Bersani spieghi come farà a governare coi comunisti, visto che la Bce chiede politiche liberiste

Forse gli elettori del Pd meriterebbero un po’ più di considerazione e di rispetto, da parte di Bersani. Forse sarebbe giusto raccontare loro un po’ di amare verità: e cioè che se il partito dovesse riuscire a vincere le prossime elezioni, cosa più che probabile allo stato, dovrebbe attenersi scrupolosamente ai desiderata della Banca Centrale Europea; predisporre piani di privatizzazione delle municipalizzate; affrontare la spinosa questione dell’innalzamento dell’età pensionabile; adoperarsi per rendere più contendibile, in entrata e (soprattutto) in uscita, il mercato del lavoro (il che vuol dire: derogare all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori); seguitare a tagliare massicciamente la spesa pubblica corrente; mandare in soffitta qualunque velleità vetero-keynesiana (si veda alla voce: deficit spending), lavorando, di concerto con le forze del centrodestra, per introdurre in Costituzione l’obbligo di pareggio di bilancio (accompagnato, come richiesto da Trichet e Draghi, da “una clausola di riduzione automatica del deficit che specifichi che qualunque scostamento dagli obiettivi di deficit sarà compensato automaticamente con tagli orizzontali sulle spese discrezionali”).

Insomma: forse sarebbe opportuno che Bersani chiarisse ai propri elettori che, ove mai gli toccasse in sorte di mettere piede a Palazzo Chigi, non potrebbe fare altro che adottare le succitate misure liberiste (e cioè di destra). Perché queste servono ad un paese come il nostro che, in sessant’anni di Repubblica, e un po’ come la Grecia, ha solo e soltanto conosciuto “l’economia di Piano”, il socialismo reale, l’espansione continua dello stato, la crescita smisurata della spesa pubblica e del debito – d’altra parte non ci troverebbe nella condizione in cui siamo, con gli investitori esteri convinti che noi non si abbia la possibilità di ripagare il nostro debito (che ammonta ad oltre 1.900 miliardi di euro), se lo stato da tempo si fosse ritratto e avesse lasciato spazio e libertà all’economia privata.

Forse Bersani dovrebbe anche chiarire, innanzitutto a se stesso, come potrebbe mai governare la Nazione in coalizione con chi, Vendola, ancor oggi esprime posizioni comuniste; completamente scollato dalla realtà, seguita a sostenere pertinacemente la necessità di un rilancio dell’intervento statuale in economia – come se questo non fosse praticamente vietato dall’Ue, e l’Italia non si trovasse nella situazione in cui è, soffocata da una pressione fiscale oltremodo elevata che ne frena la crescita economica, proprio perché l’intervento dello stato è già oltremodo ed indebitamente consistente (con una spesa pubblica che arriva a superare gli 800 miliardi e a pesare per il 52% sul Pil); con chi, sempre Vendola, ancora, evidenziando un’assoluta malafede, o un’imbarazzante ignoranza, è arrivato a postulare che se la Grecia si trova nella condizione in cui è, la colpa sia da attribuirsi alla Bce (“Le ricette di questi signori hanno fallito e la Grecia lo dimostra”) – quando invece, se avesse avuto l’umiltà di documentarsi, di leggere ad esempio il libro scritto su questo argomento dal giornalista greco (in forze, tra l’altro, a Il Manifesto) Dimitri Deliolanes (Come la Grecia, Fandango libri), avrebbe scoperto che i problemi di quel paese dipendono da un sistema economico follemente statalizzato, in cui “dei 2 milioni e 700 mila lavoratori dipendenti, quasi la metà lavora per lo stato” (ibidem, p. 58), e soprattutto dal fatto che i suoi governanti abbiano truccato i conti pubblici, nascondendo poste passive di bilancio (ibidem, p. 27), e comunicato alla Ue dati falsi sul deficit del 2009 (fu detto che si sarebbe fermato allo 0.8% del Pil, e invece in quell’anno arrivò al 12,7%, ibidem, p. 18); ed è per questa ragione che gli investitori esteri hanno iniziato a non fidarsi più della Grecia e della sua possibilità di ripagare il debito, con tutto ciò che ne è seguito (la crisi a tutti nota).

Ancora a proposito delle richieste della Bce (il cui mancato soddisfacimento, è bene ricordarlo, comporterebbe per noi problemi seri: la fine dell’acquisto, da parte della stessa banca, dei nostri titoli di stato). Bersani, anche per rispetto e correttezza nei confronti dei propri elettori, come detto in principio, dovrebbe chiarire sin da subito, e quindi prima di arrivare eventualmente al governo, e non con un banale e poco chiarificatore slogan (“La posizione nostra sulla lettera della Bce è chiara: nessuna critica alla Bce”), quale sia la propria posizione, e dunque quella ufficiale del Pd, in merito alle succitate richieste. Se cioè, come Enrico Letta, le consideri giuste e condivisibili (“I contenuti della lettera di Draghi e Trichet rappresentano la base su cui impostare politiche per far uscire l’Italia dalla crisi (…). Qualunque governo succederà al governo Berlusconi dovrà ripartire dai contenuti di quella lettera”; “Ci pone davanti a una svolta: crescere e farci definitivamente una forza riformatrice e di governo, oppure accontentarsi di quel che si è già, rifugiandosi nella conservazione e nello sterile presidio di uno spazio politico e di un non meglio identificato elettorato di riferimento”, Corriere della Sera); o se, al contrario, come il responsabile economico del partito, Stefano Fassina, le reputi una iattura da rispedire al mittente (“La lettera della BCE valuta come passo nella giusta direzione l’accordo del 28 Giugno, ma lo ritiene insufficiente. L’obiettivo della BCE è il modello FIAT-Fabbrica Italia, ossia il contratto aziendale fuori dal contratto nazionale. È inaccettabile sul piano sociale e dannoso (…). Continuare a seguire il paradigma neo-liberista aggrava la situazione”; “La BCE, come i governi conservatori, insistono sull’austerità come se la finanza pubblica fosse in universo parallelo rispetto all’economia reale e come se la spesa pubblica fosse tutta sprechi. Per la crescita si richiamano i poteri taumaturgici delle riforme strutturali (…).Per la crescita, oggi, dobbiamo puntare ad innalzare la domanda aggregata (più spesa pubblica, cioè, ndr) attraverso investimenti definiti nell’ambito di governance comune”).

Ecco. Se Bersani non chiarisce queste cose; se non dà garanzie di affidabilità, agli elettori (innanzitutto) e agli investitori esteri; se non dimostra che la coalizione cui lavora rispetterà le richieste europee, forse farebbe bene a dichiarare, sin da ora, di non essere in grado di governare il Paese (e che, in caso di vittoria, proporrà un esecutivo di larghe intese a tutte le forze politiche).

Allo stato ci pare del tutto evidente.



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14 Responses to "Bersani spieghi come farà a governare coi comunisti, visto che la Bce chiede politiche liberiste"

  • Leo Vadala says:
  • gino says:
  • camelot says:
  • camelot says:
  • Leo Vadala says:
  • camelot says:
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