Dic 12
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Bersani e Berlusconi: irresponsabili
Pier Luigi Bersani, malgrado lo smentisca, è intenzionato a riportare in vita la cosiddetta Unione: l’alleanza progressista ampia che, a più riprese, negli ultimi vent’anni ha governato l’Italia provocando sempre e solo danni. Ne farebbero parte i comunisti del Pdci e di Sel, che dovrebbero addirittura essere inglobati nel Pd, i Verdi di Bonelli, i socialisti di Nencini, gli “Arancioni” di De Magistris (la cui presenza nel rassemblement, però, nelle ultime ore viene data come poco probabile; staremo a vedere), gli ex “dipietristi” fuoriusciti dall’Idv, come Donadi, le Acli di Andrea Olivero, Giustizia e Libertà e varie sigle riconducibili alla società (in)civile.
Insomma, dovrebbero convivere nella medesima coalizione persone che, su ogni questione, la pensano in modo opposto: quelli che vorrebbero smantellare la riforma delle pensioni varata dalla Fornero e quelli che la difendono; quelli che vorrebbero riportare in auge la vecchia disciplina dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, mandata in soffitta dalla riforma del lavoro targata Monti, e quelli che vi si oppongono; quelli che ritengono andrebbe accantonata la “politica del rigore” perseguita in questa legislatura dal professore bocconiano, e quelli che vorrebbero invece continuarla anche nella prossima; quelli che ritengono andrebbe incrementata la spesa in conto capitale, e finanziata mediante molteplici patrimoniali, e quelli che, al contrario, vorrebbero ridurre la spesa corrente per retrocederla in minori tasse a famiglie ed imprese; quelli che si oppongono alle privatizzazioni e alle liberalizzazioni, imputando i nostri mali a non meglio precisate politiche liberiste che sarebbero state portate avanti non si sa da chi negli ultimi quattro lustri, e chi vorrebbe far ricorso alle une e alle altre per abbattere il debito e rilanciare l’economia; quelli che si accontenterebbero solo (e si fa per dire!) di una patrimoniale ordinaria, progressiva e sulle ricchezze accumulate superiori al milione di euro, e chi, invece, di patrimoniali ne vorrebbe almeno tre, inclusa una straordinaria, del valore di 200 miliardi (1/8 dell’ammontare, a prezzi di mercato, del Pil annuo italiano), per abbattere lo stock di debito e/o, addirittura, per finanziare incrementi di spesa; quelli che sostengono andrebbero introdotti i matrimoni gay e quelli che, al massimo, sono disposti a discutere di unioni civili.
Insomma, il film che dovrebbe essere trasmesso nella prossima legislatura, e che avrebbe come protagonisti Bersani e Vendola, Diliberto e Bonelli, Nencini e Fassina, Ichino e Damiano, Cofferati ed Olivero, benché non sia ancora approdato nei cinematografi ha un finale già noto: il default del centrosinistra e del Paese.
Tutti sappiamo, compresi i mammasantissima del Pd, che con una coalizione del genere sarebbe impossibile governare; prendere decisioni su qualunque questione se non dopo estenuanti trattative, strappi e lacerazioni ciascuna delle quali renderebbe, poco alla volta, sempre più precaria e difficile la tenuta del rassemblement progressista; fino a decretarne la fine.
È un film che abbiamo visto ogni volta che lor signori hanno vinto le elezioni. Una coazione a ripetere gli stessi errori che, francamente, appare desolante; e può spiegarsi solo con la smodata ambizione di vincere, a qualunque costo, le elezioni.
Il punto è che oggi il Paese affronta una crisi economica senza precedenti; e un minimo di etica e di senso della responsabilità, qua e là, dovrebbe pure fare capolino; e che cazzo! E, invece, niente: non se ne vede l’ombra.
Bersani è perfettamente consapevole del fatto che, con Vendola & C., non potrà governare bene il Paese. Lo sa. Non può essere così stupido, folle, o scollato dalla realtà da non rendersene conto. Eppure se ne frega. Vuole a tutti i costi fare il premier; adagiare le proprie natiche a Palazzo Chigi perché comandare è meglio che fottere. E pazienza se poi l’Italia andrà in contro al default, al commissariamento, a nuove impennate dello spread. Non sono fatti suoi.
Mostra di essere un irresponsabile. E lo testimonia anche il fatto che non abbia uno straccio di proposta, che non sia quella di inasprire il prelievo fiscale in un paese che già muore di tasse, per rilanciare l’economia, stimolare la crescita, creare occupazione e dare sollievo ai milioni di italiani che hanno perso il lavoro o che sono in procinto di perderlo. Nel suo programma sono finanche scomparse le liberalizzazioni. Nessun accenno ad esse.
Cosa cacchio pensa di poter fare, arrivato a Palazzo Chigi; cosa? Di governare assecondando le richieste di Vendola, che gli chiede più spesa e tasse, abolizione della riforma delle pensioni e della “controriforma” (secondo il suo linguaggio bolscevico e plebeo) dell’articolo 18? È consapevole del fatto che la stampa estera, è il caso del prestigioso quotidiano economico Les Echos, lo abbia già bollato, in modo nient’affatto lusinghiero, quale «Hollande italien»? Soprattutto, è conscio del fatto che, se secondasse i propositi di Vendola, fare una politica fiscale come quella dell’inquilino dell’Eliseo, tutta tasse e misure recessive, al pari di quello finirebbe per essere commissariato dalla Merkel (che, con una sorta di memorandum, gli ha intimato di varare misure ben precise per rilanciare la produttività e la crescita della Francia) perché nessun paese “eurodebole” può permettersi di agire in maniera sconsiderata ed estendere il “rischio contagio” ad altre nazioni?
Tutte domande che, ahinoi, nessuno gli rivolge. I “giornaloni” italiani, Corriere della Sera in testa, hanno passato le ultime settimane a fare le pulci a Renzi; a scandagliarne l’esistenza; a chiedergli di esplicitare il programma – a lui che lo aveva già pubblicato, parecchio tempo prima, in Rete. A Bersani e Vendola, che hanno idee e propositi irragionevoli, che se traducessero in fatti ciò che passa loro per la testa il nostro Pil fletterebbe del 5%, mentre la disoccupazione supererebbe quella della Spagna, nessuno chiede alcunché.
Irresponsabili. Tutti.
Come irresponsabile è quella grandissima faccia di tolla di Berlusconi (per non parlare della sua marionetta, Agnellino Alfano).
Vorrebbe venisse fissata un’unica data per celebrare tutti i prossimi appuntamenti elettorali, dalle Regionali alle Politiche, perché, sapendo che li perderà tutti, vuole rimediare una sola batosta – e non due o tre di fila, come accadrebbe se quelle scadenze venissero spalmate su più mesi. Pertanto invoca il cosiddetto Election Day. E, sin qui, nulla da eccepire.
Il punto è che vorrebbe si tenesse il 10 febbraio, tra poco più di due mesi, perché a lui torna utile così. A lui (e al Pdl), ma non al Paese.
Se si votasse tra sessanta giorni, e visto che il Pd oggi è accreditato addirittura di un 36% di consensi, il centrosinistra vincerebbe sicuramente e con una maggioranza quasi bulgara. Cosa che condannerebbe la Nazione, per le ragioni sommariamente prima esposte, a fare la fine della Grecia.
Berlusconi, perché a lui torna utile così, in queste ore sta facendo di tutto perché alle Politiche vinca il centrosinistra. Un irresponsabile. Esattamente come Bersani.
E, proprio come quest’ultimo, un pezzo di sterco fumante.