Dal 2010 abbiamo fatto manovre correttive basate soprattutto su maggiori tasse (per 167 miliardi di euro). Ma Giarda finge di non saperlo
Qualche giorno fa, il ministro per i rapporti col Parlamento, l’economista di sinistra Piero Giarda, in un’intervista a La Stampa ha rilasciato dichiarazioni oltremodo strampalate (per usare un eufemismo); à la Giulio Tremonti.
Alla domanda «Ministro Giarda, dopo le manovre fiscali, il paese si aspetta che venga tagliata la spesa per recuperare risorse mirate a diminuire le tasse. È una pia illusione?», egli ha risposto:
«È vero, quasi ogni giorno escono sollecitazioni affinché il governo, dopo aver aumentato le tasse, riduca la spesa pubblica per garantire gli obiettivi sul pareggio di bilancio e per consentire, allo stesso tempo, di ridurre le tasse. Ma finora il governo non ha annunciato progetti di riduzione della spesa».
«E perché mai?», lo ha incalzato il giornalista:
«Questo perché i tagli varati nei passati tre anni, ancora prima dell’intervento sulle pensioni, sono stati molto significativi e dovrebbero esercitare i loro effetti proprio nel 2012 e nel 2013 (…)».
«Quindi ormai è stato tagliato tutto quello che si poteva?».
«Mantenendo inalterato il confine attuale tra servizi pubblici e privati, si può razionalizzare con tagli o riduzione della spesa riferite alle amministrazioni centrali, di regioni ed enti locali. Ma nelle quotidiane sollecitazioni, anche autorevoli, vengono proposti scenari di maggior rigore. In questa visione, si procede smontando o chiudendo in parte programmi di spesa esistenti: meno scuole statali, più carceri private, più sanità privata, meno polizia di Stato e più vigilantes, fine dei sussidi al cinema, ai giornali e alla lirica, chiusura dei parchi regionali e così via. È questo l’approccio dei profeti della spesa pubblica del primo tipo».
Per il ministro Giarda, dunque, negli ultimi anni s’è tagliato tutto ciò che era possibile tagliare (non ridete!); e chi sollecita autorevolmente il governo, dalle colonne de il Corriere della Sera e di altri quotidiani, a ridurre ulteriormente la spesa corrente – è il caso degli economisti Francesco Giavazzi, Alberto Alesina, Mario Baldassarri e Nicola Rossi (ex parlamentare del Partito democratico), nonché dello storico Andrea Romano (di Italia Futura) – vorrebbe fosse fatta semplicemente “macelleria sociale”.
Ecco. Il discorso di Giarda è semplicemente delirante; e non solo non sta né in terra né in cielo né in mare, ma è gravido di menzogne e di ideologismo.
Innanzitutto, dal 2010 ad oggi, e come evidenziano i due grafici di seguito riportati (pubblicati dal quotidiano economico francese Les Echos e contenenti dati Eurostat), l’Italia è il paese europeo che, nonostante abbia varato manovre correttive più cospicue di chiunque altro, a causa dell’immenso debito pubblico e della scarsa crescita, ha tagliato meno spesa in termini percentuali, e, in alcuni casi, anche in valore assoluto.
Le correzioni ai conti pubblici fatte in Italia, ed imputabili per i 4/5 al governo Berlusconi, sono state del valore di 232 miliardi di euro. Di cui 167 – il 72% – di maggiori tasse (ringraziate, soprattutto, Berlusconi, Bossi e Tremonti), e 65 – il 28% – di tagli alla spesa.
Nel Regno Unito, le manovre hanno raggiunto complessivamente il valore di 130 miliardi di euro, dal 2010 ad oggi, racimolati per l’80% – 104 miliardi – attraverso tagli alla spesa, e per il 20% – 26 miliardi – attraverso incrementi d’imposta.
In Spagna, le correzioni sono state di 80 miliardi, racimolati per il 67% – 53,6 miliardi – mediante tagli alle uscite e per il 33% – 26,4 miliardi – mediante incrementi alle entrate.
Ovunque, insomma, e al contrario dell’Italia, si è fatto soprattutto – per non dire: quasi esclusivamente – ricorso ai tagli di spesa. E per una semplice ragione che il ministro Giarda dovrebbe ben conoscere, essendo un economista: i tagli alla spesa, com’è largamente accertato in letteratura economica, e rispetto agli incrementi del prelievo fiscale, producono effetti depressivi (sul Pil) meno consistenti e meno duraturi. Per questo, quando c’è da far quadrare i conti pubblici, nei paesi evoluti si fa ricorso soprattutto ad essi.
Inoltre, l’Italia, come abbiamo raccontato qualche giorno fa, se si esclude la Francia, è il paese europeo dove la spesa pubblica raggiunge il più alto livello rispetto al Pil (dati Ocse). Dunque abbiamo tantissimo da tagliare, si pensi all’abolizione delle Province (che frutterebbe dai 2 ai 4 miliardi l’anno di risparmi), e senza che ciò pregiudichi l’erogazione di servizi essenziali.
Quanto a ciò che il ministro ha affermato in riferimento ai contributi pubblici all’editoria e al cinema, va detto solo una cosa: e gli uni e gli altri sono semplicemente indecenti. Integrano una rapina.
Per finanziare l’editoria, attraverso contributi statali (diretti ed indiretti), gli italiani, ogni anno, sono costretti a sborsare tra i 450 e i 700 milioni di euro; parte dei quali, per di più, sono destinati a quotidiani che, in alcuni casi, hanno meno lettori di questo miserrimo blog (Europa, la Discussione, l’Opinione delle Libertà, Il Secolo d’Italia, Liberal). Una vergogna.
Come lo è il fatto che, sempre con le tasse del contribuente, si finanzino addirittura i “cinepanettoni”. Come quelli dei fratelli Vanzina in cui recitano i vari Cristian De Sica e Massimo Boldi.
Ecco. Asserire, come fa Giarda, che codeste voci di spesa siano incomprimibili, al pari di quella riguardante i 39 miliardi di euro annui destinati a fondo perduto alle imprese, è cosa che, più che ad un economista, si addice ad un cleptocrate.
Per non dire di peggio.
Sul cartello:
niente da aggiungere, tutto da sottoscrivere.
Risposta a Claps:
😉