Iva, la cui aliquota ordinaria – che si applica a buona parte dei beni di consumo e alla bolletta del telefono e a quella del gas (sopra un certo consumo) – passerebbe dal 20 al 21%, mentre quella preferenziale – oggi applicata al turismo e alle bollette dell’energia e del gas (sotto un certo consumo) – salirebbe dal 10 all’11%. In più, sempre l’Ansa ci comunica cheviene anche prevista l’abolizione dell’Irap a partire dal 2014” (ma è una promessa da marinaio: l‘imposta, infatti, frutta 40 miliardi di euro l‘anno ed è praticamente impossibile ridurla a zero).

Ciò detto, possiamo formulare qualche modesta considerazione. La prima, è che la sola riduzione dell’aliquota Irpef più bassa, dal 23 al 20%, dovrebbe costare 13,7 miliardi di euro. Mentre l’innalzamento dell’Iva ne dovrebbe far recuperare 6,7 (quasi certamente, poi, si procederebbe anche all’armonizzazione del prelievo sulle rendite finanziare, titoli di stato esclusi, che dovrebbe consentire di introitare 1,7 miliardi; e alla decurtazione del numero di detrazioni e deduzioni, che alle casse dello stato ne dovrebbe portare altri 5). La seconda, è che l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto provocherebbe danni nefasti all’economia perché scoraggerebbe, ancor più, i consumi (già stagnanti); e aggraverebbe la condizione economica, già difficile, delle famiglie ad elevata numerosità – quelle che devono sfamare parecchie bocche -, e dei cosiddetti incapienti. La terza, è che il combinato disposto di ingenti tagli alla spesa corrente, previsti nella Finanziaria e già di per sé recessivi se non debitamente “sterilizzati”, e incremento dell’Iva avrebbe un effetto depressivo notevole sul nostro Pil.

Il Paese ha bisogno di una riforma fiscale, questo è certo, ma va finanziata tagliando la spesa pubblica e non aumentando l’Iva; e deve poi ridurre la pressione fiscale complessiva, non lasciarla immutata (cambiando tutto perché nulla cambi).

Altrimenti è solo una presa per i fondelli (l’ennesima).

P.S. Anche in questo caso Tremonti s’è fatto dettare l’agenda economica dalla Cisl e dalla Uil (entrambe favorevoli all’aumento dell’Iva). Scandaloso.

Ascoltate questo intervento di Mario Baldassarri.



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