Feb 12
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Legge elettorale: in arrivo un’altra porcata
Ho la febbre alta e il post ne risente (siate clementi).
C’è da sperare che resti una bozza e non abbia mai a tradursi in legge: se così non fosse, se il sistema elettorale prospettato da Luciano Violante riuscisse a tagliare il traguardo e soppiantare il Porcellum, per noi sarebbe davvero la fine. Vediamo perché.
Innanzitutto, il marchingegno elettorale escogitato dalle parti del Nazareno è quanto di più perverso si potesse elaborare: un mix di proporzionale à la tedesca e à la spagnola che, de facto, smantellerebbe l’assetto bipolare che ci accompagna da più di tre lustri; consentirebbe ai partiti di presentarsi agli elettori con le “mani libere”, e cioè senza vincoli di coalizione e di programma, mettendoli nella condizione di stabilire dopo il voto con chi allearsi per formare un esecutivo; trasformerebbe le elezioni in un mero rito formale, visto che l’elettore non avrebbe più il potere di decidere da chi farsi governare.
Tutto, in sostanza, ritornerebbe nelle mani dei partiti: come ai tempi della Prima Repubblica. E, come se non bastasse, al cittadino non verrebbe nemmeno riconosciuta la possibilità di scegliersi l’eletto. Il “Lucianum”, così è stato ribattezzato il marchingegno, infatti, prevede che 232 seggi debbano essere attribuiti mediante collegi uninominali, altri 232 mediante liste bloccate e 140 grazie alla distribuzione di un premio di maggioranza da suddividersi tra i partiti maggiori (quelli che abbiano superato una certa soglia di sbarramento). Ma non contemplando primarie obbligatorie, di fatto lascerebbe ai partiti il compito di cooptare e decidere i candidati, tanto nei collegi uninominali quanto nelle liste bloccate. Esattamente come avviene ora col Porcellum. Giudicate voi se sia accettabile.
Inoltre, la novella “porcata” – siccome rivede i criteri di assegnazione del premio di maggioranza, come appena detto, attribuendolo non più alla coalizione maggiormente votata (come oggi avviene con il Porcellum) ma a tutti i partiti che abbiano superato una certa soglia di sbarramento –, conferirebbe un potere negoziale e ricattatorio immenso alle forze politiche oggi estranee ai due blocchi principali: vale a dire a quelle, dall’Udc a Fli, che si riconoscono nel cosiddetto Terzo Polo.
Nessuno dei due partiti principali (Pdl e Pd), infatti, riuscirebbe a mettere assieme un numero di seggi tali da poter governare senza coalizzarsi con qualcuno. E, tenuto conto del fatto che le fibrillazioni che oggi attraversano le due principali coalizioni potrebbero decretarne la morte, chi potrebbe mai essere, questo qualcuno? Più di tutti, Casini. Che, guidando una forza di centro, non avrebbe problema alcuno ad allearsi una volta con la sinistra ed una volta con la destra. E, quand’anche quelli del Pd e del Pdl decidessero di fissare la succitata soglia di sbarramento ad un livello molto alto, onde impedire al Terzo Polo di partecipare alla spartizione dei seggi legati al premio di maggioranza ed avere un numero tale di parlamentari da essere indispensabile per la formazione di qualunque esecutivo, gli uomini di Casini, come ieri ha rivelato Bocchino, riuscirebbero comunque a sfangarla:
«Mettono la soglia alta? E noi ci alleiamo con uno o l’altro e vinciamo: non ci fregano».
D’altra parte, e come ha sottolineato il pidiellino (nonché democristiano) Gianfranco Rotondi, questa legge elettorale è:
«Un’archiviazione del maggioritario».
Quanto alle alleanze:
«Non mi pongo il problema, perché abolito il premio di maggioranza (quello attribuito dal Porcellum alla coalizione più votata, ndr) nessuno ha più bisogno di allearsi prima delle elezioni. Dopo il voto, in Parlamento, si vedrà con chi allearsi. Sì, stiamo proprio tornando alla Prima Repubblica».
Ecco. Di tutto avremmo bisogno tranne che di tornare ai tempi della Prima Repubblica: quando l’ingovernabilità e l’indecisionismo erano la regola; gli esecutivi restavano in carica pochi mesi; la spesa pubblica ed il debito crescevano a ritmi forsennati.
Al contrario, e tenuto conto soprattutto delle scelte difficili che dovremo affrontare nei prossimi anni, avremmo bisogno di una legge elettorale che semplificasse l’attuale frastagliato quadro politico, e che rimpiazzasse l’infruttifero bipolarismo degli ultimi vent’anni – fatto di coalizioni-caravanserraglio con dentro tutto e il suo esatto contrario – con qualcosa di ben più efficiente: il bipartitismo.
Avremmo bisogno che solo due partiti, uno di destra ed uno di sinistra, si fronteggiassero per aggiudicarsi il governo della Nazione. E non che continuassero a farlo coalizioni formate da molteplici soggetti politici e che, in ragione di ciò, e come c’insegna la storia di questa legislatura e di quella precedente, riescono a fare poco o niente perché frustrate, nel loro operare, da infiniti veti e ricatti interni.
Tutti i nostri problemi, innanzitutto quelli economici, derivano dall’assetto politico estremamente frammentato. E per risolverli, non serve il Lucianum, che anzi li aggraverebbe ed anche di molto, ma l’uninominale à l’anglosassone (e primarie di collegio obbligatorie). È l’ultima possibilità che ci rimane, se non vogliamo fare la fine della Grecia.
Che Casini vi si opponga, è normale: è un democristiano e dell’interesse del Paese non gliene frega una beneamata mazza; ciò che gli sta a cuore è solo il potere. Ma che lo facciano, o che non si adoperino per introdurla, anche quelli del Pdl e del Pd, che dall’uninominale avrebbero tutto e solo da guadagnare, è incomprensibile, oltreché infinitamente stupido.
Detto questo, che Dio ce la mandi buona.
P.S. La bozza prevede anche che ai partiti più piccoli, quelli che superano la soglia del 2% (o del 4, è ancora da decidere), vengano assegnati 14 seggi a titolo di “diritto di tribuna”.