Bersani e Casini, invece di far sapere agli elettori come raggiungeranno il pareggio di Bilancio (con nuove tasse o tagli di spesa?), pensano già a spartirsi le future poltrone
Casini ha dato il via libera all’alleanza con Bersani nemmeno una settimana fa. Eppure, a quanto pare, i due stanno già studiando come spartirsi le future poltrone. D’altra parte, i sondaggi, da più di un anno, danno come certa la vittoria del centrosinistra alle Politiche del 2013. Dunque è bene portarsi avanti col lavoro.
Secondo Lettera43 e Il Retroscena, la trattativa sarebbe già a buon punto; e prevedrebbe quanto segue.
Bersani andrebbe a Palazzo Chigi, in qualità di premier. Casini, invece, che vorrebbe ascendere al Colle, ma sa che è impresa impossibile, si accontenterebbe dello scranno più alto di Palazzo Madama: quello di Presidente del Senato.
Veltroni dovrebbe essere parcheggiato alla Presidenza della Camera, mentre Baffino D’Alema dovrebbe riuscire ad agguantare la nomina a Commissario europeo.
Enrico Letta, invece, dovrebbe sedersi sulla poltrona che fu di Quintino Sella, quella di Ministro dell’Economia, ed essere affiancato – ma qui ci sono non pochi dubbi, come già abbiamo avuto modo di evidenziare qualche giorno fa – da Stefano Fassina.
Tutto molto bello.
Peccato, però, agli italiani interessi davvero molto poco questo genere di questioni: essi, infatti, e mai come in questo momento, vorrebbero sapere altro e di ben più importante.
Innanzitutto, con quale programma, e quali contenuti, il Pd e l’Udc si presenteranno agli elettori. E, in secondo luogo, come fronteggeranno l’obbligo di conseguire il pareggio di Bilancio.
Si dà il caso, infatti, il 17 aprile scorso, e per recepire le richieste della Bce e del cosiddetto Fiscal Compact, il Parlamento abbia approvato in via definitiva la revisione costituzionale con la quale si è introdotto, nella nostra Carta, il succitato vincolo.
Ora, siccome la nostra spesa pubblica è al 52% del Pil, tra i livelli più alti in Europa, per onorare quell’impegno ci sono solo due alternative. O tagliare strutturalmente le uscite (la spesa), riducendo il perimetro dello stato con riforme di sistema marcatamente liberiste, in modo da non dover ricorrere, per pareggiare i conti, ad un ulteriore incremento del prelievo fiscale (oggi al 46%); oppure, all’opposto, incrementare la pressione fiscale di parecchi punti percentuali. Tertium non datur.
Ce lo facciamo spiegare dal professore, nonché economista, Antonio Martino:
«Pareggiare il bilancio significa pretendere di prelevare con i tributi (se non si taglia la spesa con riforme strutturali, ndr) il 52% del reddito al contribuente medio; quanto dovrebbero sborsare coloro che hanno redditi superiori alla media, il 60 o 70 per cento, e le imprese il 90 o più percento?
Quando il rapporto della spesa pubblica sul reddito nazionale supera il 52% come adesso, il perseguimento del pareggio realizzato tentando di fare aumentare le entrate (cioè le tasse, ndr) è semplicemente demenziale e ha conseguenze potenzialmente disastrose».
Ecco. Questo dovrebbero spiegare Bersani e Casini agli italiani.
Come raggiungeranno il pareggio di Bilancio? Portando il prelievo sulle imprese, oggi già al 68%, addirittura al 90, o giù di lì? E alle “persone fisiche” cosa toccherà in sorte?
Quelli che hanno redditi fino a 15.000 euro e oggi ne versano il 23% all’Erario, quanto dovranno pagare in più? Il 2-3%? E quelli sottoposti all’aliquota del 38%, e che hanno redditi da 28.000 a 55.000 euro, quante palanche in più dovranno a Pantalone? E gli altri?
Sappiamo già che lor signori sono intenzionati ad introdurre una tassa sui patrimoni superiori al milione di euro – cosa che, se dovesse davvero verificarsi, provocherebbe tumulti di piazza e sommosse, ne siamo certi. Ma non basta una patrimoniale a pareggiare i nostri conti.
Come faranno, allora? Anche perché l’imposizione fiscale, nel nostro paese, a causa delle ultime manovre finanziarie di Berlusconi e Monti, ha già raggiunto un livello così alto da aver provocato, e proprio di recente, un calo del gettito fiscale (dovuto al crollo dei consumi. Arthur Laffer docet).
Attendiamo una risposta.
Seria.
In attesa di una seria risposta che mai avverrà, per conto mio, l’unica nota in attesa di conferma ovviamente è che per fortuna sarebbe Enrico Letta ad occuparsi di un ministero delicato e non quell’idiota di Fassina. Quello che mi stupisce è che Bersani di natura sarebbe un “liberalizzatore” ma in pratica è un’insicuro.
Amen
Risposta a paolo:
Purtroppo oggi la risposta è arrivata dalla prima pagina de l’Unità: “Basta tagli lineari alla Tremonti”. Il tutto rivolto alla spending review dell’attuale governo, che servirebbe ad evitare l’incremento dell’Iva ad ottobre e quello a gennaio (e a trovare soldi per l’Emilia). Pensa te.
Comunque Letta, che è persona capace e stimabile, potrebbe essere affiancato da Fassina. Come potrebbero mai convivere, è un mistero: visto che hanno posizioni inconciliabili.
Non lo raggiungono il pareggio di bilancio e basta la ns. Costituzione è piena di affermazioni puramente teoriche.
Risposta a donato:
Dovranno farlo, e anche a prescindere dalla norma costituzionale. Abbiamo preso precisi impegni con l’Ue.