Il populismo e la demagogia di certa pseudoinformazione portano ai manganelli e all’olio di ricino
Diceva Orwell: «Se la libertà di stampa significa qualcosa, significa il diritto di dire alla gente ciò che non vuol sentirsi dire».
Ecco, da noi, la libertà di stampa, nel senso appena indicato, non esiste. Non c’è un giornalista che sia uno che faccia il proprio mestiere e si prenda la briga, quando è necessario, di fustigare i vizi, le false convinzioni e le colpe del popolo. Finanche Montanelli, che era un maestro assoluto di giornalismo, soleva sostenere che il popolo fosse sacro e perciò, di tanto in tanto, ripeteva una sesquipedale sciocchezza: “Il mio unico padrone sono i lettori”. Sbagliato. L’unico padrone di chiunque scriva e fornisca informazioni, è la sua coscienza: ciò che gl’intima di raccontare il Vero.
Obbedire ad essa, però, è difficile. Impone sacrifici enormi. Innanzitutto, quello di andare controcorrente ogni volta che si renda moralmente necessario. E, in secondo luogo, quello di esporsi al rischio d’essere ghettizzato, discriminato, magari turlupinato; o, peggio, considerato pazzo.
Non stupisce, quindi, che i gazzettieri italici rifuggano tutto ciò e preferiscano leccare il culo al popolo. Assecondandone, sempre e comunque, gli umori per carpirne il consenso. Anche quando esso abbia torto marcio.
Sicché, di questi tempi, e visto che la crisi economica internazionale ha reso davvero difficile la vita a milioni di cittadini, appare scontato che, accanto a politici pavidi che passano le giornate a lisciare a tutti loro il pelo sperando di ricavarne qualcosa, vi siano moltitudini di giornalisti che, invece di raccontare loro la nuda e cruda verità, i fatti con cui dovrebbero fare i conti, preferiscano abdicare ai propri doveri e, per qualche copia o punto di share in più, ammannire loro esclusivamente pietanze che possano gradire.
La crisi italiana nasce da decenni di dissennate politiche stataliste di spesa facile, deficit e debito elefantiaci che hanno consentito – e continuano a consentire – a milioni di italiani di campare al di sopra delle proprie possibilità e parassitariamente alle spalle dei propri figli, indebitandoli, e di milioni di altri cittadini? Nasce, ad esempio, dalle pensioni regalate a 535.000 bimbi che avevano lavorato soltanto 14 anni, 6 mesi e 1 giorno, prima di accedere alla quiescenza, e che ci costano ancor oggi 9,45 miliardi di euro l’anno? Fa niente. Agli italiani è meglio raccontare sia tutta colpa della Merkel.
La condizione di lavoro precario di centinaia di migliaia di giovani, accompagnata dalla prospettiva di non poter mai andare in pensione, trae origine solo dal fatto che i loro genitori si siano rifiutati di rinunciare a forme di protezione (articolo 18) e privilegio (andare in pensione a 58 anni col sistema retributivo) che non avevano eguali al mondo? Fa niente. Agli italiani è meglio dire dipenda tutto dai banchieri.
La tassazione è a livelli insostenibili perché deve finanziare una spesa pubblica gigantesca in quanto serve anche (o soprattutto) a dar lavoro alle amanti, ai figli, agli amici e ai clientes dei politici? Perché serve a finanziare le cosiddette municipalizzate, una su tre delle quali è in perdita proprio a causa di quei posti di lavoro? Perché serve a finanziare gli sperperi delle Asl che acquistano protesi – e qualunque altro prodotto medicale – anche ad un prezzo cinque volte superiore a quello di mercato, cioè quello giusto, e sol perché nessuno si premura di controllarle tanto in gioco è solo il danaro dei cittadini? Perché serve a pagare munificamente i paggetti dei parlamentari (che al contribuente costano molto più di quest’ultimi ma di cui nessuno mai si occupa)? Perché serve a dare di che mangiare a migliaia di giornalisti – ognuno dei quali lavora solo grazie ad una tessera di partito e – che, se non ci fossero i contributi diretti ed indiretti all’editoria (dai 450 ai 700 milioni di euro l’anno), pagati ovviamente dal contribuente, starebbero in mezzo ad una strada a chiedere l’elemosina perché i loro giornali non vendono in quanto ciò che essi scrivono, nella più parte dei casi, non interessa ad alcuno? Perché si continuano a finanziare, come si è fatto per mezzo secolo, imprese decotte, ora con la cassa integrazione straordinaria ora con i sussidi a fondo perduto (36 miliardi ogni anno)? Perché si continuano a sperperare miliardi su miliardi, sottratti dalle buste paga di operai e pensionati, per mantenere in vita il posto di lavoro di poche centinaia di minatori che non hanno alcuna utilità? Perché si continua a dar lavoro a gente che non fa un cazzo dalla mattina alla sera, come i forestali, i “camminatori“, i lavoratori socialmente (in)utili e buona parte dei dipendenti della Pubblica Amministrazione? Perché si continua a pensare che il cosiddetto Welfare debba dare tutto a tutti, ivi inclusi i farmaci gratuiti ai plurimilionari? Perché si continua a pensare che lo stato debba fare tutto, anche ciò che fa palesemente male e con costi insostenibili per la collettività, e solo per assecondare le superstizioni di gente poco e male istruita (i comunisti e i socialisti)? Perché si continua ad avere, unico caso in Occidente, un’emittente televisiva pubblica con tre canali, oberata per di più di debiti nonostante riceva soldi a non finire dallo stato e si finanzi anche con la pubblicità, sol perché i politici possano continuare ad assumere amici e provare a controllare l’informazione?
Fa niente. Meglio imputare la colpa dell’asfissiante tassazione alla Commissione Trilaterale e al complotto demo-pluto-giudaico-massonico ordito dalla finanza internazionale. L’essenziale, per il giornalista italico, è lisciare il pelo al popolo.
Solo che ad un certo punto, però, al popolo le cose bisognerà pur raccontarle correttamente. Perché molti di quelli che oggi campano parassitariamente alle spalle dei propri connazionali, prima o poi, non potranno più farlo. Non sarà oggi, non sarà domani, non sarà dopodomani; ma prima o poi, è certo, perderanno il lavoro o il privilegio di cui beneficiano oggi a scapito della collettività.
E quando avverrà, ed avverrà – oh, se avverrà! -, saranno incazzati non solo con chi, sacrosantamente, in Parlamento avrà approvato leggi per togliere loro quei privilegi vetusti ed iniqui; ma anche con chi, nei talk show televisivi come nei quotidiani, per anni li avrà presi per il culo raccontando un mare di balle, anziché la verità, e solo per opportunismo e piaggeria.
A quel punto, “gli spari sopra” saranno per tutti.
Anche per i giornalisti populisti.
Eh…. povero Boldrin combatte, ma quanta pazienza ci vuole….. è dura molto dura in contesti del genere, se poi penso che Paragone e lì perchè era in quota centro-destra mi mangio le mani!
“Dopo i Masaniello vengono la repressione e la fame!”
Questa me la segno.
Vabbe’, dài, parliamo di Paragone che invita don Gallo e parla come lui. E’ dall’anno scorso che il ragazzo deraglia pericolosamente verso un populismo urlato, in maniera francamente (a me almeno) parecchio fastidiosa.
Risposta a Fabio:
Sai a me cosa fa incazzare, invece? Che lui, Paragone, mi ha aiutato tantissimo, su Twitter (dove ci si segue a vicenda), a “lanciare” la candidatura di Oscar Giannino, prima, e il suo possibile partito, dopo (d’altra parte è uno di quelli che ha invitato Oscar, come Filippo Facci, chiedendogli: “Sul web si dice che ti candidi; è vero?”). Questo mi fa incazzaare. E lo ha fatto fino a 2-3 mesi fa. Ha cambiato opinione sulle politiche liberali in 60-90 giorni? Mah.
Ma il problema non è solo lui e la sua trasmissione (anche se qui si superano i limiti più che altrove). Discorso analogo può e deve farsi per Ballarò e Piazza Pulita. Si sta facendo troppa demagogia, troppo populismo. Non si sta spiegando dettagliatamente la genesi della crisi italiana che è anteriore a quella internazionale. Questa ha solo aggravato quella. Non l’ha creata.
Risposta a nicoletta:
Buongiorno, Callipigia. :*
Il fatto di aver invitato Don Gallo è inqualificabile. Veramente ha superato ogni limite.
ma poi Paragone un esempio è riuscito a farlo?
Risposta a Silvio:
No…
Bah!? per quanto riguarda Paragone, secondo me, così ad occhio può darsi che ci sia un riposizionamento in ottica di un parlamento a trazione bersanian-vendoliana, d’altro canto si sa alla rai comanda la politica e tutti abbiamo da campà.
Però un certo stile nel salire sul carro del (presunto) vincitore gli va riconosciuto. Imbracciare la chitarra e mettersi a suonare le canzoni di Guccini non è da tutti.
Risposta a Fabio:
😛