Dic 11
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La vera Casta non sono i politici, ma gli italiani normali che campano alle spalle dei propri connazionali
È doverosa, in casi del genere e a scanso d’equivoci, una premessa (sempre la stessa). Il sottoscritto non ricopre, né mai ha ricoperto o ricoprirà, incarichi elettivi; né percepisce, ha mai percepito o percepirà, vitalizi (o stipendi) legati a tali incarichi. Qui si è persone perbene, e le persone perbene non fanno politica: al massimo ne scrivono, e solo su un blog (ché già farlo su un quotidiano equivarrebbe ad essere dei mezzi filibustieri). Premesso ciò, arriviamo al dunque.
More solito, la plebe italica digrigna i denti e mostra la bava alla bocca: ha scoperto, stamane, che lor signori parlamentari hanno deciso di rinviare la scelta di ridursi lo stipendio. In realtà, essi non hanno fatto altro che segnalare al professor Monti che, stanti le disposizioni della Carta e dei regolamenti camerali, le decisioni in tale ambito possono essere prese solo dalle Camere; e che, quindi, il governo non aveva titoli per ingerirsi, come ha fatto col decreto salva-Italia, in una scelta del genere. Sacrosanto. Chiamasi: divisione dei poteri. Uno dei basamenti della Democrazia.
Ciò evidenziato, e per dirla à la romanesca, famo a capisse. Se domani lor signori parlamentari si riducessero di 5.000 euro lo stipendio, adeguandolo agli standard europei, noi contribuenti risparmieremmo 60 milioni l’anno (5.000 euro moltiplicati per dodici mensilità e per 1.000 parlamentari). Su 800 miliardi di spesa pubblica complessiva. Spiccioli, signori miei. Null’altro che spiccioli. Ché il vero problema italico non sono i politici, e i loro stipendi, ma i milioni di “italiani normali”, di cui nessuno parla mai, che campano parassitariamente alle spalle dei propri connazionali; grazie a favori loro elargiti dai politici. Sono queste persone, che si nascondono in mezzo a noi, le vere sanguisughe per mantenere le quali i galantuomini, come voi e me, vengono spremuti come dei limoni dal Fisco. E fin quando non avremo il coraggio di dirlo, apertis verbis, nessuno dei nostri veri problemi sarà – non dico risolto, ma almeno – individuato.
Partiamo da qualche numero. Estrapolato dalle tabelle pubblicate nell’Appendice del libro “La Casta”, scritto dal duo Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo.
Ci si limiti a considerare esclusivamente i parlamentari e i consiglieri regionali, perché solo essi guadagnano davvero parecchio. Bene. In totale parliamo di 2.081 individui.
Ma quante sono le persone cosiddette “normali”, che percepiscono stipendi da nababbo, e che noi manteniamo? Infinitamente di più.
Alla Camera, nel 2006, c’erano 1.897 dipendenti (a fronte di 630 deputati); aventi uno stipendio medio di 112.071 euro. Bene. Ogni anno, noi contribuenti, e presupponendo che i numeri riportati non siano mutati, paghiamo per le pensioni di codesti signori, di cui nessuno parla mai perché sono “italiani normali” e non politici, 158.670.000 euro (centocinquantotto milioni e seicentosettantamila euro). Mentre per i vitalizi (le pensioni) degli ex deputati sborsiamo 127.470.000 (centoventisette milioni e quattrocentosettantamila euro). Se non l’aveste capito: ci costano più le pensioni dei dipendenti della Camera che non quelle dei deputati. Però la plebe italica si scaglia solo contro i politici, e non anche contro i parassiti che gli fanno da maggiordomi (e che guadagnano un fottio di danaro). Perché? Ovvio: perché tra quelli che inveiscono contro la cosiddetta Casta, ci sono molti colleghi dei succitati parassiti: ovvero persone che, al pari degli stessi, campano alle spalle dei galantuomini come voi e me; e cane non morde cane, come usa dire.
Tra queste persone, ad esempio, ci sono i giornalisti di tutti i quotidiani (tutti!). I quali hanno di che mangiare non grazie alla qualità del proprio lavoro, e dunque in virtù del numero di copie vendute dai giornali cui collaborano, ma quasi esclusivamente grazie ai contributi pubblici all’editoria. Contributi che, erogati in forma diretta o indiretta, sono versati a tutti i giornali, ivi incluso Il Fatto Quotidiano, e ammontano – riporto da Linkiesta – ad una cifra che oscilla “tra i 450 e i 700 milioni l’anno”. Ecco. Noi contribuenti, per mantenere i giornalisti-parassiti, siamo costretti a sborsare più di quanto si faccia per pagare il vitalizio a deputati e senatori. Ma la plebe italica non lo sa.
Proseguiamo con i numeri estratti dal libro “La Casta”.
Nel 2006, al Senato lavoravano 1.096 dipendenti (a fronte di 315 senatori), aventi uno stipendio medio di 115.419 euro. Per le loro pensioni, e sempre partendo dal presupposto che i numeri siano ancor oggi gli stessi, spendiamo ogni anno 68.750.000 euro (sessantotto milioni e settecentocinquantamila euro). Per quelle dei senatori, invece, 71.500.000 euro (settantuno milioni e cinquecentomila euro). In questo caso, i politici ci costano, annualmente, un po’ più dei loro maggiordomi: tre milioni e duecentocinquantamila euro in più, per l’esattezza. Ma sui dipendenti del Senato c’è ancora qualcosa, e di molto interessante, da riportare.
Si considerino, ad esempio, i commessi. Persone rispettabilissime, naturalmente. E che svolgono mansioni assai complesse. Tipo: portare caraffe d’acqua agli eletti di Palazzo Madama.
Bene. Codeste persone arrivano a percepire finanche 8.000 (ottomila) euro lordi mensili di pensione e per quindici mensilità. Non solo. Al contrario di quello dei comuni italiani, il loro vitalizio è calcolato col metodo retributivo puro; e, almeno fino al 2009, potevano accedere alla quiescenza, e senza alcun tipo di penalizzazione, alla tenera età di 53 anni (con una penalizzazione del 4,5% sul vitalizio, invece, addirittura a 50). Se non fosse chiaro: questi privilegi li paghiamo noi, con le nostre tasse. Noi che, però, a questi stessi privilegi non abbiamo accesso.
Tiriamo qualche somma: i dipendenti di Camera e Senato sono in totale 2.993 (più del numero dei parlamentari e dei consiglieri regionali, pari a 2.081); per le loro pensioni sborsiamo complessivamente 227.420.000 euro l’anno (duecentoventisette milioni e quattrocentoventimila euro); per quelle dei deputati e dei senatori, invece, 198.970.000 euro annui (centonovantotto milioni e novecentosettantamila euro). Morale della favola: ci costano più le pensioni dei dipendenti di Camera e Senato che non quelle dei parlamentari. In un paese normale, con cittadini degni di questo nome e non emeriti coglioni, si parlerebbe anche, o innanzitutto, di quanto il contribuente spenda per mantenere i succitati impiegati. E, invece, di questo, da noi che siamo un paese del Quarto Mondo, popolato esclusivamente da coglioni che da sera a mane non fanno altro che guardare undici cretini in mutande che tirano calci ad una palla, nulla si dice.
Proseguiamo con i numeri.
In Italia esistono 146.518 persone che vengono pagate dal contribuente per svolgere attività di consulenza allo stato e/o alle sue amministrazioni. E, a noi galantuomini, costano 1 miliardo e 97 milioni di euro l’anno (se i dati del 2004 sono rimasti invariati). Poi ci sono i dipendenti delle Regioni (La Casta, Appendice): 81.536 (alla data del 2005); quelli delle Province (ibidem): 55.660 (idem); quelli dei Comuni: 428.281 (idem). Un esercito di individui le cui caratteristiche ci vengono descritte da Stella e Rizzo a pagina 177 del succitato libro:
“Con una mano il politico fa assumere precari, raccomandati, stabilizzati, amici, parenti, elettori, portaborse e reggipanza senza un concorso serio da decenni e senza che neppure i più scadenti o almeno i ladri e i corrotti vengano buttati fuori. E con l’altra mano distribuisce all’esterno lavori profumatamente pagati (le consulenze, ndr) sostenendo che nessuno tra i dipendenti è all’altezza di farli. Un circolo vizioso micidiale”.
Ecco. Ma chi sono questi “precari, raccomandati, stabilizzati, amici, parenti, elettori, portaborse e reggipanza” se non “italiani comuni” che, grazie al politico di turno, trovano lavoro e campano alle spalle dei propri connazionali? Perché di questi parassiti, a causa dei quali siamo costretti a versare fior fiori di tasse, nessuno parla mai? Perché la plebe italica, soprattutto, nulla dice contro queste persone? Chissà.
Vogliamo poi parlare dei 535.752 italiani andati in pensione a 39 anni, e dopo averne passati a lavoro soltanto 14, e che ci costano 9,45 miliardi l’anno? O di quelli che lavorano, sempre grazie alla raccomandazione del politico di turno, presso le municipalizzate che per dar loro uno stipendio sono costantemente in perdita, e i cui debiti siamo costretti a ripianare noi versando sempre maggiori tasse? O vogliamo parlare delle macroscopiche inefficienze del Sistema Sanitario Nazionale che consente ai cosiddetti ricchi – contro cui io non ho alcun risentimento – di ricevere gratis i farmaci e di sottoporsi ad interventi gratuiti senza sborsare nemmeno un euro, perché tanto a pagarglieli sono i cosiddetti poveri?
Signori, la vera Casta è quella degli “italioti normali” che campano alle spalle dei propri connazionali; grazie allo stato e alla spesa pubblica. Non quella dei politici.
Sveglia.
Lo Stato è la grande finzione attraverso la quale ognuno cerca di vivere a spese di tutti gli altri (Frédéric Bastiat).
(Continua).