Giu 12
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Il Papa ha “sdoganato” la Massoneria?
Beethoven, al contrario di Mozart, non era affiliato alla Massoneria: si limitava a condividerne le idealità. Johann Christoph Friedrich von Schiller, autore dei versi dell’Inno alla Gioia contenuto nel quarto movimento della sua Nona Sinfonia, invece, sì (come il nostro Goffredo Mameli, autore del testo dell’orrido Fratelli d’Italia).
Ebbene, ieri l’altro, ospite alla Scala di Milano, Benedetto XVI, al termine dell’esecuzione della succitata sinfonia di Ludovico Van, ha tenuto una breve concione nel corso della quale ha pronunciato parole di elogio nei confronti del “massonico” Inno alla Gioia schilleriano:
«Beethoven pur seguendo sostanzialmente le forme e il linguaggio tradizionale della Sinfonia classica, fa percepire qualcosa di nuovo già dall’ampiezza senza precedenti di tutti i movimenti dell’opera, che si conferma con la parte finale introdotta da una terribile dissonanza, dalla quale si stacca il recitativo con le famose parole “O amici, non questi toni, intoniamone altri di più attraenti e gioiosi”, parole che, in un certo senso, “voltano pagina” e introducono il tema principale dell’Inno alla Gioia. È una visione ideale di umanità quella che Beethoven disegna con la sua musica: “la gioia attiva nella fratellanza e nell’amore reciproco, sotto lo sguardo paterno di Dio” (Luigi Della Croce). Non è una gioia propriamente cristiana quella che Beethoven canta, è la gioia, però, della fraterna convivenza dei popoli, della vittoria sull’egoismo, ed è il desiderio che il cammino dell’umanità sia segnato dall’amore, quasi un invito che rivolge al di là di ogni barriera e convinzione (…). Grazie al maestro Daniel Barenboim anche perché con la scelta della Nona Sinfonia di Beethoven ci permette di lanciare un messaggio con la musica che affermi il valore fondamentale della solidarietà, della fraternità e della pace (…)».
Ora, queste parole, fossero state pronunciate da un Pinco Pallo qualsiasi, non avrebbero destato clamore ed interesse nel sottoscritto. Il fatto, però, è che le ha proferite il successore di Pietro, il Vicario di Cristo in Terra, colui che guida quel Vaticano che, da secoli, combatte contro la Massoneria considerandola, a torto, il male assoluto, praticamente Satana, e una fucina di eresie relativistiche.
Di più. A pronunciarle è stato proprio quel Joseph Ratzinger che, nel 1983, da Prefetto (e Cardinale) della Congregazione per la Dottrina della Fede, ebbe ad elaborare la Declaratio de associationibus massonicis, nella quale si legge:
«Rimane pertanto immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l’iscrizione a esse rimane proibita. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione».
In un altro documento ecclesiastico, poi, si spiegano le ragioni della succitata inconciliabilità dottrinaria:
«Da quando la Chiesa ha iniziato a pronunciarsi nei riguardi della massoneria il suo giudizio negativo è stato ispirato da molteplici ragioni, pratiche e dottrinali. Essa non ha giudicato la massoneria responsabile soltanto di attività sovversiva nei suoi confronti, ma fin dai primi documenti pontifici in materia e in particolare nella Enciclica «Humanum Genus» di Leone XIII (20 aprile 1884), il Magistero della Chiesa ha denunciato nella Massoneria idee filosofiche e concezioni morali opposte alla dottrina cattolica. Per Leone XIII esse si riconducevano essenzialmente a un naturalismo razionalista, ispiratore dei suoi piani e delle sue attività contro la Chiesa. Nella sua Lettera al Popolo Italiano «Custodi» (8 dicembre 1892) egli scriveva: «Ricordiamoci che il cristianesimo e la massoneria sono essenzialmente inconciliabili, così che iscriversi all’una significa separarsi dall’altra» (…).
Anche se si afferma che il relativismo non viene assunto come dogma, tuttavia si propone di fatto una concezione simbolica relativistica, e pertanto il valore relativizzante di una tale comunità morale-rituale lungi dal poter essere eliminato, risulta al contrario determinante (…).
Anche quando, come già si è detto, non vi fosse un’obbligazione esplicita di professare il relativismo come dottrina, tuttavia la forza relativizzante di una tale fraternità, per la sua stessa logica intrinseca ha in sé la capacità di trasformare la struttura dell’atto di fede in modo così radicale da non essere accettabile da parte di un cristiano, «al quale cara è la sua fede» (Leone XIII).
(…) La tentazione ad andare in questa direzione è oggi tanto più forte, in quanto essa corrisponde pienamente a certe convinzioni prevalenti nella mentalità contemporanea. L’opinione che la verità non possa essere conosciuta è caratteristica tipica della nostra epoca e, nello stesso tempo, elemento essenziale della sua crisi generale (…)».
Proprio per quanto appena riportato, le parole di Benedetto XVI assumono, almeno ad avviso di chi scrive, notevole rilievo: il “discorso schilleriano” – o, per dirla col Pontefice: «la gioia (…) della fraterna convivenza dei popoli, (…) il desiderio che il cammino dell’umanità sia segnato dall’amore, (…) un invito che rivolge al di là di ogni barriera e convinzione» –, ch’egli ha “benedetto”, rimane il tratto saliente, piaccia o meno, della “dottrina” della Massoneria. Ciò che la spinge a far incontrare i rappresentanti delle tre Religioni della Rivelazione, ad esempio, a che abbiano sempre a dialogare, anche nei momenti di maggiore tensione, e trovare punti di contatto. Ciò che la spinge a promuovere la tolleranza, il rispetto di ogni essere vivente, e senza distinzione di razza, di colore della pelle o preferenza sessuale.
Ciò che la spinse ad ordire, nei secoli passati, alcune rivolte in nome della Libertà. Pensiamo, ad esempio, a quella da cui originò, ad avviso di molti storici, la rivoluzione americana: il Boston Tea Party del 1773 – cui oggi si richiamano il movimento Tea Party americano e quello italico; e che culminò in quel capolavoro di contenuti liberali, alla cui redazione parteciparono numerosi massoni, ch’è la Dichiarazione d’Indipendenza del 4 luglio 1776:
«Noi riteniamo che sono per sé stessi evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati uguali, che essi sono stati dotati dal creatore di certi inalienabili diritti, che tra questi vi sono la vita, la libertà e la ricerca della felicità. Che per garantire questi diritti sono creati tra gli uomini i governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati. Che ogni qual volta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla e di abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzare i poteri nella forma che gli sembri più idoneo al raggiungimento della sua sicurezza e felicità. La prudenza, tuttavia, consiglierà che i governi di antica data non siano cambiati per ragioni futili e peregrine; e conformemente a ciò l’esperienza ha dimostrato che gli uomini sono maggiormente disposti a sopportare, finché i mali siano sopportabili, che a farsi giustizia essi stessi abolendo quelle forme di governo cui sono abituati. Ma quando una lunga serie di abusi e di malversazioni, invariabilmente diretti allo stesso oggetto, svela il disegno di ridurre gli uomini all’assolutismo, allora è loro diritto, è loro dovere rovesciare un siffatto governo e provvedere nuove garanzie per l’avvenire. Tale è stata la paziente sopportazione di queste Colonie; e tale è ora la necessità che le costringe a mutare quello che è stato finora il loro ordinamento di governo. La storia dell’attuale re di Gran Bretagna è una storia di ripetuti torti e usurpazioni, tutti diretti a fondare un’assoluta tirannia su questi stati (…).
Noi, pertanto, rappresentanti degli Stati d’America, riuniti in Congresso generale, appellandoci al Supremo Giudice dell’universo quanto alla rettitudine delle nostre intenzioni, proclamiamo solennemente e dichiariamo, in nome e per autorità dei buoni popoli di queste Colonie, che queste Colonie Unite sono e devono essere di diritto Stati liberi e indipendenti; che esse sono sciolte da ogni legame di fedeltà alla Corona inglese (…).E a sostegno di questa Dichiarazione, facendo saldo affidamento nella protezione della Divina Provvidenza, noi mettiamo in pegno l’un l’altro le nostre vite, le nostre fortune, e il nostro sacro onore».
Resta il quesito formulato nel titolo di questo post: Benedetto XVI, con le sue parole, ha inteso sdoganare la Massoneria?
La risposta a quelli che s’intendono di vicende chiesastiche.
«Gioia! Gioia, bella scintilla divina, figlia dell’Elisio, noi entriamo ebbri e frementi, celeste, nel tuo tempio. La tua magia ricongiunge ciò che la moda ha rigidamente diviso, tutti gli uomini diventano fratelli, dove la tua ala soave freme. L’uomo a cui la sorte benevola concesse il dono di un amico, chi ha ottenuto una donna leggiadra, unisca il suo giubilo al nostro! Sì, – chi anche una sola anima possa dir sua nel mondo! Chi invece non c’è riuscito, lasci piangente e furtivo questa compagnia! Gioia bevono tutti i viventi dai seni della natura; vanno i buoni e i malvagi sul sentiero suo di rose! Baci ci ha dato e uva, un amico, provato fino alla morte! La voluttà fu concessa al verme, e il cherubino sta davanti a Dio! Lieti, come i suoi astri volano attraverso la volta splendida del cielo, percorrete, fratelli, la vostra strada, gioiosi, come un eroe verso la vittoria. Abbracciatevi, moltitudini! Questo bacio vada al mondo intero Fratelli, sopra il cielo stellato deve abitare un padre affettuoso. Vi inginocchiate, moltitudini? Intuisci il tuo creatore, mondo? Cercalo sopra il cielo stellato! Sopra le stelle deve abitare!» (Inno alla Gioia).
P.S. Vi ricordo che è possibile donare 2 euro a favore delle popolazioni colpite dal terremoto, inviando un sms al numero 45500.