Feb 12
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Le stranezze nell’affaire Lusi
In principio sembrava essere solo la storia di un rubagalline: il tesoriere di un partito che si scopre aver sottratto soldi allo stesso per comperarsi una casa nella Capitale ed una villa a Genzano. Poi, col passare dei giorni, la vicenda che vede coinvolto il senatore del Pd Luigi Lusi ha incominciato ad acquisire contorni decisamente più opachi; e alcuni interrogativi, più che legittimi, hanno iniziato ad affiorare: possibile che nessuno sapesse? Possibile che l’ex tesoriere della Margherita abbia potuto appropriarsi di svariati milioni di euro senza avere la complicità di alcuno?
Riassumiamo i fatti. Luigi Lusi, tra il gennaio del 2008 e l’agosto del 2011, effettua, prelevando il danaro dal conto corrente della Margherita di cui è intestatario assieme a Francesco Rutelli, 90 bonifici bancari, per la più parte a favore della società TTT srl; per un importo complessivo di 12.961.000 euro. La società è controllata al 100% dalla Luigia Ltd, con sede in Canada, di cui è titolare lo stesso Lusi.
Secondo gli inquirenti, i soldi sarebbero stati impiegati dal senatore del Pd in questo modo: 1.900.000 euro per acquistare un immobile in via Monserrato 24 a Roma; 1.863.000 euro per l’acquisto, realizzato mediante la società Paradiso immobiliare (sempre di sua proprietà), di una villa di 17 vani, sita in Piazza Mazzini a Genzano di Roma; 272.000 euro sarebbero stati dirottati alla Luigia Ltd; 49.000 euro sul proprio conto corrente; 60.000 al proprio studio legale (Lusi è un penalista); 119.000 ad uno studio di architetti di cui dovrebbe essere contitolare la moglie, o un parente della moglie; altri 2.815.000 euro verso la Paradiso immobiliare; e, infine, 5.111.000 euro per il pagamento di imposte.
In questa vicenda, però, ci sono molte cose che non quadrano. Prima di indicare le quali, però, è bene precisare che Lusi ha ammesso la propria colpevolezza e s’accinge a presentare una richiesta di patteggiamento. Ciò detto, vediamo cosa appare strano.
Innanzitutto, Lusi acquistò la casa in via Monserrato, nel 2008 e mediante la TTT srl, da Giuseppe L’Abbate: manager nonché consigliere d’amministrazione della società che edita il quotidiano del Pd, Europa (già house organ della Margherita). Qualcuno del partito, o quantomeno ad esso vicino, dunque, sapeva di quella transazione. Anche se ciò non implica che fosse altresì a conoscenza della provenienza del danaro con cui la stessa era stata portata a termine.
In secondo luogo, l’amministratore unico della summenzionata società, all’epoca dei fatti, era Paolo Piva: già consulente alla viabilità di Francesco Rutelli (quandi questi guidava il Comune di Roma, nel 1993). Un’altra persona “organica” al partito, dunque, e che non “poteva non sapere” con quali e quanti soldi s’alimentasse l’attività della TTT srl; che, tra l’altro, come oggetto sociale aveva la prestazione di consulenze e non la compravendita di unità immobiliari.
Ancora.
Lusi, il 17 gennaio scorso, quando è stato ascoltato dagli inquirenti e ha riconosciuto la propria colpevolezza, ha dichiarato: «Sono qui a prendermi le responsabilità di tutti». Una frase, questa, che non solo ha lasciato basiti i pm, che invano hanno provato ad ottenere da lui ulteriori spiegazioni, ma che ha fatto saltare la pulce all’orecchio a diversi ex esponenti della Margherita. È il caso di Linda Lanzillotta, ad esempio:
«Lascia intendere che sa ma non parla, che è pronto a pagare per altri come il compagno G».
Di cosa è a conoscenza, Lusi, e non vuole confessare?
La sensazione è che nella Margherita si procedesse a finanziare coi soldi pubblici, cosa del tutto legale (è bene sottolinearlo), le varie correnti interne. E che forse qualcuno, in cambio di un occhio di riguardo, di un trattamento di favore, abbia fatto finta di non sapere che uso facesse Lusi, a volte, di quel danaro. Un do ut des: tu mi dai più risorse di quante ne dia ad altri ed io, in cambio, faccio finta di non sapere che, di tanto in tanto, sottrai soldi al partito per comperarti una casa o per alimentare il tuo tenore di vita.
Una sensazione, questa, avvalorata da una dichiarazione di Enzo Carra (altro ex esponente della Margherita):
«Quando c’era la Margherita le risorse venivano distribuite alle correnti secondo criteri precisi. Dopo, quando si è sciolta, probabilmente il sistema era più discrezionale. Probabile che Lusi abbia finanziato l’iniziativa di questo o di quell’altro. Ma contando sul fatto che Tizio non sapeva quanto dava a Caio e viceversa».
Magari si è “comprato” il silenzio e la complicità di qualcuno, in questo modo.
Anche perché 13 milioni di euro non possono scomparire senza che alcuno se ne avveda.
Aggiornamento del 5 febbraio.
Un ex parlamentare della Margherita, Rino Piscitello, in un’intervista apparsa oggi su Libero (a pagina 8), sostiene che le cose possano essere andate come qui si è detto:
«Se io sono uno di quelli che ho ricevuto dei soldi dal mio tesoriere, sono meno portato a controllare. Se hai dei vantaggi da una certa gestione, è chiaro che non sei interessato a controllare».
«Dico che Lusi ha creato una rete di complicità che gli ha consentito di fare quello che voleva. Tutti sapevano che c’erano quei soldi».