Segreteria Pd, vince la Coca Cola ultralight: zero zuccheri, zero calorie, zero gusto

Un anno fa, se qualcuno avesse chiesto “Chi è Matteo Renzi e cosa vuole?”, si sarebbe potuto agevolmente rispondere: una persona che ha chiari quali siano i problemi del Paese e le soluzioni; un lib-dem, ancor più che un lib-lab, che vuole modernizzare la sinistra e riposizionarla al centro, come prima di lui hanno fatto Blair, il gigante Schröder, Clinton e Zapatero, perché solo da quella posizione essa può essere utile, ovvero non venefica; uno che, invece di leggere i romanzetti scadenti che vincono il Premio Strega, come fanno tutte le persone frivole di sinistra, quando ha tempo, studia paper, documenti ed analisi economiche per il cui tramite, e solo, egli sa di poter conseguire la vera cultura, il vero sapere, la vera conoscenza di cui abbia bisogno un politico: cosa non va in una nazione e come porvi rimedio. E ancora: Renzi è uno che vuole civilizzare la sinistra, educarla, renderla presentabile e del tutto aliena alla sottocultura marxista che, in larga parte, ancora la permea; sa che i problemi del Paese derivano proprio da quell’eccesso di sinistrismo statalista e social-comunista la cui assenza, e paradossalmente, i suoi colleghi di partito lamentano: il ridondante interventismo statuale in economia, il paternalismo autoritario ed illiberale che nega ai cittadini il diritto all’autodeterminazione, l’incolto pregiudizio e razzista contro la libera intrapresa privata. Insomma, Renzi ed il suo progetto politico, stando a ciò che asserisce quotidianamente e che è contenuto nel suo programma, rappresentano la versione omeopatica della cura completa (ovvero liberal-conservatrice e di destra) che servirebbe alla Nazione per entrare nella Modernità ed affrancarsi dal Medio Evo, economico e sociale, in cui versa dagli albori della Repubblica, e non da vent’anni come taluni demagoghi asseriscono, a causa di un ceto politico sempiternamente e solo catto-social-comunista. Un anno fa si sarebbe potuto dire questo: e, infatti, qui lo si disse.

Oggi, invece, lo scenario è radicalmente cambiato.

La guida del Partito democratico se l’è aggiudicata una diapositiva che ritrae l’ombra del Renzi di un anno fa: l’immagine è poco chiara, troppo piccola, non se ne percepiscono le sfumature. È talmente anodina che sembra una macchia di Rorschach: chiunque può scorgervi ciò che vuole semplicemente perché è progettata in maniera tale da raffigurare tutto. E, quindi, anche il suo esatto contrario.

Un anno fa aveva un progetto, Renzi, un programma: poteva non piacere, e infatti a sinistra non piaceva a tanti, ma ne aveva uno. Oggi, invece, non è più così. Il Nostro s’è convertito, pirandellianamente e in modo più che paraculo, al “maanchismo” di veltroniana memoria; e, lì dove prima netti ed inequivocabili erano i suoi propositi, e chiare le indicazioni dei problemi da affrontare e delle soluzioni da approntare, oggi tutto si fa più sfumato e meno marcato, un menu arlecchinesco e da osteria: il lunedì, un pizzico di privatizzazioni per abbattere il debito-colesterolo; il martedì, zero privatizzazioni perché fanno male ed il debito-colesterolo, tutto sommato, è cosa buona e giusta; il mercoledì, tagli di spesa e di circonferenza-vita; il giovedì, invece, si cambia verso e si tesse l’elogio degli incrementi di spesa e del girovita, ovvero della panza; il venerdì, abbassare le tasse-trigliceridi è di sinistra; il sabato, lo diventano la patrimoniale e l’Imu resa ancor più progressiva, ovvero penalizzante per il ceto medio; la domenica si esalta la libertà individuale ma anche la sua cancellazione con una soglia di tracciabilità dei pagamenti fissata a 500 euro.

Del Renzi di allora, quello di un anno fa, residua poco o punto. Ciò che può attirare esclusivamente certo elettorato fricchettone, liberal e pseudo snob di sinistra (che, alla prova dei fatti, si rivela sempre di palato poco fino, diciamo francamente): il MacBook Air sempre in bella vista; il continuo ricorso a citazioni di autori “alti” (che noia); la bontà, ovvero buonismo, sbandierata in ogni dove e ad ogni piè sospinto; i discorsi monchi, piatti, brevi, mielosi; i pensieri a tal punto “brevi” che sembrano sortire dai Baci Perugina; una certa incapacità di sviscerare in profondità le questioni, di penetrarle, ostentata e rimarcata come fosse un pregio e non un sintomo di imbarazzante e nociva leggerezza. Del Renzi di allora, insomma, residua il modus operandi, essenzialmente uno stile comunicativo pop e banalotto. Che può essere utile, ed anche parecchio, ma quando si abbia in animo di fare cose grandi ed importanti, cambiare una nazione, o quando si debba vendere merce molto raffinata e poco popolare, una visione radicalmente liberale della società e dell’economia. Ma che, se la finalità è un’altra, vendere semplicemente se stessi, può rivelarsi controproducente: l’assenza di contenuti, per quanto possa essere infiocchetta bene e celata da strategie di marketing sapienti ed efficaci, prima o poi emerge sempre; e condanna alla morte politica.

Sotto il vestito, niente: questo, il Renzi di oggi.

Un problema, visto che il Paese non può più permettersi di cazzeggiare.



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9 Responses to "Segreteria Pd, vince la Coca Cola ultralight: zero zuccheri, zero calorie, zero gusto"

  • Leo Vadala says:
  • camelot says:
  • camelot says:
  • Fabian Schultz says:
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