Bersani spieghi qual è la posizione del Pd sulle liberalizzazioni

Il “decreto liberalizzazioni” non è un granché. Per quanto contenga diverse misure positive, nel suo insieme appare troppo timido, moderato; quasi “gattopardesco”: cambia tutto perché nulla cambi per davvero. Questa è l’impressione.

La questione, però, è che il contenuto dello stesso è stato più volte rimaneggiato, prima di essere definitivamente approvato dal Consiglio dei Ministri (come altrove raccontato); e questo per venire incontro alle richieste dei partiti. I quali, pertanto, farebbero bene a spiegare agli italiani, che mostrano di gradire parecchio le liberalizzazioni, perché mai abbiano chiesto a Monti di togliere il piede dall’acceleratore e di depotenziarne talune.

Si prenda il Pd, ad esempio. Per quanto in passato, grazie alle “lenzuolate” di Bersani, esso abbia acquisito fama di strenuo sostenitore delle liberalizzazioni, questa volta, e nonostante talune dichiarazioni di facciata del proprio segretario, non è apparso egualmente monolitico nel difenderle; ed anzi, in talune circostanze, ne è sembrato finanche un fiero avversario.

Se infatti Bersani, all’indomani del varo del decreto, ha dichiarato «bisogna difendere, rafforzare e accelerare le misure approvate dal governo. Sono soddisfatto che con Monti si torni a lavorare dopo anni su questo (…). Difenderemo l’impianto del provvedimento da ulteriori tentativi di svilirlo. Proporremo puntualmente rafforzamenti delle norme laddove ci sono stati passi indietro e una accelerazione laddove si è ecceduto in pericolosi rinvii nell’attuazione. Non ci sfugge che la destra si è già mossa, e con qualche risultato, a sostegno di questa o di quella lobby», il responsabile economico del suo partito, Stefano Fassina, ha espresso tutt’altro giudizio: «le liberalizzazioni non si fanno sulla pelle dei lavoratori e quindi io dico che la nostra agenda non può essere quella del governo Monti». Agli antipodi.

Allo stesso modo, ai primi di gennaio, il Presidente della Regione Toscana, il pidino (ed ex Pci) Enrico Rossi, annunciando un ricorso alla Corte Costituzionale, in tal modo si era pronunciato sulla deregolamentazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali:

«La liberalizzazione totale e selvaggia degli orari e delle aperture è solo un altro regalo alla grande distribuzione e una batosta per le piccole imprese. Un minimo di regole è utile anche alla concorrenza. Tutto questo mentre bisognerebbe invece rilanciare il piccolo commercio per fini sociali, di sicurezza, vivibilità e di identità».

«Non è il consumismo la risposta giusta alla crisi mi pare solo un insulto alla nostra identità culturale, alle nostre tradizioni e alla nostra storia. Ci aspettiamo che anche la Chiesa faccia sentire la sua voce. Si costringerà chi lavora nei negozi a gestione familiare ad essere incatenato al banco, con la saracinesca alzata giorno e notte, senza pause per 365 giorni all’anno. Dove finiscono la persona, la sua vita privata, i suoi diritti?».

Ecco. Al di là dei toni apocalittici usati da Rossi, invero oltremodo grotteschi ed ingiustificati – nessuno, infatti, è obbligato a fare alcunché: la deregolamentazione degli orari offre solo una possibilità, una choice, fino a ieri l’altro negata –, ciò che rileva è il fatto che, all’interno del Pd, persone che occupano incarichi apicali abbiano posizioni opposte su un tema, quello delle liberalizzazioni, che indubbiamente è rilevante (anche ai fini dell’individuazione dell’identità del partito). E, visto che alcuni (a cominciare dai mammasantissima del Pdl) hanno certamente chiesto a Monti di allentare la presa su talune categorie investite dalle liberalizzazioni, vien da chiedersi: anche gli esponenti del Partito democratico lo hanno fatto?

Qualche dubbio c’è ed è legittimo. E magari Bersani farebbe bene a fugarlo.

In fondo, è in gioco la sua credibilità.



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5 Responses to "Bersani spieghi qual è la posizione del Pd sulle liberalizzazioni"

  • linea gotica says:
  • camelot says:
  • Rokko says:
  • camelot says:
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