Ott 12
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Si voterà nel 2013 e si tornerà a farlo nel 2015-2016. La prossima legislatura, infatti, non arriverà alla scadenza naturale: sia che vinca la coalizione social-comunista capeggiata da Bersani e Vendola, sia che abbia la meglio quella a sostegno del Monti bis, i contrasti interni in seno all’una o all’altra maggioranza, le divergenze di posizione, i numeri risicati, le ricette antitetiche per risolvere i medesimi problemi, l’impopolarità dei provvedimenti da adottare, ne decreteranno la fine anticipata.
Sarà una legislatura interlocutoria, la prossima. Per averne una costituente, si dovrà attendere quella successiva: quando nuovi soggetti irromperanno sulla scena, o consolideranno ulteriormente la propria posizione, si legga alle voci: Matteo Renzi ed Oscar Giannino, e porteranno Ordine lì dove regna il Caos; vareranno una legge elettorale di stampo maggioritario ed anglosassone (con primarie obbligatorie in ogni singolo collegio) e sigleranno un’intesa per superare il bicameralismo perfetto e “parlamentarista” sostituendolo col “premierato forte”. Questo, nel 2015-2016.
Resta ora da capire cosa accadrà nel 2013.
Si parla, soprattutto in questi giorni, della necessità che il Professore resti in sella anche dopo il voto. Si dice: per proseguire con l’”agenda Monti”. Peccato, però, questa espressione significhi niente. O, meglio, significhi tutto ed il suo esatto contrario perché, sin qui, l’agenda Monti ha incluso provvedimenti i più disparati, i più contrastanti: dalle liberalizzazioni (annacquate dai partiti) all’incremento vistoso della tassazione; dalle semplificazioni (modeste) alla rivalutazione degli estimi catastali (mostruosa); dalla riforma delle pensioni (ottima) a quella del mercato del lavoro (pessima); dal continuo aumento delle accise sulla benzina (vergognoso) alla spending review (discreta).
Ecco. Evocare l’agenda Monti, come se questa fosse un catalogo di provvedimenti omogenei ed ispirati ai medesimi principi; come se tracciasse un percorso lineare e non già a zigzag; come se fosse qualcosa di univoco e che, pertanto, in modo altrettanto univoco potesse essere giudicata, magnificandola o bocciandola, è, per dirla con Prévert, una boiata pazzesca.
L’agenda Monti non è altro che una bussola impazzita: segna, allo stesso tempo, due direzioni opposte; l’una giusta e l’altra sbagliata. E per questo non può che lasciare, come sta facendo, il Paese nel guado.
Chi la invoca, pertanto, dovrebbe avere la serietà di indicarne una soltanto: o il Nord o il Sud. O la direzione liberale e “pro crescita” (quella giusta, il Nord) – semplificazioni, liberalizzazioni, deregolamentazioni, privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica corrente, riforme di sistema – o quella statalista, socialista e recessiva (quella sbagliata) – tasse a tutto spiano, patrimoniali più o meno occulte, distruzione della Legge Biagi, attentati ai diritti di proprietà, violazioni dello Statuto dei Diritti del Contribuente e delle norme sulla privacy e conseguente istituzione di un sistema orwelliano di controllo sociale.
Andare un po’ al Nord e un po’ al Sud, fare alcune cose giuste e molte sbagliate, non serve, come sono soliti dire all’Accademia della Crusca, ad una beneamata sega. Perché non risolve i problemi del Paese. Anzi: li aggrava.
Pertanto, i “montiani per convenienza”, i Gattopardi 2.0, al cui interno (ahinoi) militano anche tanti ragazzini trenta-quarantenni “in cerca d’autore” (e di poltrone), facciano una cortesia a se stessi: si sforzino (quantomeno) di apparire seri ed interessati al bene della Nazione, ed indichino quale direzione intendono prendere e quale parte dell’agenda Monti, dunque, salvare.
Solo dopo questa operazione-verità, infatti, sarà possibile prendere in considerazione l’ipotesi di un Monti bis e costruire, eventualmente, una coalizione che, nella prossima legislatura, l’appoggi.
Inoltre, in politica, il bisessualismo delle posizioni, l’essere ondivaghi, anodini, né carne né pesce, o, peggio, entrambe le cose, non paga.
A meno che l’obiettivo non sia quello di apparire cinici e pronti a tutto pur di agguantare una cadrega ed uno stipendio pubblico.
Piccoli Batman, insomma.