Il Movimento 5 Stelle ha rinunciato ai rimborsi elettorali? Strano, visto che non aveva diritto ad essi

Qualche giorno fa, il novello Mussolini in salsa genovese, Pippa Grillo, ha reso noto, urbi et orbi e via Twitter, quanto segue.

La questione è questa: come è possibile che i Pentacolari abbiano rinunciato a 42 milioni e 700 mila euro di rimborsi visto che, a norma di legge, non avevano diritto ad essi?

L’articolo 5 della legge 96 del luglio 2012, quella che disciplina l’accesso ai rimborsi elettorali, infatti, statuisce:

Atti costitutivi e statuti dei partiti e dei movimenti politici

1. I partiti e i movimenti politici, ivi incluse le liste di candidati che non siano diretta espressione degli stessi, qualora abbiano diritto ai rimborsi per le spese elettorali o ai contributi di cui alla presente legge, sono tenuti a dotarsi di un atto costitutivo e di uno statuto, che sono trasmessi in copia al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati entro quarantacinque giorni dalla data di svolgimento delle elezioni. L’atto costitutivo e lo statuto sono redatti nella forma dell’atto pubblico e indicano in ogni caso l’organo competente ad approvare il rendiconto di esercizio e l’organo responsabile per la gestione economico-finanziaria. Lo statuto deve essere conformato a principi democratici nella vita interna, con particolare riguardo alla scelta dei candidati, al rispetto delle minoranze e ai diritti degli iscritti.

2. I partiti e i movimenti politici, ivi incluse le liste di candidati che non siano diretta espressione degli stessi, che non trasmettano al Presidente del Senato della Repubblica o al Presidente della Camera dei deputati gli atti di cui al comma 1, nel termine ivi previsto, decadono dal diritto ai rimborsi per le spese elettorali e alla quota di cofinanziamento ad essi eventualmente spettante.

Dunque, per accedere a questi finanziamenti, un partito (o un movimento politico) deve avere: 1) Uno statuto; 2) Lo stesso deve essere redatto nella forma dell’atto pubblico; 3) Deve perentoriamente indicare «l’organo competente ad approvare il rendiconto di esercizio e l’organo responsabile per la gestione economico-finanziaria»; 4) Esso deve essere conforme ai «principi democratici nella vita interna, con particolare riguardo alla scelta dei candidati, al rispetto delle minoranze e ai diritti degli iscritti».

Ad occhio e croce, nessuno di questi prerequisiti è soddisfatto dal Regolamento che disciplina la vita del Movimento 5 Stelle, il cosiddetto Non Statuto.

Innanzitutto, esso, come si evince fin dal nome, non intende essere uno Statuto, ma la sua esatta negazione.

In secondo luogo, non risulta sia stato materialmente redatto alla presenza di un notaio, con un atto pubblico. Sembra un documento di natura squisitamente privatistica e, per di più, dal sapore ottriato.

In terzo luogo, in esso non si fa riferimento alcuno né all’«organo competente ad approvare il rendiconto di esercizio», né a quello «responsabile per la gestione economico-finanziaria». Basta leggerlo, per appurarlo.

In quarto luogo, non v’è traccia dell’atto costitutivo richiesto dalla legge.

Quanto alla democrazia interna. Siccome il Movimento dei Pentacolari (come recita il Non Statuto) «non è un partito politico» e non si avvale di «organismi direttivi o rappresentativi», per come è strutturato, è difficile provare rispetti i «principi democratici nella vita interna», le «minoranze» e i «diritti degli iscritti» (come prescritto dalla legge).

La sensazione, dunque, è che Grillo abbia raccontato una gran bubbola. Non ha rifiutato i rimborsi elettorali semplicemente perché, fino a prova del contrario, non poteva avere accesso ad essi.

Aggiornamento del 13 marzo.

Leggere: Contrordine. Spunta lo statuto del 5 Stelle: Grillo ne è il padrone-presidente (e il nipote gli fa da vice).

[H.T. Wynter Ivy Drummer]



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